L’ex governatore è stato per anni un grande sponsor del miliardario, che ha investito nel turismo e nello sport. Ma ora arrivano segnali di disimpegno, come la vendita della Pro Recco. Il ruolo dell’ex banchiere Fiorani
Ai bei tempi, quando Gabriele Volpi seminava milioni da un capo all’altro della Liguria, Giovanni Toti faceva un gran tifo per l’amico imprenditore, l’emigrato di ritorno che aveva fatto fortuna in Africa con il petrolio.
Un tifo rivendicato apertamente, a tal punto da alimentare il sospetto che tanto affetto fosse ricompensato da generosi finanziamenti. «Volpi è un grande imprenditore che mi onoro di conoscere e che gode di tutta la nostra stima», disse qualche anno fa l’allora governatore, smentendo di aver mai ricevuto denaro.
A perenne ricordo di un legame che sembrava solidissimo restano però le foto che li ritraggono insieme, Volpi e Toti, mentre brindano a una delle tante nuove iniziative del tycoon con il cuore in Riviera, la casa e lo yacht a Montecarlo e il portafoglio al riparo dei più svariati centri off shore, da Panama, alle Bahamas fino a Malta.
Il vento è cambiato per entrambi, per il politico e per il miliardario. Il primo, disarcionato da un’inchiesta giudiziaria, prepara la sua difesa in tribunale e medita la rivincita. E anche l’altro, per una singolare coincidenza, dà l’impressione di aver preso un’altra rotta.
Possibile? Possibile che il ligure più ricco del mondo, un uomo d’affari a capo di un impero da 4 miliardi di euro di giro d’affari e 40 mila dipendenti, prepari davvero la ritirata dalla sua terra natale dove era riapparso una quindicina d’anni fa sfoggiando ricchezze e grandi progetti? Forse non è una ritirata, tantomeno una fuga, ma certo Volpi ormai guarda altrove.
Pallanuoto addio
La conferma ai tanti sospetti è arrivata a luglio, con l’annuncio dell’addio alla Pro Recco, la squadra di pallanuoto più titolata d’Italia, appena sconfitta nella finale di Champions League dopo aver vinto le tre precedenti.
È stato un fulmine a ciel sereno, vissuto come un tradimento dai tifosi. Senza il sostegno finanziario del ricchissimo patron, il club ligure ha già perso in blocco tutti i suoi campioni e dovrà dire addio all’attività di vertice.
Finisce così una storia di affari e di sport. Volpi, va detto, è recidivo. Risale a tre anni fa lo stop all’avventura nello Spezia calcio, portato nel massimo campionato dalla serie C e poi ceduto all’investitore americano Rober Platek con cui la squadra è retrocessa in B.
Questa volta però è diverso. «È stata una scelta di cuore», disse Volpi anni fa in una delle sue rare interviste per spiegare il suo impegno nella Pro Recco. «Giocavo a pallanuoto prima di lasciare tutto per lavorare», raccontò.
Tutto finito, adesso. Come un amore consumato dal tempo. Anche in famiglia le cose non vanno bene, per usare un eufemismo. La lite con il figlio Matteo si trascina da un capo all’altro del mondo, Londra, Bahamas, Malta, tra denunce, sentenze, ricorsi e controricorsi.
Lite in famiglia
Il vecchio patron ha ridisegnato la struttura del suo gruppo e ha chiuso le porte in faccia all’erede. L’ex moglie Rosaria e l’altro figlio Simone si sono fatti da parte grazie anche a una contropartita (si dice) multimilionaria.
Matteo invece rivendica i suoi diritti su parte di un impero cresciuto a dismisura nell’arco di trent’anni grazie al boom petrolifero della Nigeria e il via libera della politica locale.
Anni fa si venne anche a sapere che tra i soci della holding Orlean Invest di Volpi c’era Atiku Abubakar, vicepresidente del paese africano tra il 1999 e il 2008, da sempre al centro del complicato organigramma del potere nigeriano.
Le radici del gruppo e della sua immensa ricchezza si trovano senz’altro in Nigeria, ma, detto questo, è un’impresa a dir poco complicata ricostruire una ragnatela societaria che avvolge praticamente tutto il globo.
Uno degli snodi più importanti si trova ora a Malta, dove ha sede la holding Betacorp International, che fa capo a una fondazione, anche questa maltese, denominata Sera. Fino a pochi anni fa, però, a tirare le fila dell’impero erano tre trust delle Bahamas gestiti da una società panamense, la Delanson, poi trasferita in Nuova Zelanda.
Cambiano nomi, sedi e sigle, ma a comandare è sempre lui, Volpi, che ha compiuto 81 anni lo scorso 29 giugno.
Braccio destro
Questa almeno è la versione ufficiale, che però va in parte corretta, per lasciare lo spazio che merita a Gianpiero Fiorani, l’ex banchiere a capo della Popolare di Lodi, protagonista della stagione delle scalate bancarie di quasi un ventennio fa, processato e poi condannato per svariati reati, dal falso in bilancio alla truffa all’appropriazione indebita.
Finito in carcere e saldato il suo conto con la giustizia, Fiorani è diventato un ascoltato consigliere di Volpi, di fatto il suo braccio destro. Il rapporto tra i due è così stretto che Matteo Volpi, tra le tante accuse, ha anche rimproverato al padre di essersi fatto plagiare dal suo collaboratore. Una versione dei fatti respinta al mittente dai diretti interessati.
Difficile negare però che l’ex capo della Popolare di Lodi faccia da filtro e da stratega per tutti gli affari italiani, e non solo quelli, dell’anziano tycoon. C’era Fiorani, per dire, dietro la sortita di Volpi sulla genovese Banca Carige quotata in Borsa. All’epoca, sei anni fa, il miliardario si mise d’accordo con altri soci forti per prendere il controllo dell’istituto.
Per l’occasione strinse un patto anche con Aldo Spinelli, l’imprenditore portuale finito agli arresti nella primavera nell’inchiesta sui presunti finanziamenti illegali al governatore Toti. L’avventura in Carige è finita male. Gli scalatori sono stati respinti e la banca è andata alla deriva per poi essere assorbita dall’emiliana Bper.
Fiorani intanto aveva consolidato il suo ruolo nel gruppo, senza per altro ricoprire alcun incarico formale nelle società della galassia Volpi. Nella squadra dei gestori, troviamo però Carlo Lazzarini, professionista lombardo che una ventina di anni fa ricoprì diversi ruoli nel polo creditizio all’epoca gestito da Fiorani.
Una volta al timone del gruppo, l’ex banchiere non ha perso tempo e ha puntato grosso su turismo e ristorazione.
Briatore per amico
A fare da sfondo alle acquisizioni di ristoranti, resort e stabilimenti balneari c’era il mare della Liguria. Del resto, già in passato Volpi aveva sbandierato progetti di grandi investimenti immobiliari in varie località della Riviera.
Fiorani ha dato sostanza a quelle idee. Con il marchio Ten ha comprato locali a Genova (Moody), La Spezia, Santa Margherita e Recco, a cui ha aggiunto nuove attività a Milano, Padova, Venezia e Ferrara. Nel 2021 è stata rilevata la catena California Bakery, reduce dal crack della precedente gestione, con una quindicina di insegne a Milano.
E chissà se tra un affare e l’altro è arrivato qualche consiglio da un esperto del ramo come Flavio Briatore, l’inventore di Billionaire, Twiga e Crazy Pizza. Briatore e Volpi, infatti, si conoscono da tempo ed entrambi negli anni scorsi hanno condiviso l’amicizia con l’allora governatore Toti.
Come è stata finanziata la raffica di acquisizioni tra ristoranti e stabilimenti balneari? La risposta a questa domanda va ricercata in un paradiso fiscale. In questo caso a finanziare gli ambiziosi progetti di Fiorani sono state le società White Fairy holding e Ten Food Luxembourg, entrambe con base nel Granducato.
Le chiavi di tutto, naturalmente, sono in mano a Volpi, che controlla le holding lussemburghesi tramite una società nigeriana, la Prima Property development services e la già citata Betacorp International di Malta. Fin qui l’organigramma societario, di cui però è molto complicato valutare i risultati concreti, in termini di profitti e perdite.,.
I bilanci in Lussemburgo sono molto datati oppure proprio non ci sono (quelli di Ten Food Luxembourg), mentre nel 2022, ultimo anno di cui sono stati pubblicati i conti, le aziende italiane scontavano ancora le difficoltà delle precedenti gestioni e della crisi pandemica.
Per risalire la china ci vorrà tempo. E anche denaro. Sempre che Volpi sia ancora deciso a investire. In Liguria, dopo la vendita della Pro Recco, molti sono convinti del contrario.
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