- Il piano firmato dal nuovo ad Stefano Venier che arriva al 2026 lo riporta al centro forte e chiaro: nove miliardi di euro sulle infrastrutture gas, col potenziamento della linea Adriatica, che in futuro potrebbe lasciare spazio ad ancora più metano, senza contare i nuovi rigassificatori galleggianti in dirittura d’arrivo.
- In primo luogo infatti si parla di «sicurezza» ma poi anche «dell’orizzonte più lontano», le parole dell’amministratore divulgate nel comunicato, che poi ha chiarito ai giornalisti che l’orizzonte potrebbero essere le esportazioni e l’incremento ulteriore dell’import, un piano che piace a Eni.
- Con i rigassificatori infatti si arriverebbe a essere indipendenti dalla Russia nel 2025, ma il completamento della linea Adriatica nel 2027 permetterebbe di «aumentare la capacità di importazione dal Tap ma anche da altri importatori come la Libia e l’Algeria, o anche da nuove infrastrutture come può essere il rigassificatore di Gioia Tauro».
La situazione storica e il conflitto russo-ucraino, dicono da Snam, la società a partecipazione statale che possiede la rete di trasporto del gas, ha cambiato le cose, e il metano torna in grande spolvero. Se fino a qualche mese fa il gas veniva a parole messo in secondo piano per parlare delle meravigliose sorti dell’idrogeno che piacevano all’ex amministratore delegato Marco Alverà, il piano firmato dal nuovo ad Stefano Venier per il 2022 lo riporta al centro forte e chiaro: nove miliardi di euro sulle infrastrutture gas, col potenziamento della linea Adriatica, che in futuro potrebbe lasciare spazio ad ancora più metano, senza contare i nuovi rigassificatori galleggianti in dirittura d’arrivo.
«Nell’arco del piano 2022-2026 aumenteremo gli investimenti in maniera significativa rispetto al passato, al fine di rafforzare le nostre infrastrutture e contribuire alla maggiore sicurezza energetica del paese per i prossimi anni e per l’orizzonte più lontano», le parole dell’amministratore divulgate nel comunicato, che poi ha chiarito ai giornalisti che l’orizzonte potrebbero essere le esportazioni, il fantomatico piano di trasformare l’Italia nel dibattuto “hub del gas”, un punto di snodo fossile per il mercato europeo.
Gli investimenti, si legge, sono cresciuti del 23 per cento rispetto al piano 2021-2025 (8,1 miliardi di euro, adesso sono 10), principalmente per la messa in esercizio delle due navi rigassificatrici e per la realizzazione del nuovo passaggio del metano: «Ci saranno tre sezioni di gasdotti, da Sulmona a Minerbio - ha detto l'ad -. E due sono già stati autorizzati». Più il rinnovo e lo sviluppo dello stoccaggio di metano.
Nel dettaglio si tratta in particolare di 6,3 miliardi sul trasporto, compresi gli investimenti relativi appunto al potenziamento della linea Adriatica e l’applicazione della nuova metodologia per la valutazione dello stato di salute degli asset per le sostituzioni di rete. Altri 1,3 miliardi per l’ampliamento e il rinnovo dei siti di stoccaggio, 1,4 miliardi per il Gnl con i due rigassificatori galleggianti e relative opere infrastrutturali.
Costi che peseranno anche sulle bollette, visto che le infrastrutture sono rigorosamente regolate e Snam si aspetta che gli introiti regolati appunto (Rab) avranno una crescita superiore al 5 per cento medio annuo nel 2022-2026 (superiore al 2,5 per cento nel precedente piano).
I rigassificatori
Nonostante le paure sul metano russo, i flussi da Mosca sono sì diminuiti, ma regolarmente andati avanti, e le temperature alte per la media della stagione invernale fanno prevedere a Snam che usciremo dall’inverno con 3,5 «o addirittura 4 miliardi di metri cubi» negli stoccaggi. In questa situazione di relativa tranquillità si inseriscono per il futuro le due navi rigassificatrici e l’aumento della capacità di rigassificazione di Olt, che potrà passare da 3,75 miliardi a 5 miliardi. Se nel futuro a breve termine «i flussi dalla Russia si azzerassero, con il contributo dei due rigassificatori il raggiungimento dell’indipendenza energetica da Mosca si sposterebbe al 2025».
Le navi, della capacità di 5 miliardi di metri cubi, dovrebbero essere posizionate a Ravenna e a Piombino. In entrambi i casi hanno avuto via libera dei commissari, rispettivamente i presidenti delle regioni Stefano Bonaccini e Eugenio Giani. Piombino dovrebbe entrare in operatività a maggio, mentre Ravenna nel terzo trimestre del 2024. Mentre vanno avanti i piani, le prescrizioni della Regione Toscana hanno imposto a Snam di spostare la nave di Piombino fra tre anni. I lavori di costruzione sono già partiti, ma per adempiere a quest’obbligo c’è tempo. La Regione ha aggiunto cento giorni, e Snam ci penserà fino a marzo: «Stiamo valutando tre siti alternativi», dice Venier.
L’interesse Eni
Il piano Snam interessa anche Eni. E non solo per l’unione fossile di recente benedetta anche da un progetto comune, ovvero la cattura e lo stoccaggio del carbonio.
L’Italia, paese importatore, già quest’anno nonostante la diminuzione delle importazioni dalla Russia ha fatto da punto di passaggio. «Nel 2022 – ha ricapitolato Venier - l'Italia ha esportato 4,2 miliardi di metri cubi e il prossimo anno sono stati prenotati in uscita sul Tag (il gasdotto che ci collega all’Austria) tutti i 6 miliardi di metri cubi disponibili». Un’opportunità che, ha garantito Venier, «coglieremo sempre di più». Il flusso verso nord aumenterà, «quello sul Tag può arrivare a 10 mld mc e il ruolo del Tag sarà rivisto in questo nuovo scenario».
Se Snam trasporta, il Cane a sei zampe produce e vende gas, e l’amministratore delegato Claudio Descalzi ha fatto presente a più riprese che anche un terzo rigassificatore potrebbe essere una buona idea, in pole position il rigassficatore di Gioia Tauro, in Calabria. Opera che auspica anche il presidente Roberto Occhiuto. In generale Descalzi è convinto che si possa importare di più da altri vettori. Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, durante la sua audizione di debutto in parlamento ha spiegato che senza il rafforzamento del versante adriatico è impossibile pensare a una crescita dell’import da Sud. Venier ha risposto a Domani che la linea adriatica sarà pronta nel 2027: «Si può aumentare la capacità di importazione dal Tap ma anche da altri importatori come la Libia e l’Algeria, o anche da nuove infrastrutture come può essere il rigassificatore di Gioia Tauro».
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