La commissione che vigila sulla Borsa americana, la Sec, ha dato il via martedì scorso al piano di distribuzione dei rimborsi per gli investitori che sono stati danneggiati dalla violazione delle norme sulle emissioni da parte di Fiat Chrysler Automobiles, attraverso un fondo di riparazione da 9,5 milioni di dollari.

Le autorità di vigilanza americane imputano ad Fca di aver mentito in due diversi comunicati stampa in cui l’azienda sosteneva che un internal audit, cioè una indagine interna aveva dimostrato che non venivano utilizzati meccanismi per modificare i risultati dei test sulle emissioni.

Comunicati stampa

I due comunicati stampa erano stati fatti alcuni mesi dopo lo scandalo Dieselgate di Volkswagen. Ed erano diretti ovviamente agli investitori, visto che Fca è quotata a Piazza affari ai Milano e dall’ottobre 2014 anche al New York Stock Exchange, la Borsa americana.

La casa automobilistica tedesca aveva utilizzato sui suoi motori device per abbassare il livello delle emissioni prodotte dalle sue auto, violando il Clean Air Act americano. Quando la frode era stata scoperta dalla agenzia per la protezione ambientale, il 18 settembre 2015, e notificata alla casa tedesca dalla autorità, i suoi titoli erano crollati del 30 per cento in borsa. Da allora sia gli investitori sia i media chiedono conto alle altre case automobilistiche dei sistemi adottati sui loro motori.

Nei giorni successivi, Fca ha avviato l’indagine interna sui sistemi di controllo delle emissioni sui suoi veicoli per confermare che non utilizzavano dispositivi simili a quelli tedeschi.

Nel febbraio 2016, Fca ha diffuso un comunicato stampa e un rapporto annuale. Per due volte ha dichiarato che, secondo i risultati dell’indagine, le sue autovetture non hanno dispositivi per capire quando i motori sono sottoposti a test di laboratorio e per questo rispettano le norme sulle emissioni.

Quelle comunicazioni, però, diffuse da una delle più importanti case automobilistiche a livello globale, sono secondo le autorità americane fuorvianti «perché», si legge nel procedimento amministrativo pubblicato dalla società per la Borsa, «non spiegavano sufficientemente che l’indagine interna aveva uno scopo limitato» focalizzato solo sull’individuare di device uguali a quelli utilizzati da Volkswagen e non era invece una revisione generale del rispetto delle regole sulle emissioni».

In più, si legge sempre nel provvedimento della “Consob” americana, proprio in quel momento i funzionari dell’Agenzia per la protezione ambientale e l’Air Resource Board della California avevano sollevato preoccupazioni a proposito dei sistemi di emissione dei motori Ecodiesel di Fca.

Gli incontri erano cominciati a novembre 2015 e all’epoca dei comunicati le interlocuzioni con i dirigenti di Fca erano in corso. In sostanza gli investitori che in quel momento venivano rassicurati da Fca, venivano anche ingannati.

Fca ha pagato 9,5 milioni di dollari di sanzione che sono stati depositati su un conto corrente del tesoro americano e destinati a un fondo per ripagare gli investitori che abbiano subìto perdite a causa delle false comunicazioni di Fca. Con l’approvazione del piano di rimborso si chiude il ramo civile del caso Dieselgate negli Stati Uniti, per cui Fiat Chrysler ha sborsato circa 800 milioni di dollari tra sanzioni pagate alle autorità e rimborsi ai consumatori. Resta, però, aperto un processo nei confronti di alcuni ex manager di Fca negli Usa e indagini e contenziosi in altre nazioni.

200 milioni accantonati

Come è ricostruito nell’ultima semestrale dei conti di Stellantis, l’azienda è «soggetta» a un procedimento penale dopo che nel settembre 2019 il Dipartimento di giustizia americano ha sporto denuncia contro il manager Emanuele Palma per truffa, false dichiarazioni e violazioni delle norme sulle emissioni.

Ad aprile 2021 poi due dei suoi superiori dell’epoca, Sergio Pasini e Gianluca Sabbioni, manager della controllata Vm Motori di Cento che si è occupata dei dispositivi di controllo delle emissioni, sono stati arrestati in Italia su mandato di cattura del governo degli Stati Uniti, con otto capi di imputazione.

Nel bilancio di Stellantis viene spiegato che i tre «sono stati posti in congedo amministrativo, a seguito delle accuse». E che intanto la società continua le discussioni con il Dipartimento di giustizia per «raggiungere una risoluzione adeguata» all’indagine. Mentre sul caso sta lavorando anche la procura di Francoforte.

Già nel 2020 erano stati accantonati 200 milioni di euro a bilancio per pagare eventuali sanzioni, una cifra che la società continua a ritenere la sua «migliore stima».

Per il resto il bilancio di Stellantis testimonia come il ministero dei Trasporti italiano abbia garantito della correttezza delle autorizzazioni dei veicoli della casa italiana sia nei confronti delle autorità tedesche sia del governo olandese. Quest’ultimo era pronto a chiedere il richiamo di alcuni modelli di jeep Cherokee Euro5. Le negoziazioni con le autorità di controllo olandesi sono proseguite e Fca ha proposto «alcuni aggiornamenti ai veicoli interessati» che sono state approvate. Tuttavia, si legge nel bilancio, «questa questione è ancora in sospeso». Una fondazione olandese ha anche promosso una class action, mentre in Germania sono stati presentati 700 reclami individuali. Inoltre la procura di Parigi, che già indagava su Pegueot e Citroen, lo scorso luglio ha aperto un’indagine anche su Fca, sempre con l’accusa di frode sulle emissioni su veicoli E6 diesel venduti tra il 2014 e il 2017. Infine Fca è stata multata, anche se per un ammontare non rilevante, dal ministero dell’Ambiente coreano che ha revocato l’autorizzazione per 2.400 veicoli venduti sempre tra il 2015 e il 2017. La società ha presentato ricorso contro la decisione, mentre la commissione per il commercio coreano ipotizza un’altra violazione della legge.

 

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