- Assieme al sottosegretario Leo, il ministro progetta di intervenire sull’articolo 86 del testo unico sulla disciplina fiscale. Il governo entrerebbe in campo dopo sollecitazioni (come quella del ministro Abodi) giunte anche dal suo interno.
- Il gioco delle plusvalenze incrociate è un’anomalia tutta italiana, guardata con sconcerto e preoccupazione all’estero. In linea di principio la plusvalenza sarebbe reddito da attività non tipica, che però nel calcio diventa tipica come stabilito anche dalla Cassazione.
- Il governo è chiamato a non replicare la pessima prova di sé data poche settimane fa, in materia di economia calcistica, col provvedimento spalma-tasse che ha consentito di rateizzare in 60 mensilità un debito da 900 milioni di euro.
Dice che il governo si occuperà della questione delle plusvalenze incrociate nel mondo del calcio. Lo ha pubblicamente affermato il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, e questa è la parte buona della notizia.
Manca però l'altra parte, che servirebbe per rispondere all'interrogativo: se ne occuperà in che senso? Restrittivo o permissivo? E qui si apre il campo delle interpretazioni. Perché le dichiarazioni del ministro, rilasciate a Telefisco del Sole 24 Ore, chiariscono poco e lasciano aperta qualsiasi ipotesi, contrassegnate come sono dalla medesima vaghezza che si vuole forzatamente associare alle valutazioni dei calciatori. Quell’indeterminatezza che offre il principale argomento a chi pretende di dare a un grammo di piombo il medesimo valore di un grammo d'oro.
Fanno sul serio o no?
Sul piano dei principi Giorgetti dice di voler fare sul serio e di far valere solo le transazioni reali. Secondo lui lo stato deve evitare che quella «bellissima cosa» (sic!) denominata plusvalenza si trasformi in un elemento deliberatamente artefatto.
Ovvio: chi si sognerebbe mai di non essere d'accordo nello stroncare una cosa «deliberatamente artefatta»?
Il problema è individuare i parametri che portano qualcosa a essere etichettata come artefatta. E quanto al concetto di «deliberata, il rischio che si apra un capitolo sterminato di sudoku giuridichese è elevato. L'unico indizio è che assieme al sottosegretario al Tesoro, Maurizio Leo, il ministro sta riflettendo su una modifica dell'articolo 86 del testo unico sull'imposta dei redditi. Dunque non resta che aspettare quale sia l'indirizzo del governo su un tema che negli ultimi mesi è diventato di stretta attualità, persino drammatica dopo la sentenza con cui una settimana fa la Corte federale d'appello della Federazione italiana gioco calcio (Figc) ha inflitto 15 punti di penalizzazione alla Juventus. Sappiamo già che la storia non finirà con quel provvedimento e che altre sanzioni potrebbero arrivare a breve.
Per questo si è chiesto da più parti un intervento da parte del governo, anche dall'interno del governo stesso come è stato il caso di Andrea Abodi, titolare del dicastero dello Sport e delle politiche giovanili. E poiché a questo punto si può dare per certo che l’intervento ci sarà, è il caso di pretendere che sia buono a stroncare la prassi delle plusvalenze incrociate e dei conti annuali tenuti artificialmente in piedi grazie alla produzione di utili che non corrispondono all'iniezione di denaro reale nelle casse societarie.
È bene stabilire che «l'intervento serio« vada esattamente in questa direzione, anziché nella direzione di una normazione che dia copertura legale alle cosmesi di bilancio. Tanto più che, se si sta rendendo necessario un intervento dell'esecutivo, è perché il meccanismo delle plusvalenze incrociate, “a specchio”, è un'invenzione tutta italiana.
The Italian job
Negli anni recenti abbiamo ricevuto più volte richieste di chiarimenti sul meccanismo delle plusvalenze incrociate, da parte di colleghi giornalisti francesi, tedeschi, portoghesi, inglesi.
Succedeva nelle rare occasioni in cui una o più società del loro paese, in affari con società calcistiche italiane o no, facevano ricorso al meccanismo. E proprio i colleghi non ne comprendevano il senso. Allo stesso modo in cui non comprendevano tutta questa dipendenza dalle entrate da calciomercato. Che infatti dall'Uefa, nel suo rapporto annuale sul benchmark del calcio europeo, vengono scorporate dall'analisi strutturale del business dei club.
Il ragionamento alla base di questa esclusione è che la plusvalenza, in quanto cessione di un asset, va considerata attività non tipica, cioè non integrabile nel novero delle attività tipiche (vendite al botteghino, sponsor, marketing, diritti televisivi) che alimentano i ricavi delle società di calcio.
L’anomalia del calcio
In realtà questo tema è il cuore dell’anomalia dell'industria calcio, poiché in questo campo la cessione di asset (cioè di diritti economici di calciatori) è stata valutata come provento ordinario da una sentenza della Cassazione del 2019. Rimane tuttavia una condizione di ambiguità. Che apre lo spazio per manovre opache e consente ai furbi di mettere a posto artificialmente i conti, e di competere in modo sleale con altre società che invece mantengono linee di gestione virtuose a costo di sacrifici sia di natura economico-finanziaria che di risultati sportivi.
In materia di interventi sull'economia del calcio, il governo ha già tenuto un pessimo comportamento rateizzando 900 milioni di debiti fiscali in 60 mensilità. Il bis sulle plusvalenze incrociate non è richiesto.
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