L’iniqua distribuzione delle opportunità e delle ricchezze è uno dei problemi più importanti per il 51 per cento degli italiani, il 52 dei francesi, il 53 degli spagnoli e il 56 degli ungheresi, il 43 per cento dei tedeschi e il 40 di belgi
Parafrasando una delle frasi più famose di Marx possiamo dire che oggi lo spettro che si aggira per il mondo è quello della disuguaglianza. Per gran parte dei cittadini di 29 paesi analizzati da Ipsos Global Advisor quello dell’iniqua distribuzione delle opportunità e delle ricchezze è uno dei problemi più importanti.
Ne sono convinti il 51 per cento degli italiani, ma anche il 52 dei francesi, il 53 degli spagnoli e il 56 degli ungheresi. Dello stesso avviso sono il 43 per cento dei tedeschi, il 41 degli inglesi, il 40 di americani e belgi, nonché il 37 per cento degli svedesi.
A livello globale i paesi in cui le disuguaglianze sono avvertite in modo più cogente sono Indonesia (79 per cento), Brasile (74), Colombia, Turchia e Thailandia (70), Sudafrica (69), Messico (63), Perù (62) e Corea del Sud (60).
Poco impegno
Per una buona parte dei cittadini stati e governi si stanno impegnando poco sul tema. Il bisogno di fare di più per contrastare le iniquità e le fratture sociali è avvertito dal 42 per cento di italiani, irlandesi e belgi.
Il tema appare più urgente in Svezia e Olanda (48 per cento), Germania (47), Gran Bretagna (43). Leggermente meno in Francia (41), Usa (40) e Polonia (20), mentre in Ungheria è al calor bianco (70 per cento). L’urgenza di interventi sulle faglie sociali rilevata nel paese magiaro si attesta sui medesimi livelli di Indonesia (73), Sudafrica (62), Brasile (61) e Turchia (59). L’analisi della percezione del peso delle disuguaglianze sociali è strettamente legata al tipo di società cui aspirano le persone. In tutti i paesi i cittadini ambiscono a una società più equa, in cui tutti abbiano fattualmente le medesime opportunità. Ne sono convinti il 45 per cento in Italia, il 50 in Germania, il 49 in Spagna e il 48 in Gran Bretagna. Analoghe percentuali le ritroviamo negli Stati Uniti (46), Irlanda (47) e Canada (44).
In Svezia e Polonia la quota sale al 55 per cento, mentre rallenta in Francia (41), Ungheria (42) e Belgio (36). Il paese in cui il tema dell’equità è meno presente è l’India (21), quello, invece, in cui è al top è il Messico (57). La ricerca di Ipsos Global Advisor ha scandagliato anche quali sono i gruppi sociali maggiormente a rischio discriminazione. In Italia al primo posto ci sono le donne (31 per cento), a seguire le persone con disabilità e gli immigrati (entrambi al 29). Al terzo posto troviamo le persone dell’universo lgbt (26); al quarto gli anziani (24), tallonati dalle persone transgender e/o non binarie (22). Infine, l’Italia (14 per cento), insieme a Turchia (24) e Ungheria (14), detiene il record per il basso tasso di opportunità per i giovani.
La distruzione sociale
I dati mostrano all’opera quella che il sociologo Alain Touraine ha chiamato la “distruzione del sociale”. Evidenziano il processo di frantumazione dei legami sociali, lo sfarinamento di parte della consapevolezza civile, l’erosione della coscienza di essere parte di una comunità di destino (il siamo tutti sulla stessa barca), nonché della reticolarità della dimensione sociale (quanto ciascuna persona debba qualcosa alle altre persone).
Lo spazio sociale si sta frammentando sempre di più, lasciando campo a nuove caste e cerchie privilegiate e, al contempo, alimentando nuovi ghetti e nuove enclave di disagio che proliferano all’ombra delle diverse forme di esclusione.
Proseguendo su questa via, il patto sociale europeo faticosamente costruito negli ultimi cinquant’anni rischia di infrangersi sugli scogli di nuove dimensioni autocratiche e lungo le rive dicotomizzanti dell’affermarsi di quel “contratto iniquo” fra chi ha e chi non ha di cui Jean-Jacques Rousseau ha tratteggiato il profilo già duecento anni fa.
A poche settimane dalle elezioni europee occorre sottolineare e ricordare quanto i germi velenosi che si spandono con la crescita delle disuguaglianze non inquinano solo le falde della dimensione sociale ed economica, ma rinsecchiscono le radici della democrazia e della libertà. La crescita delle disuguaglianze mette a rischio la tenuta sociale nei diversi paesi europei, apre la possibilità di nuove forme di conflitto e manda anche in fibrillazione l’essenza stessa del modello democratico.
Essa lastrica la via per la trasformazione della “comunità democratica di cittadinanza” di oggi in una collettività a democrazia immaginaria, in cui la possibilità di rendere attivo il concetto di libertà non è più uguale per tutti, ma si struttura sempre più per censo e classe. Per questo, per mantenere e alimentare la promessa fondamentale della democrazia, oggi una delle sfide cogenti per i paesi europei (e per tutte le forze politiche europee) si gioca proprio sul terreno della lotta alle disuguaglianze sociali.
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