Il governo che non riesce a trovare i soldi per pensioni, sanità e famiglie si prepara a spendere quasi un miliardo di euro per finanziare un altro provvedimento destinato a premiare gli evasori fiscali. Nelle pieghe del decreto Omnibus, prossimo all’approvazione definitiva in Parlamento, c’è la riscrittura del Concordato preventivo biennale, una misura centrale nell’architettura della cosiddetta riforma fiscale fortemente voluta dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo.

Presentato come un incentivo a buon mercato per convincere le partite Iva a mettersi in regola con il fisco, il concordato stenta a decollare, per usare un eufemismo. Ecco che allora dalle file della maggioranza è partito un salvagente per evitare il naufragio della norma tanto cara a Leo. L’emendamento al decreto Omnibus presentato dai senatori Fausto Orsomarso (Fratelli d’Italia), Massimo Garavaglia (Lega) e Dario Damiani (Forza Italia) funziona come un incentivo all’incentivo.

In altre parole, i partiti di governo stendono un tappeto rosso ai piedi dei lavoratori autonomi, per convincerli a sottoscrivere il concordato, l’accordo con l’erario, anche questo a condizioni più che favorevoli, sulla tassazione dei prossimi due anni di guadagni. A prima vista, l’esca lanciata all’esercito degli evasori sembra molto invitante.

Chi dirà sì al concordato entro il 31 ottobre e non ha pagato quanto dovuto tra il 2018 e il 2022, potrà saldare il suo debito sborsando pochi spiccioli. Niente interessi e sanzioni, innanzitutto. E sui redditi evasi nei cinque anni considerati l’imposta sostituiva sarà irrisoria, tra il 10 e il 15 per cento, a seconda della affidabilità fiscale (calcolata con gli indici Isa) del contribuente.

Insomma, pur di salvare una norma che avrebbe dovuto inaugurare un nuovo rapporto tra fisco e contribuente, nel nome della collaborazione reciproca, la maggioranza di centrodestra si prepara a offrire quello che appare come un condono tombale per oltre 2,7 milioni di partite Iva, cioè una parte importante del proprio elettorato.

«Dobbiamo tendere la mano ai contribuenti per portarli verso una maggiore fedeltà fiscale», teorizzava Leo all’inizio dell’anno in risposta alle obiezioni alla sua riforma. In alternativa alla “carota”, cioè il concordato che in caso di adesione mette al riparo da accertamenti per i due anni dell’accordo, il governo minacciava il bastone di maggiori controlli. Una minaccia evidentemente ritenuta poco credibile dagli evasori.

Da dove arrivano i soldi

Così ora si passa al maxi regalo della sanatoria, ma il successo della nuova strategia appare tutt’altro che scontato. Un fatto certo è che per via delle “agevolazioni” gentilmente garantite come incentivo al concordato biennale, lo Stato perderà gettito, un costo pari a circa 980 milioni che andrà in qualche modo coperto.

Ebbene, secondo quanto si legge nell’emendamento dei tre parlamentari della maggioranza, oltre 800 milioni verrebbero finanziati attingendo al fondo per l’attuazione della riforma fiscale, lo stesso da cui saranno prelevati, per esempio, 3,5 miliardi per confermare anche nel 2025 la riduzione da quattro a tre delle aliquote Irpef. Il leghista Garavaglia si dice convinto che non ci saranno problemi perché il concordato farà aumentare il gettito.

Al momento questa però sembra più che altro una scommessa, una scommessa ad alto rischio. Di certo, il governo è pronto da subito a spendere 800 milioni a favore dei lavoratori autonomi. E ai dipendenti, ancora una volta, andrà quel che resta. Forse

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