Il concordato preventivo biennale frutterà alle casse dello Stato circa 1,3 miliardi di euro, una somma molto inferiore rispetto alle previsioni accreditate dalla maggioranza di governo che sperava di incassare almeno 2,5 miliardi di euro, da una delle misure bandiera della riforma fiscale varata dal centrodestra . L’esecutivo però canta vittoria, e la racconta diversamente dipingendo un quadro positivo pur di mantenere la propaganda sulla manovra: «Stiamo ancora elaborando le adesioni che si sono chiuse il 31 ottobre scorso», ha detto al Sole 24Ore il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, e «stando ai primi carotaggi l’incasso attuale si attesta a più di 1,3 miliardi di euro». Aggiungendo che sono 160mila le partite Iva che sono passate da un voto di inaffidabilità totale o quasi al fisco e che accettando la proposta «possiamo ritenere soggetti fiscalmente più che affidabili».

Se il governo esulta, gli evasori fiscali brindano perché graziati ulteriormente da un esecutivo in affanno che per finanziare una legge di bilancio priva delle risorse necessarie si inginocchia a raccogliere le briciole del tanto osannato concordato. Cioè del patto con il fisco per pagare le tasse, per un biennio, non sui guadagni effettivi realizzati bensì sulla base di un accordo tra il contribuente e l’agenzia delle entrate. Si tratta della misura centrale della riforma fiscale e in sostanza di un compromesso al ribasso a favore di chi non è in regola con le tasse. Un autogol per lo Stato, con il governo che in questo modo strizza l’occhio ai contribuenti che non fanno la loro parte.

Al momento, scrive il giornale di Confindustria, stando ai dati sulle prime elaborazioni anticipate da Leo, 500 mila partite Iva hanno complessivamente già detto sì alla pace fiscale. «Nella sola platea dei soggetti Isa (le pagelle fiscali) le adesioni hanno superato il 15 percento del totale della platea (circa 405mila su 2,7 milioni)». Il 15 per cento del totale è un numero che parla da sé ed è la rappresentazione plastica di un fallimento, così l’1,3 miliardi di incassi visto che il costo del condono abbinato al concordato è di quasi un miliardo, stanziato in buona parte attingendo al fondo per l’attuazione della riforma fiscale.

Con l’ok al «ravvedimento operoso», introdotto dalla conversione in legge del Dl Omnibus, i contribuenti che entro il 31 ottobre hanno aderito al concordato, pagando aliquote bassissime, potranno sanare le tasse evase dal 2018 al 2022 a condizioni particolarmente vantaggiose, peraltro senza interessi e sanzioni. Un incentivo arrivato nell’ultimo mese utile prima della scadenza di fine ottobre per rendere più conveniente e assecondare il patto con l’agenzia delle entrate.

Si tratta del versamento di un’imposta sostitutiva dell’Irap e delle Imposte sui redditi in base all’affidabilità fiscale dei contribuenti. Per cui la base imponibile viene determinata dalla differenza tra il reddito originariamente dichiarato e lo stesso reddito aumentato di una percentuale che varia in funzione del punteggio degli indicatori sintetici di affidabilità (Isa).

Da metà ottobre nel cassetto fiscale delle partite iva è disponibile la precompilata per la sanatoria, cioè le somme richieste per sanare i conti con il fisco per gli anni 2018-2022, come previsto dal correttivo introdotto in parlamento nella conversione del Dl Omnibus.

Un’opportunità per chi percepisce un reddito effettivo più alto rispetto al reddito concordato su cui andrà a pagare le tasse e che potrebbe attirare altri contribuenti non in regola che in questo periodo dell’anno hanno i numeri per prevedere le entrate su cui calcolare le tasse, da pagare o evadere.

Il governo lo sa e accelera sulla riapertura del concordato. Sul tavolo del Consiglio dei ministri, scrive il Sole 24 Ore, è in arrivo un decreto legge per consentire di aderire concordato fino al prossimo 10 dicembre.

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