- L’obiettivo è eliminare la dipendenza dalla Russia entro il 2030, ma intanto ci sono le conseguenze della crisi da gestire: serve più efficienza per ridurre i consumi e anche prezzi regolati dall’alto.
- La Commissione certifica che, con tutti gli sforzi previsti dal documento, entro la fine del 2022 non si possono andare a coprire più dei due terzi del gas russo che importiamo.
- Nel frattempo è partita la corsa ai rigassificatori galleggianti, immense navi da ormeggiare al largo della costa e da collegare alla rete di trasporto nazionale. Cingolani ha dato mandato a Eni e Snam di sondare il mercato per trovarne una, ma sono già a caccia anche altri paesi, tra cui Germania e Turchia.
È tornato il principio «efficiency first», prima l’efficienza, la necessità di abbattere i consumi, «oggi più rilevante che mai», mentre per la prima volta si apre all’ipotesi di prezzi regolamentati per l’elettricità e il gas, e soprattutto si cerca gas naturale liquido per ridurre la dipendenza da Vladimir Putin.
Questo quanto si legge nella comunicazione della Commissione europea RePowerEu per eliminare la dipendenza dal gas russo «prima del 2030» varata oggi pomeriggio. Un obiettivo che non può non fare i conti con il rischio di un’emergenza degli approvvigionamenti che può arrivare prima, soprattutto visto che continuano a inasprirsi le sanzioni contro la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina.
La Commissione certifica che, con tutti gli sforzi previsti dal documento, entro la fine del 2022 non si possono andare a coprire più dei due terzi del gas russo che importiamo, con asterischi che puntano verso un’altra verità: il contributo da 50 miliardi di metri cubi che può dare il gas naturale liquido è “una cifra stimata”.
I prezzi
I prezzi dell’energia sono ai massimi storici e rimangono volatili.
Poco prima dell’invasione dell’Ucraina, i prezzi all’ingrosso erano circa il 200 per cento più alti rispetto a un anno fa (febbraio 2022). L’aumento dei prezzi è stato alimentato inizialmente dalla forte domanda globale di gas nella ripresa economica post Covid-19.
Ora l’invasione russa dell’Ucraina, rileva il documento della Commissione, sta aggravando ulteriormente la crisi energetica. Le incertezze sulle forniture del principale fornitore europeo, la Russia, hanno aumentato l’instabilità del mercato e la volatilità dei prezzi con ripercussioni per tutti i consumatori: il petrolio ha sfiorato domenica i 140 dollari al barile, mentre il prezzo all’ingrosso del metano nell’hub olandese oggi è balzato a 295 euro per megawattora, quando un anno fa costava circa 18 euro.
La dipendenza
Le cifre certe finora sono solo quelle della dipendenza. L’Ue importa combustibili fossili (gas, petrolio e carbone) per il nostro fabbisogno energetico per il 57-60 per cento dei consumi.
Sebbene la produzione interna di fonti di energia rinnovabile sia aumentata in modo significativo negli ultimi anni, il calo della produzione di carbone, lignite e gas dell’Ue ha fatto sì che tutta l’Europa dipendesse dalle importazioni: per il 90 per cento del consumo di gas, per il 97 per cento del petrolio e per il 70 per cento per il carbone.
La Russia spicca in ognuna di queste forniture come primo paese che esporta verso l’Europa. Nel settore del gas, Mosca ha fornito circa il 45 per cento delle importazioni totali dell’Ue nel 2021, in crescita, vendendo all’Europa 155 miliardi di metri cubi di metano. In Italia l’anno scorso ha coperto il 38 per cento del fabbisogno. Gli altri principali fornitori di gas dell’Ue sono stati la Norvegia (23 per cento), l’Algeria (12 per cento), gli Stati Uniti (6 per cento) e il Qatar (5 per cento).
La frenata economica
L’aumento del costo dell’energia sta portando già oggi a una frenata economica. La Banca centrale europea ha recentemente stimato che gli shock dei prezzi energetici ridurranno la crescita del Pil di circa 0,5 punti percentuali nel 2022 e adesso la Commissione lo scrive nero su bianco: «L’invasione dell’Ucraina aggraverà la situazione».
La risposta sarà emergenziale ed è per questo che entra in scena il tetto ai prezzi: «La Commissione conferma che, nelle attuali circostanze eccezionali, gli stati membri possono fissare prezzi regolamentati per i consumatori vulnerabili, le famiglie e le microimprese al fine di contribuire a proteggere i consumatori e la nostra economia».
La Commissione conferma inoltre che gli stati membri «possono prendere in considerazione misure fiscali temporanee sugli utili» e, in via eccezionale, decidere di intervenire sugli extraprofitti delle imprese dell’energia per la redistribuzione ai consumatori. Infine si potranno utilizzare gli introiti dalla tassazione della CO2, stratagemma quest’ultimo che l’Italia ha già usato e che finora è bastato solo a tamponare l’aumento dei prezzi.
Le norme dell’Ue sugli aiuti di stato, ricorda il documento, danno agli stati membri la possibilità di fornire sostegno a breve termine alle imprese colpite dal costo elevato dell’energia, come potrebbero essere il settore della carta o dell’acciaio.
Gli stoccaggi
Il metano che riusciremo a mettere da parte in vista dell’inverno 2022-2023 senza sapere se e quando le importazioni dalla Russia si bloccheranno, è diventato centrale. Lo stoccaggio di gas, ovvero il metano incamerato nei giacimenti dismessi nell’Ue, infatti, è sufficiente a coprire il nostro fabbisogno fino alla fine di questo periodo di riscaldamento invernale, e anche in caso di interruzione totale delle forniture dalla Russia fino ad allora non dovremmo avere problemi: il livello di riempimento in tutta Europa è al momento di poco inferiore al 30 per cento, un po’ più alto in Italia.
La Commissione ha deciso che entro aprile arriverà una legge che renda obbligatorio riempire gli stoccaggi al 90 per cento entro il primo ottobre (l’Italia lo ha già stabilito nel recente decreto sull’Ucraina) e verrà introdotto un principio di solidarietà tra stati. Ma senza la Russia sarebbe comunque difficile.
Per risparmiare metano, si ricorda ancora, gli stati membri dispongono di piani di emergenza pronti, che in Italia vanno dall’aumento della produzione di energia elettrica dal carbone e dall’olio combustibile (derivato del petrolio) ai distacchi programmati delle utenze: misure attivabili se necessario per garantire l’approvvigionamento.
La diversificazione
«Tutte le aree ora hanno accesso a più di una fonte di gas. Siamo quindi meno vulnerabili rispetto al passato» rassicura in parte la Commissione. Il corridoio meridionale del gas dall’Azerbaigian, ovvero il Tap, è operativo dalla fine del 2020, «e stiamo collaborando in particolare con Norvegia, Qatar, Giappone, Corea del Sud e Stati Uniti, tra gli altri».
L’Europa infatti, insieme all’aumento della produzione di biometano, di energia rinnovabile, e di risparmio energetico, più di ogni altra cosa nel breve periodo vuole incrementare l’import di gas naturale liquido, che può essere trasportato tramite metaniere.
Nei primi mesi dell’anno «si è registrato un forte aumento delle importazioni di Gnl». Queste importazioni hanno «la quantità più alta di sempre, e le cifre provvisorie indicano che i volumi sono rimasti elevati a febbraio». Per il 2022 la cifra stimata è di 50 miliardi di metri cubi.
I rigassificatori
Nel frattempo è partita la corsa ai rigassificatori galleggianti, immense navi da ormeggiare al largo della costa e da collegare alla rete di trasporto nazionale. In Italia il precedente è quello del rigassificatore Olt da 3,75 miliardi di metri cubi, ma non è escluso che ce ne siano di più grandi.
Il ministro della Transizione, Roberto Cingolani, ha detto che sarà pronto per la metà di quest’anno. Il problema è che secondo fonti tecniche consultate da Domani, non ne esisterebbero più di una decina. Eni e Snam hanno ricevuto il mandato di sondare il mercato per trovarne una, ma sono già a caccia anche altri paesi, tra cui Germania e Turchia.
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