Il metodo Draghi è sempre all’opera: accontentare i partiti a breve termine, rimandando le questioni spinose politicamente a sviluppi successivi, anche se si tratta di non toccare gli interessi di lobby a scapito della cittadinanza tutta, ma contemporaneamente sottrarre alla politica i gangli che contano. 

Il disegno di legge delega sulla concorrenza, rinviato da luglio a novembre, licenzia alcune riforme attese come quella dei servizi pubblici locali – spingendo per la privatizzazione, a meno che la gestione pubblica non sia giustificata per qualità e efficienza dei servizi –, rivede il sistema di assegnazione delle licenze dei taxi e quella delle convenzioni della sanità privata, così come la selezione dei dirigenti medici.

All’ultimo sono saltate le norme che avrebbero permesso ai notai di lavorare su tutto il territorio nazionale e quelle per velocizzare gli iter di autorizzazione e i commissariamenti degli enti locali per realizzare inceneritori di rifiuti.

Il disegno di legge impone alle regioni le gare competitive per le concessioni idroelettriche, strategiche economicamente, entro la fine del 2022, eppure evita di toccare fronti che sono politicamente e giuridicamente ingombrati di interessi meno diffusi e più organizzati, come le concessioni balneari.

Operazione trasparenza

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Il governo si limita a una pur necessaria operazione trasparenza: entro sei mesi lo stato dovrebbe avere per la prima volta a disposizione una banca dati chiara di chi paga i canoni e su quali concessioni e quanto. Non solo sulle concessioni balneari, ma anche sulle acque minerali o termali e le frequenze.

Nel suo intervento all’inizio del consiglio dei ministri, Draghi ha giustificato la scelta come una terza via tra le strade, a suo dire fallimentari dell’imboccare riforme ambiziose che senza consenso non vengono attuate e di rinunciare ad agire. L’idea sostanzialmente è di aspettare che gli italiani si accorgano dei canoni irrisori pagati dai privati allo stato.

 A mettere fine allo scandalo di una maggioranza degli imprenditori delle spiagge che paga pezzi di suolo pubblico per un canone inferiore a 2500 euro e con concessioni prorogate fino al 2033, in totale contrasto col diritto europeo, intanto potrebbe arrivare prima il consiglio di stato. E intanto il consenso per il mancato provvedimento il governo lo ha ottenuto da Assobalneari e Confartigianato, ma anche da un certo numero di parlamentari eletti con Forza Italia, Lega, e anche col Partito democratico. 

Le authority

I compromessi con la politica però non superano certi limiti. E basterebbe leggere l’ultimo passaggio del disegno di legge, quello dedicato alle authority indipendenti, per accorgersene.

Dopo anni di progressivo decadimento della professionalità dei componenti delle autorità indipendenti che dovrebbero vigilare su alcuni dei più importanti settori del paese, dai trasporti alle comunicazioni, la nuova legge sulla concorrenza impone una svolta profonda al metodo di selezione dei candidati. 

L’articolo 32 del disegno di legge, infatti, prevede l’istituzione di un comitato tecnico per la selezione dei candidati, per ognuna delle autorità indipendenti, di Antitrust, Consob, Autorità di regolazione dei trasporti, Autorità di regolazione per l’energia, Agcom, Garante per la protezione dei dati, Autorità anti corruzione, Commissione di vigilanza sui fondi pensione e Commissione di garanzia sulla legge sullo sciopero.

Ogni comitato deve essere composto da cinque membri «scelti tra personalità di indiscussa indipendenza e di chiara fama internazionale nei settori di rispettiva competenza». Ognuno di questi comitati deve poi proporre a chi nomina i componenti delle autorità indipendenti, una rosa di almeno quattro candidati, per ogni poltrona da occupare.

Con questo sistema barocco che non va a cambiare i requisiti dei membri delle autorità, ma i loro selezionatori, si cerca di prendere distanza dalle influenze della politica e riportare competenza almeno a livello dei controllori.

Non potrà più succedere che un Ignazio La Russa si candidi all’Agcom, come è successo anche come provocazione l’ultima volta. Né che possa essere nominato un vicesegretario della Camera, come Giacomo Lasorella, sempre nell’autorità delle comunicazioni, la più esposta alla politica. 

Talmente forte è la distanza dal sistema attuale che nella legge è specificato che gli attuali componenti delle autorità possono terminare il mandato.

Come se non bastasse, non sono più permessi ritardi: le liste dei candidati devono arrivare con «congruo anticipo», si legge, almeno tre mesi prima della scadenza delle posizioni da sostituire. 

I ritardi di Camera e Senato

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Il richiamo qui è ancora più chiaro. L’Antitrust tramite questa legge sulla concorrenza ottiene più poteri, ha più margine di manovra sulle concentrazioni di imprese e anche sui meccanismi di dipendenza economica messi in piedi dalle piattaforme digitali. 

Intanto, però, l’autorità attende da sei mesi la nomina di un commissario e siccome, al contrario di quanto è successo per la Consob, il collegio dei commissari dell’Antitrust è rimasto in versione ridotta, cioè limitato a tre persone, significa che la più importante autorità per la concorrenza italiana è oggi guidata da due soli commissari.

La nomina spetta alla presidenza di Camera e Senato, quindi a Roberto Fico e Elisabetta Casellati, ma non arriva, il governo sui balneari a pazienza, ma sull’architettura del sistema no.

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