La distribuzione del reddito tra capitale e lavoro sta peggiorando a vantaggio del capitale. Questo è un fatto noto da alcuni anni, soprattutto grazie alle analisi dell’economista francese neomarxista Thomas Piketty. Quello che invece si sa molto meno è che non sono i profitti il principale accusato, ma le rendite. E ancora meno si sa che, tra le rendite, quelle urbane sono le principali responsabili.

Cosa è la rendita urbana? È la crescita del valore di edifici e terreni senza che il proprietario faccia nulla, solo perché le città crescono, e non si può costruire più di tanto, per cui la domanda di case cresce molto di più dell’offerta.

L’espulsione

Più si sta in centro, dove ci sono più servizi e più occasioni di lavoro, più il prezzo degli edifici cresce, espellendo i cittadini a minor reddito. Come prima aveva espulso fabbriche ed operai dell’industria, che erano già finiti in periferia e nei quartieri più esterni delle città industriali.

Oggi il problema riguarda essenzialmente le categorie impiegatizie, che comunque rappresentano la maggioranza dei lavoratori. Quelli a minor reddito devono risiedere ai margini o all’esterno delle città maggiori, e pagano il risparmio di cui godono (case meno care) in termini di costi e tempi di viaggio.

Ora, la concentrazione dei posti di lavoro per gli impiegati nei centri urbani ha una logica economica indiscutibile: un mercato del lavoro terziario concentrato, dove è facile trovare lavoratori, per i quali simmetricamente ci sono più scelte se cambiano lavoro. È un mercato efficiente, a prezzo però di elevati costi per la mobilità, sia per i lavoratori che per l’ambiente, e forse una pendolarità esasperata abbassa anche un po' la produttività sul posto di lavoro.

Il ruolo dei trasporti

La mobilità urbana di tipo pendolare esprime le diseguaglianze di reddito, imponendo costi e disagi ai lavoratori espulsi dal costo delle case (cioè dalla rendita urbana) dai luoghi in cui si concentrano i posti di lavoro. Le categorie di lavoratori a più alto reddito possono naturalmente abitare vicine ai posti di lavoro, e anche in aree con servizi migliori.

La mobilità gioca un ruolo importante in questo assetto squilibrato, perché deve basarsi in misura rilevante sul trasporto pubblico: quello privato genera congestione del traffico intollerabile oltre certe soglie.

Per alleviare questa situazione si sono fatte politiche di edilizia sociale sussidiata localizzata spesso in aree meno periferiche, e i sussidi si sono estesi al trasporti pubblici. Ma, a parte i costi, il modello complessivo non è stato modificato.

Ma questo assetto è fisiologico e non modificabile? No, esistono modelli alternativi, con concentrazioni molto più basse dei posti di lavoro, soprattutto negli Stati Uniti (la “Silicon Valley” a San Francisco e Kansas City sono due esempi, tra i molti) con residenze non gerarchizzate, pendolarità più ridotta (cambiando lavoro si può cambiar casa avvicinandosi alla nuova destinazione) e uso dominante dei mezzi privati.

Tuttavia questo «modello insediativo disperso» (che vede anche i fenomeni di rendita ridursi molto) non è certo applicabile in città storiche come quelle europee, e in particolare belle come quelle italiane.

Cosa fare in Europa

Vi sono però due fenomeni importanti in corso che potrebbero migliorare il quadro anche per le città storiche: il lavoro in remoto e l’elettrificazione del parco veicolare. Sarebbe importante anche rendere meno oneroso il cambio di residenza, sia in proprietà che soprattutto in affitto, ma questo richiede un’azione politica mirata.

Il lavoro in remoto conseguente alla pandemia è un fenomeno destinato in parte a rimanere e consente di “fuggire dalla rendita” senza i costi e i disagi della pendolarità, e anche di rivitalizzare centri minori o quartieri-dormitorio.

Questo fenomeno potrebbe essere accompagnato dal decentramento di alcune attività terziarie, come avvenuto precedentemente per le industrie urbane. Un modello insediativo più disperso certo sarebbe meno servibile dai trasporti pubblici, ma la pendolarità sarebbe comunque più contenuta, per cui l’uso di mezzi individuali non più inquinanti sarebbe perfettamente possibile con costi ambientali ridotti.

Lo scambio tra “fuga dalla rendita urbana” e i disagi della pendolarità si attenuerebbe, soprattutto se fosse accompagnato da una politica che consenta di cambiar casa quando si trova un lavoro migliore. Un mercato del lavoro più efficiente giova certo ai padroni, ma anche ai lavoratori.

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