Complessivamente la percentuale di persone in difficoltà nel mondo è cresciuta del 3 per cento rispetto al 2023. Aumentano gli stati di ansia, stress e depressione. Il numero di persone che nei 16 paesi toccati dallo studio, tra cui l’Italia, vive un disagio mentale è aumentato di cinque punti
Una società sofferente. Il susseguirsi di crisi che hanno marcato il secondo decennio del secolo (terrorismo, crack finanziari, sfarinamento del ceto medio, crisi climatica, Covid, scatto inflattivo e caro mutui, ritorno prepotente della guerra), hanno posto le persone di fonte alla costante necessità di fare i conti in modo diretto e personale con la società del rischio come la chiama il sociologo Ulrich Beck.
La sindrome di Sisifo ha marcato questi anni, con le persone costrette a fare su e giù per il monte dell’esistenza, sperando di liberarsi di un peso, per poi ritrovarsi nuovamente in fondo alla scarpata con un nuovo masso da spingere in su. Tutto questo ha inciso sul benessere mentale delle persone. L’Axa Mind Health Index, che ogni anno Ipsos realizza, fotografa un aumento complessivo, a livello globale, del numero di persone in difficoltà.
I dati
Meno di un quarto delle persone nel mondo sta prosperando (24 per cento, con un calo dell’1 per cento rispetto all’anno scorso), mentre solo un terzo se la cava (in calo dal 35 al 33 per cento). Complessivamente la percentuale di persone in difficoltà nel mondo è cresciuta del 3 per cento rispetto al 2023. A lievitare sono gli stati d’animo marcati da ansia, stress e depressione. Il numero di persone che nei 16 paesi toccati dallo studio, tra cui l’Italia, vive un disagio mentale è aumentato di 5 punti. Il 17 per cento denuncia forme di depressione; il 15 per cento vive stati di ansia, fobia e disordine post traumatico; il 5 per cento ha disturbi dell’alimentazione (anoressia, bulimia ecc) e il 4 per cento ha disturbi ossessivo-compulsivi.
All’interno di questo quadro emergono due dinamiche preoccupanti: la costante crescita del divario di genere e l’allerta sullo stato di salute mentale della Generazione Z. Rispetto all’anno scorso le donne che si sentono bene sono diminuite, mentre quelle in difficoltà sono in crescita. È aumentato anche il numero di donne che soffrono di forte stress, ansia e depressione.
L’Axa Mind Health Study ha sottolineato «che le donne soffrono tipicamente di livelli più bassi di auto-accettazione, il che può esporle a fattori scatenanti della salute mentale come l’immagine del proprio corpo e la discriminazione di genere. Un’ingiusta divisione dei compiti in casa può anche lasciare alle donne meno tempo per gestire la propria salute mentale attraverso il relax, l’alimentazione sana, l’esercizio fisico o l’interazione sociale».
L’allerta per la Gen Z
Se il quadro di genere è in recrudescenza, la vera allerta è per la Generazione Z. Il 39 per cento degli under 25 afferma di trovarsi in uno stato di abbattimento fisico o morale, per lo più accompagnato da sofferenze e da privazioni (in crescita di 4 punti). Il 19 per cento sta “lottando” con se stesso (+1 per cento), mentre il 39 per cento vive forme gravi o estremamente gravi di depressione, ansia e stress (il dato medio nelle altre classi di età è del 23 per cento).
I ragazzi e le ragazze, in più, hanno molta difficoltà a decodificare le proprie condizioni di salute mentale e faticano a riconoscere i problemi o a cercare aiuto. A determinare le diverse forme di disagio nella Generazione Z sono, innanzitutto, la dipendenza dalla tecnologia e dai social media, il peso assegnato all’immagine del corpo e il fardello del futuro in una società marcata dall’incertezza.
Quando affrontiamo questi dati occorre essere molto accorti. Bisogna rifuggire da ogni stigmatizzazione (specie degli adolescenti e dei giovani come soggetti da normalizzare o portatori di problemi tout court).
Le ragazze e i ragazzi di oggi sono la parte di popolazione più esposta all’inquinamento consumistico, il che li ha resi sia vittime di quell’incessante bisogno di consumare merci (cose, corpo e affetti), sia primi attori (cartine di Tornasole) del cambiamento di paradigma in atto nella costituzione delle soggettività, individuali e collettive.
La sindrome di Sisifo e la società dell’incertezza e del rischio, inducono dinamiche di precarizzazione esistenziale, trasformando il campo delle appartenenze, che non è più caratterizzato dall’esclusività, ma dalla pluralità e dalla mobilità.
Affetti e passioni, solitudine mediale e tecnologica, presentificazione del tempo vissuto, disturbi narcisistici della personalità e identità liquide, sono il complesso dei fattori che marcano la transizione individuale e collettiva in atto. Le forme di disagio mentale in aumento mostrano che questa transizione non è a costo zero, ma ha notevoli danni collaterali e sta facendo pagare dei prezzi a tutti, in primis ai giovani e alle donne.
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