La crisi politica ha ridotto di molto il divario tra i nostri Btp e i corrispondenti bond d’Oltralpe. La crescita del debito pubblico preoccupa gli investitori. L’effetto del taglio dei tassi della Bce
«Roma batte Parigi» è uno slogan che di questi tempi va molto di moda tra gli operatori finanziari e nei palazzi della politica. La partita è in pieno svolgimento, ma di sicuro i guai dell’economia francese, esasperati dall’instabilità politica degli ultimi mesi, hanno reso incerto un confronto che solo un anno fa vedeva in vantaggio la Francia con largo margine. Adesso invece i numeri giocano a favore dell’Italia e nel breve termine sembra improbabile una rimonta dei nostri cugini d’Oltralpe.
Per descrivere la situazione basta dare un’occhiata all’andamento dello spread, indice affidabile dell’umore dei mercati. E così, quotazioni alla mano, si scopre che, una volta tanto, il nostro Btp raccoglie maggiori consensi rispetto all’omologo titolo di Parigi, l’Oat.
Giovedì 5 il differenziale di rendimento tra il Btp decennale e il Bund tedesco di pari durata è sceso sotto quota 110 punti, il livello più basso da almeno tre anni a questa parte. Il bond francese invece ha ripiegato solo in serata a 78 punti dopo aver galleggiato a lungo intorno a 81, numeri mai visti dai tempi della tempesta finanziaria di una dozzina di anni fa. La situazione è precipitata negli ultimi sei mesi. A giugno lo spread di Parigi era ancora inferiore a 50 punti, poi la crisi politica aperta dal presidente Emmanuel Macron ha fatto crollare la fiducia degli investitori e la situazione è peggiorata ancora in questi giorni, quando il governo di Parigi è finito in un vicolo cieco con il rischio, che ormai è una certezza, che la manovra per il 2025 non venga approvata in tempo utile.
Borsa giù
La corsa a vendere i titoli targati Francia ha colpito anche le azioni. L’indice della Borsa transalpina ha fatto segnare il risultato peggiore dall’inizio dell’anno tra tutti i principali listini europei: meno 2,8 per cento contro il rialzo del 14 per cento di Milano, mentre Madrid è salita del 20 per cento e Francoforte del 21 per cento.
Va detto che i titoli di stato italiani sono ancora percepiti come più rischiosi di quelli francesi e infatti il rendimento dei Btp decennali, 3,18 per cento, resta superiore a quello dell’Oat, pari a 2,88 per cento.
Il divario però continua a diminuire e da mesi ormai Roma supera Parigi nel gradimento degli investitori, che guardano con crescente preoccupazione ai numeri della finanza pubblica di un paese in preda a una crisi politica di cui non si riesce a intravedere la fine.
Il rapporto Ocse pubblicato martedì segnala che a fine 2024 il deficit francese in rapporto al Pil supererà il 6 per cento (6,1 per la precisione) contro il 5,5 per cento del 2023 e il 4,7 per cento del 2022. In Italia, invece, il disavanzo è previsto in calo al 3,5 per cento dal 7,2 per cento dell’anno scorso. Roma perde il confronto sul debito pubblico che viaggia intorno al 140 per cento del Pil, ma in Francia la situazione sta rapidamente peggiorando e la soglia del 120 per cento è sempre più vicina.
Tagli e tasse
Su questi numeri ha puntato il primo ministro dimissionario Michel Barnier nel tentativo disperato di salvare un governo che ha presentato una manovra per il 2025 che a suon di tagli e nuove tasse con cui puntava a riportare il deficit verso il 5 per cento. Dopo il voto di sfiducia di mercoledì l’incertezza è massima.
C’è anche lo spettro dello shutdown, cioè l’impossibilità di pagare stipendi e sussidi in assenza di una legge di Bilancio approvata. Questa eventualità dovrebbe in realtà venire scongiurata grazie a un accordo in parlamento per dare il via a una sorta di esercizio provvisorio che consenta di proseguire anche l’anno prossimo sugli stessi binari del 2024 in attesa che venga approvato il nuovo budget da un nuovo governo nel pieno dei suoi poteri.
Il problema è che al momento non si vede quando potrà davvero insediarsi una nuova maggioranza in grado di metter mano ai dossier dell’economia. Senza contare che i mercati guardano con scarsa fiducia, per usare un eufemismo, alle ricette della destra lepenista come a quelle della sinistra estrema, che avrebbero come primo effetto un ulteriore aumento di deficit e debito.
Speranza Bce
La tensione, quindi, resta molto alta e c’è il rischio di nuovi scossoni per i titoli di stato. A fine ottobre l’agenzia di rating Moody’s ha rivisto da stabile a negativo l’outlook per il debito francese e l’inasprirsi della crisi potrebbe giustificare una nuova revisione al ribasso con effetti pesanti sulle quotazioni dei titoli di stato.
Al momento le uniche notizie positive arrivano dalle previsioni sulla crescita economica, che secondo l’Ocse dovrebbe toccare l’1 per cento quest’anno per poi calare leggermente allo 0,9 per cento nel 2025.
Dati migliori rispetto a quelli dell’Italia che nel 2024, secondo l’Ocse e anche secondo l’Istat, non andrà oltre un aumento del Pil dello 0,5 per cento, per arrivare allo 0,9 per cento nel 2025. Per non parlare della Germania, che si trova in recessione. Come dire che le tre maggiori economie d’Europa hanno i motori quasi spenti.
Una spinta per la ripresa arriverà la prossima settimana dalla Bce che a meno di clamorose sorprese dovrebbe tagliare i tassi d’interesse di almeno un quarto di punto. Il problema è che potrebbe non bastare.
© Riproduzione riservata