- Molto è stato scritto sull’acquisizione da parte di un consorzio controllato dalla Cassa depositi e prestiti (in particolare, da Cdp Equity) e attraverso la holding Reti autostradali, costituita ad hoc, dell’88,06 per cento delle azioni della concessionaria Autostrade per l’Italia.
- Poco o nulla è stato scritto, al contrario, a proposito del disegno strategico e del progetto industriale che si deve assumere sorreggano e motivino la decisione della Cassa e del suo impatto sistemico sul settore dei trasporti e in particolare sulla modalità autostradale.
- Cos’è quindi il “qualcosa in più” che questa soluzione consente di perseguire? Quali sono gli obiettivi qualificanti da raggiungere con le politiche di bilancio e l’impiego dei dividendi attesi?
Molto è stato scritto sull’acquisizione da parte di un consorzio controllato dalla Cassa depositi e prestiti (in particolare, da Cdp Equity) e attraverso la holding Reti autostradali, costituita ad hoc, dell’88,06 per cento delle azioni della concessionaria Autostrade per l’Italia detenuta da Atlantia (ovvero del 100 per cento in caso di esercizio del diritto di co-vendita da parte dei soci di minoranza), nonché sulla transazione intervenuta nell’àmbito del contenzioso conseguente al crollo del ponte Morandi tra la stessa concessionaria autostradale e il concedente ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili.
L’attenzione è stata posta, prevalentemente, su due aspetti, tra loro collegati: da un lato, la congruità del prezzo d’acquisto, anche in relazione ad ipotesi alternative all’acquisizione della partecipazione da parte della Cassa; dall’altro, le modifiche da apportare al piano che regola i profili economico-finanziari della concessione, quest’ultima in scadenza nel 2038, a seguito della definizione da parte dell’Autorità di regolazione dei trasporti del relativo sistema tariffario del pedaggio e dell’indicatore di produttività da applicare al concessionario.
Il patteggiamento
Nei giorni scorsi, la procura di Genova ha acconsentito al patteggiamento di Autostrade per l’Italia e Spea engineering per quanto attiene alla responsabilità amministrativa che grava sulle società per gli atti di rilevanza penale dei dipendenti: un atto che puntella l’operazione in corso a favore del consorzio acquirente sotto il profilo dei rischi finanziari. Poco dopo, la sezione centrale di controllo preventivo della Corte dei conti ha dichiarato di aver ammesso al visto di legittimità il provvedimento che sancisce l’accordo transattivo tra concedente e concessionario e il parere del Cipess, il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile, sulle modifiche apportate alla convenzione e al relativo piano economico-finanziario.
Così esauriti i profili attinenti al trasferimento della proprietà, questi sviluppi dovrebbero consentire di dare esecuzione all’acquisizione. Resta la legittima curiosità di conoscere le motivazioni della decisione della Corte dei conti che, nel corso del proprio procedimento, aveva formulato osservazioni trovandosi a sollecitare integrazioni documentali di atti essenziali ai fini della propria valutazione. Immutata e incancellabile la gravità dell’evento e dei fatti dai quali ha preso le mosse questa, piuttosto incredibile, vicenda.
Il progetto industriale
Poco o nulla è stato scritto, al contrario, a proposito del disegno strategico e del progetto industriale che si deve assumere sorreggano e motivino la decisione della Cassa e del suo impatto sistemico sul settore dei trasporti e in particolare sulla modalità autostradale.
Autostrade per l’Italia è tutt’altro che una società a bassa redditività e, fino ad oggi, ha più che remunerato il capitale netto investito. L’acquisizione del controllo sul principale gestore di tratte autostradali nazionali a pagamento per estensione chilometrica (50 per cento circa dell’intera rete) e di uno dei primi in Europa per tecnologia, fa assumere all’azionista pubblico un ruolo oggettivamente industriale e non semplicemente finanziario. L’intervento della Cassa depositi e prestiti non scaturisce da un atto di volizione, ma questo fattore – in sé critico – non dispensa l’investitore pubblico e, piuttosto, lo onera di una visione di periodo, particolarmente nell’attuale contingenza.
A quasi quattro anni dal crollo del ponte Morandi, il cambio del controllo societario prende forma in un contesto completamente diverso e caratterizzato dalla polarizzazione degli investimenti pubblici attorno agli obiettivi strategici del Pnrr nonché, per il settore delle infrastrutture di trasporto, dalla necessità di assicurarne sostenibilità e resilienza anche rispetto agli effetti a medio-lungo termine della guerra in Ucraina, quantomeno sulla cybersicurezza dei sistemi di trasporto, sul costo dei carburanti e sulla riduzione delle esternalità.
Qualcosa in più
Ancor di più in questo contesto, è del tutto evidente che la congruità degli oneri, la legittimità degli atti per finalità di contabilità pubblica e la redditività, che costituiscono condizioni necessarie dell’operazione, non sono, tuttavia, sufficienti a dimostrarne l’idoneità a «sostenere lo sviluppo del paese», nel rispetto del tenore letterale del mandato e della vocazione statutaria della Cassa.
Cos’è quindi il “qualcosa in più” che questa soluzione consente di perseguire? Quali sono gli obiettivi qualificanti da raggiungere con le politiche di bilancio e l’impiego dei dividendi attesi? Come assicurare la coerenza tra la magnitudine dell’investimento nel trasporto autostradale con la promozione dell’utilizzo di modalità meno inquinanti? Quali i benefici da trasferire agli utenti (cominciando dagli autotrasportatori e dai pendolari) e al sistema integrato della mobilità delle persone e delle merci?
Numerose le prospettive percorribili per sostanziare la ricostruzione della fiducia nel gestore: dalla creazione di condizioni affinché le infrastrutture fisiche, dotate di strumenti digitali, assicurino accresciuti livelli di sicurezza e riduzione dell’incidentalità e siano rese idonee ad erogare nuovi servizi di trasporto e utilità accessorie o collegate, all’introduzione di soluzioni che consentano di creare fonti aggiuntive di ricavo, per la riduzione, nel tempo, dei pedaggi al di là degli strumenti e delle dinamiche già previsti dal nuovo sistema tariffario, fino al limite del loro azzeramento.
© Riproduzione riservata