A dispetto degli innumerevoli e ottimistici annunci del ministro Adolfo Urso, la fine dell’estate si porta con sé un gran numero di vertenze industriali irrisolte. Al momento se ne contano circa 700, con 32 tavoli aperti presso il ministero delle Imprese e del Made in Italy, e coinvolgono migliaia di lavoratori. Tutto questo senza considerare i tavoli regionali, dove spiccano i casi della Puglia e del Veneto.

A riprova dell'assenza di una politica industriale in grado di rilanciare la produzione italiana, l’Osservatorio dell’Inps ha registrato un aumento vertiginoso della cassa integrazione, passata dalle 29 milioni di ore del 2023 alle oltre 35 miloni di quest’anno. E anche situazioni che sembrano risolte lasciano aperti molti interrogativi.

Speranze per Termini Imerese

Il caso più recente è quello della Blutec di Termini Imerese: lo stabilimento ex Fiat, chiuso nel 2011, dopo più di un decennio di trattive inconcludenti è stato acquisito dalla holding australiana Pelligra, specializzata nella riconversione e riqualificazione di siti industriali dismessi, garantendo il salvataggio di 350 lavoratori. Pelligra ha presentato un piano di riqualificazione da 150 milioni di euro in tre anni.

Dopo anni e anni di buio all’orizzonte, questa è senz’altro una svolta positiva. Nel concreto, però, servirà ancora tempo per la rinascita di quello che era un fiore all’occhiello dell’industria siciliana.

Gli operai infatti resteranno in cassa integrazione fino al termine dello svolgimento di un percorso di formazione, da lì il futuro è meno chiaro: Pelligra resterà anche al termine dei tre anni? A quali attività sarà destinato lo stabilimento una volta terminata la riqualificazione? Si è parlato della realizzazione di un polo logistico, ma anche della nascita di un polo tecnologico come di un ritorno dell’industria automobilistica o della nautica, con almeno cinque aziende interessate all’acquisizione.

Si tratta in ogni caso di un processo appena iniziato: a settembre è in programma un tavolo con le organizzazioni sindacali per la presentazione del nuovo piano industriale. Nella speranza che tutto si concluda per il meglio, a oggi la vertenza Blutec può dirsi tutt’altro che risolta.

La Perla in stallo

Anche la crisi industriale che riguarda La Perla, storico marchio bolognese di lingerie di lusso, ha raggiunto un punto critico. L'azienda, in difficoltà da anni dopo l’acquisizione del fondo anglo-olandese Sapinda, guidato dall’”avvoltoio” Lars Windhorst, all’inizio del 2024 è stata dichiarata in stato di insolvenza dal Tribunale di Bologna.

Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy sta cercando soluzioni per salvare l'azienda, tra cui la ricerca di un acquirente che possa rilanciare la produzione e garantire il futuro delle 250 lavoratrici coinvolte. Sono previsti ulteriori incontri tecnici a settembre per cercare di accelerare una soluzione, ma al momento la luce in fondo al tunnel ancora non si vede.

All’inizio di agosto si è tenuto un tavolo di aggiornamento a Palazzo Piacentini, alla presenza del ministro Adolfo Urso, con l’obiettivo di arrivare alla vendita congiunta del marchio e dello stabilimento, sottoposti a due legislazioni diverse, rispettivamente britannica e italiana. Una situazione ingarbugliata, che non ha trovato ancora soluzione.

Il destino di Ilva

Ma quella che può essere definita la madre di tutte le vertenze riguarda senza dubbio l’ex Ilva, con la più grande acciaieria d’Europa, quella di Taranto, che ha raggiunto livelli di produzione inferiori alla metà del suo potenziale, a causa della progressiva chiusura degli altiforni. Dopo l’uscita di scena di ArcelorMittal a inizio anno, Acciaierie d’Italia è finita nuovamente in mano pubblica tramite commissariamento, nell’ottica di trovare nuovi acquirenti che possano contribuire, in tutto o in parte, al rilancio degli stabilimenti.

Allo stato attuale, sei aziende sembrano interessate a rilevare l'acciaieria: l’ucraina Metinvest, gli indiani Vulcan Steel e Steel Mont, la canadese Stelco e due gruppi italiani, Arvedi e Marcegaglia. Questi potenziali acquirenti hanno visitato gli impianti e stanno valutando la presentazione di manifestazioni di interesse, fissata entro il 20 settembre 2024.

Il governo ha espresso fiducia nella possibilità di trovare una soluzione che possa salvaguardare la produzione e i posti di lavoro dell’ex Ilva. Ma per il momento, come per tutte le altre vertenze aperte, sono solo annunci.

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