Non so se non ho più voglia di fare nulla, se è stanchezza, se siamo tutti in standby da così a lungo da aver dimenticato dove tenevamo l’energia quando lavoravamo incessantemente su un progetto, per organizzare un evento internazionale, quando dovevamo fare una presentazione da cui sembravano dipendere le nostre carriere. Non era mai quella presentazione ad essere così importante. Ma per chiuderla avevamo fatto nottata, come prima degli esami, sì. Io non lo so più dove la prendevamo tutta quell'energia, so che non ce l'ho più. So che la sera dopo cena quasi non riesco più a finire una puntata della serie tv che sto seguendo e nel weekend ho proprio bisogno di riposare. Di dormire tantissimo. Ma davvero non sto facendo niente? Questa è l’impressione. Ma non è così.

«Non c'è niente di più difficile da fare del non fare niente. In un mondo in cui il valore di ciascuno è determinato dalla produttività, ci ritroviamo spesso con ogni nostro singolo minuto catturato, sfruttato o confiscato come una risorsa finanziaria dalle tecnologie che usiamo tutti i giorni. Sottoponiamo il tempo libero a valutazione numerica, interagiamo con versioni algoritmiche di ciascuno di noi, creiamo e alimentiamo brand personali. Eppure, permane una certa nervosa sensazione di essere sovrastimolati e incapaci di sostenere un flusso di pensieri».

Come non fare niente

Lo scrive Jenny Odell, artista, docente alla Stanford University e autrice di Come non fare niente. Resistere all’economia dell’attenzione (Hoepli 2021). Odell cita Robert Louis Stevenson – sì l’autore de Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde – che definiva la frenesia «sintomo di una mancanza di energia». Allora: quando correvo tantissimo, facevo le nottate per chiudere un lavoro, quando pensavo che la mia giornata potesse contribuire a salvare le sorti dell’umanità (quanto spesso in ufficio ci diciamo che non stiamo salvando il mondo) ero meno energica di ora?

Robert Louis Stevenson continua dicendo di aver osservato «una categoria di morti viventi deprivati di originalità che hanno appena coscienza di vivere se non quando svolgono qualche attività convenzionale». Olè. Ho capito: mi serviva davvero poco sforzo. Sapevo dove muovermi, cosa dovevo fare. Cosa ci si aspettava da me: occuparmi della famiglia, andare al lavoro, trovare il tempo di vedere gli amici. Facevamo tutti così. Poi, già, è arrivata questa pandemia a fermarci, farci riflettere, riorganizzare, apprezzare cose diverse.

E lo sappiamo fare? Io non lo so se lo so fare di riorganizzare con una maggior lentezza la mia vita. Il risultato è che mi sento più stanca, più affaticata e svogliata di prima.

Non fare niente è difficile

È colpa della tecnologia? Odell spiega che stare all’erta, ma non fare niente, aiuta a non farsi bloccare proprio dalla tecnologia che crea falsi obiettivi di autoriflessione, curiosità e il desiderio di appartenere a una comunità. L’obiettivo del non far nulla è distogliere il focus dall’economia dell’attenzione e applicarlo invece al mondo fisico e pubblico. Servono impegno, disciplina e volontà.

Bombardati di stimoli che arrivano da ogni dove – e quasi mai dall’esterno – è vero: siamo tutti più stanchi e sfiniti. Guardiamo la tv e usiamo contemporaneamente il cellulare, il second screen attraverso il quale interagiamo con i contenuti della tv raccontandoli agli amici, commentiamo partite, avvenimenti, spettacoli (io non vedo l’ora arrivi Sanremo!), ma poi in mancanza di una visione fuori dalla finestra (se riuscissi farei un paragone tra window e screen) consumiamo i nostri rapporti sociali negli incastri dell’attenzione che stiamo dedicando ad altro, alle ansie, alle preoccupazioni, alla necessità di organizzare diversamente le nostre vite. Mica solo alle opportunità di intrattenimento che la tecnologia ci offre. Solo a scrivere quest’elenco mi è tornata la stanchezza.

Certo che è per questo che siamo più stanchi, che arriviamo “sotto data” senza aver ancora portato a termine un lavoro, se stiamo arrivando sui gomiti alla fine di questo 2021.


E tu, come stai finendo l’anno? Hai avuto modo di “staccare” dalla routine e ritrovare la tua energia? A volte, come dice Odell basta una passeggiata. Ognuno di noi ha una storia da raccontare, non solo legata a uffici che magari abbiamo avuto in comune, o a situazioni lavorative nuove.
Vuoi raccontarmi la tua? Ogni lunedì inizieremo insieme la settimana. Mi siedo accanto alla tua scrivania. Chiacchieriamo un po’. Vediamo cosa c’è da fare. Insieme. Manda la tua storia a lettori@editorialedomani.it. A lunedì.

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