L’Italia scende di una posizione, passando dal quarto posto al quinto. Il Giappone si colloca al primo posto, mentre la Germania lascia la vetta e cala al secondo posto. Il Canada resta fermo in terza posizione, mentre la Gran Bretagna guadagna due posizioni e, scavalcando l’Italia, s’impone al quarto posto.
Gli Stati Uniti salgono anch’essi di due posizioni, passando dall’ottavo a sesto gradino in classifica, mentre la Svizzera resta al settimo posto. La Francia perde ben tre posizioni, crollando dalla quinta all’ottava, mentre l’Australia rosicchia una posizione salendo dalla decima alla nona. Infine la Svezia, scende dalla nona posizione alla decima. È la top ten 2023 dell’Anholt-Ipsos Nation Brands Index, l’Indice dei marchi nazionali che misura l’immagine di 60 nazioni. L’indice valuta l’immagine di ogni nazione su sei aspetti.
Il primo è l’export (se il luogo di fabbricazione di un prodotto aumenta o diminuisce la probabilità di acquisto); il secondo aspetto è la governance (la percezione di competenza e onestà del governo; la relazione con i cittadini e il rispetto dei diritti); il terzo elemento è la cultura (la percezione del patrimonio culturale e del ruolo del paese nella contemporaneità: musica, film, arte, letteratura e sport); il quarto fattore è il carattere delle persone (la cordialità, misurata in base al fatto se i turisti si sentirebbero benvenuti); il penultimo aspetto è l’attrattività turistica (bellezze naturali, edifici e monumenti storici, vivacità della vita urbana e delle attrazioni); infine, sesto fattore, la forza attrattiva verso talenti e capitali.
L’identità italiana all’estero
Attraverso queste sei lenti è possibile individuare il profilo dell’identità dell’Italia all’estero. Se consideriamo gli attributi della personalità associati a ciascuna nazione, scopriamo che l’Italia è ritenuta una nazione attraente (tema per cui è al primo posto) e divertente (al terzo posto dopo Brasile e Spagna). Gli altri attributi della personalità, come ad esempio, l’essere degna di fiducia, va a Svizzera, Canada e Finlandia. L’essere amichevole va a Nuova Zelanda, Portogallo e Spagna. L’essere un paese felice è riconosciuto a Nuova Zelanda, Spagna e Irlanda. La creatività è appannaggio di Giappone, Corea del Sud e Taiwan. La forza è appannaggio di Germania, Usa e Cina. La generosità è per Canada, Nuova Zelanda e Irlanda. La competenza è riconosciuta a Germania, Giappone e Corea del Sud.
La sofisticatezza è della Francia, Svizzera e Gran Bretagna. Oltre ai tratti positivi, sono stati indagati anche alcuni elementi contraddittori come l’arroganza (di casa in Russia, Usa e Arabia Saudita) o la percezione di difficoltà (assegnata a Ucraina, Sudafrica e Israele). Passando dai tratti della personalità agli attributi reputazionali, scopriamo che l’Italia è riconosciuta per essere un paese dove il cibo è buono (primo posto) e una realtà diversa dalle altre (terzo posto, dopo Giappone ed Egitto).
I driver che spingono a visitare il nostro paese sono: lo stile di vita e lavoro (terzo posto dopo Canada e Svizzera) e la vitalità della città (terzo posto dopo Usa e Francia). Mentre non sono driver attrattivi dell’Italia la fiducia nei prodotti realizzati nel nostro paese (aspettativa che è appannaggio di Giappone, Usa e Germania) e il far sentire le persone sicure (riconosciuto a Svizzera, Canada, Norvegia).
Non fanno parte degli attributi di eccellenza nazionale neanche l’immagine del nostro sistema educativo (che va a Usa, Uk e Germania), la responsabilità dei capitani d’industria (riconosciuta a Svezia, Svizzera e Norvegia), né i livelli di uguaglianza nella società (Svezia, Canada e Norvegia). L’Italia non spicca neanche per gli attributi sulla sostenibilità. L’impegno sul cambiamento climatico è assegnato a Svezia, Norvegia e Germania; mentre la produzione energia pulita è riconosciuta a Svezia, Germania e Norvegia.
Le difficoltà
L’immagine del nostro paese all’estero, nel mostrarci ancora ormeggiati allo stereotipo del buon cibo e dello stile di vita e lavoro, mostra la difficoltà dell’Italia sia a intraprendere una strategia di attrazione generalizzata di persone, talenti e capitali; sia a fare di tutti i prodotti made in Italy (non solo quelli della moda e alimentari) dei manufatti affidabili.
Dovrebbe preoccupare e far riflettere le imprese italiane e l’intero sistema paese quella fiducia nei prodotti fabbricati assegnata prioritariamente a Giappone, Germania e Usa che lascia fuori il made in Italy dalla vetta dell’affidabilità. Così come dovrebbe far riflettere quell’essere tagliati fuori dalla vetta dei capitani d’industria responsabili. Carenze che non solo danneggiano l’immagine nostro, ma che soprattutto infragiliscono tutto il sistema paese.
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