- Vent’anni fa gli italiani erano in equilibrio fra quanti avvertivano il fenomeno migratorio come dannoso (50,3 per cento) e quanti lo ritenevano positivo (49,7 per cento). Oggi gli ostili ai migranti sono saliti al 62 per cento, mentre i favorevoli sono calati al 38 per cento.
- Nel 2001 il paese era in bilico tra il 49,8 per cento che auspicava interventi sul sistema previdenziale e il 50,2 per cento contrario. Vent’anni dopo il no ai tagli è balzato al 76 per cento, mentre il sì a nuove riforme per ridurre il peso sui conti pubblici è franato al 24 per cento.
- Nel 2001 la maggioranza degli italiani propendeva per l’equazione “meno tasse e meno servizi pubblici” (54,1 per cento), lasciando al 45,9 per cento quanti sostenevano l’equazione “più servizi pubblici anche al costo di più tasse”. Oggi la maggioranza (54 per cento) propende per “più servizi e più tasse”
Per guardare al 2022 è utile fare un piccolo esercizio considerando come sia cambiata la lista delle priorità degli italiani nel corso degli ultimi vent’anni, per identificare i paradigmi di riferimento mutati e quelli che sono rimasti sostanzialmente stabili. Per questo abbiamo preso a riferimento una vecchia pubblicazione del Censis del 13 maggio 2001, ripetendo le domande oggi.
Nel 2021, dopo un decennio di tagli, finanziarie che raschiano il barile e rispetto dei parametri europei, siamo diventati più attenti all’equilibrio dei conti dei conti pubblici (una necessità per il 35 per cento nel 2001, oggi lo è per il 47 per cento). La maggioranza, oggi come allora, auspica investimenti pubblici per rilanciare l’economia, ma la fiducia in questa strategia si è ridotta (53 per cento oggi contro il 65 di un tempo).
Immigrazione
In questi vent’anni il paese è cambiato radicalmente in merito alla percezione di welfare, immigrazione e pensioni. E sul fronte migratorio siamo diventati un paese a maggioranza intollerante.
Vent’anni fa gli italiani erano in equilibrio fra coloro che avvertivano il fenomeno migratorio come dannoso (50,3 per cento) e quanti lo ritenevano invece positivo (49,7 per cento). Oggi il quadro si è radicalizzato. Gli ostili ai migranti sono saliti al 62 per cento, mentre i favorevoli sono calati al 38 per cento.
Pensioni
Una metamorfosi molto simile riguarda le pensioni. Nel 2001, a pochi anni dalla riforma del governo Dini, il paese era in bilico tra il 49,8 per cento che auspicava interventi sul sistema previdenziale per abbassarne i costi e il 50,2 per cento contrario a qualsiasi taglio.
Vent’anni dopo quel paese in bilico non c’è più. Il no ai tagli è balzato al 76 per cento, mentre il sì a nuove riforme per ridurre il peso sui conti pubblici è franato al 24 per cento.
Welfare
L’equazione welfare-tasse ha subìto, invece, un vero e proprio ri-orientamento di rotta. Nel 2001 la maggioranza degli italiani propendeva per l’equazione “meno tasse e meno servizi pubblici” (54,1 per cento), lasciando al 45,9 per cento quanti sostenevano l’equazione “più servizi pubblici anche al costo di più tasse”.
Oggi il quadro è ribaltato. La maggioranza (54 per cento) propende per “più servizi e più tasse”, mentre il 46 per cento è favorevole a una riduzione di tasse e, conseguentemente, dei servizi.
Cosa resta uguale
Gli aspetti su cui gli italiani non hanno mutato direzione sono quelli di lavoro e sicurezza. Il bisogno di regole contro la precarizzazione era atteso dal 59 per cento delle persone nel 2001 ed è cresciuto al 61 per cento oggi, mentre l’idea di lasciare mano libera alle imprese era al 41 per cento ed è scesa ulteriormente al 39.
Sul fronte della sicurezza dei cittadini, oggi come allora, la maggioranza è favorevole a interventi repressivi (53 per cento), rispetto alle ipotesi di politiche sociali contro l’emarginazione e la povertà (47 per cento).
Vent’anni dopo l’Italia non è solo più intollerante, ripiegata su sé stessa, alla ricerca di nuovi sistemi di tutela e sempre alle prese con l’assillo della precarizzazione del lavoro, ma anche più polarizzata e radicalizzata, più insofferente verso le mediazioni e stanca delle mancate riforme.
Le stesse riforme
Dopo vent’anni, non a caso, la scala delle riforme urgenti è sempre la stessa e cambia solo il livello di intensità. Ai primi posti ci sono lavoro, sanità, fisco, scuola, giustizia, previdenza e amministrazione pubblica.
Cambia però la priorità data alle varie esigenze. La riforma della scuola e della pubblica amministrazione fa registrare un più 19 punti. Quella della sanità e del fisco un più 18 punti. Quella della previdenza e delle tutele per i lavoratori un più 16 punti. Più calmierate sono giustizia (più 12) e sistema elettorale (più 6).
Lo sguardo al passato ci parla del domani e delle attese. «La vita può essere capita solo all’indietro ma va vissuta in avanti», diceva Kierkegaard. E quell’avanti oggi vuol dire agire sull’innovazione, sulla green economy, ma anche mettere mano all’immobilismo e ai grandi ritardi (scuola, pubblica amministrazione, fisco, precarizzazione del lavoro, welfare). Un’agenda chiara per chi vuol parlare di Pnrr e di Italia 2022.
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