- Dopo che Putin ha chiesto che il metano russo venga pagato in rubli, la presidente della commissione Ursula von der Leyen ha risposto al ricatto dicendo che «discuterà con il presidente Biden su come dare priorità alle consegne di Gnl dagli Stati Uniti». Venerdi verrà dato l’annuncio.
- A quanto riporta il Financial Times per ora si tratterebbe di una dose aggiuntiva di 15 miliardi di metri cubi all’anno, praticamente meno di un decimo di quello che ci servirebbe per liberarci dalla dipendenza da Mosca.
- Draghi ha detto che potremo puntare su Stati Uniti e Canada e ha lanciato una frase che apre a ogni possibilità dopo la richiesta di pagamenti in rubli: «La consideriamo una violazione dei contratti già stipulati con la Russia».
L’Unione europea si prepara a rispondere al ricatto del metano via tubo di Vladimir Putin incrementando le importazioni via nave dal resto del mondo. Gli Stati Uniti sono pronti a dare una mano, ma prima di arrivare a quantitativi sufficienti all’indipendenza europea da Mosca ci vorrà del tempo visto che a quanto riporta il Financial Times per ora si tratterebbe di 15 miliardi di metri cubi all’anno, praticamente meno di un decimo di quello che ci servirebbe per liberarci dalla dipendenza da Mosca.
L’annuncio
Dopo che Putin ha chiesto che il metano russo venga pagato in rubli, la presidente della commissione Ursula von der Leyen ha risposto al ricatto dicendo che «discuterà con il presidente Biden su come dare priorità alle consegne di Gnl dagli Stati Uniti all'Unione europea nei prossimi mesi», e ha aggiunto che «puntiamo ad avere un impegno per forniture aggiuntive per i prossimi due inverni».
Venerdì mattina ci sarà una colazione tra il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e la presidente della commissione Ursula von Der Leyen, sono attesi annunci che secondo il Whashington Post cambieranno le direzioni dei flussi energetici.
A dare qualche dettaglio in più ci ha pensato Jake Sullivan, il consigliere per la sicurezza americana, parlando con giornalisti a bordo dell'Air Force One, il velivolo presidenziale: «Gli Usa valuteranno i modi per aumentare le forniture di gas naturale liquefatto all'Europa nelle prossime settimane», ma ha poi aggiunto: «Non solo nel corso degli anni, ma anche nel corso dei mesi», e «naturalmente, tale importo aumenterà nel tempo», una promessa che ha fatto presagire che nel breve periodo i volumi non saranno così ingenti e ieri è arrivata una prima conferma da parte del quotidiano economico britannico, una manciata di miliardi di metri cubi.
I primi esportatori
Gli Stati Uniti lavorano sulle loro esportazioni di metano da tempo, e nel 2022 sono pronti a diventare i primi esportatori di gas naturale liquido al mondo. Come ha raccontato un approfondimento di Reuters dello scorso dicembre, la Us Energy Information Administration prevede che le esportazioni di Gnl degli Stati Uniti raggiungeranno 11,5 miliardi di piedi cubi al giorno (bcfd) nel 2022. Ciò rappresenterebbe circa il 22 per cento della domanda mondiale prevista di Gnl di 53,3 piedi cubi il prossimo anno, in questo modo secondo gli analisti di Goldman Sachs, supererebbe sia l'Australia che il Qatar, attualmente i due maggiori esportatori.
Secondo le analisi, in questo modo gli Stati uniti sono destinati a diventare il più grande esportatore di Gnl fino al 2025 circa, quando il Qatar potrebbe riconquistare il comando, ma se alcuni sviluppatori statunitensi iniziano a costruire nuovi impianti di esportazione di Gnl, gli Stati Uniti potrebbero non rinunciare alla corona, soprattutto se incrementeranno la loro presenza sullo scenario internazionale.
Liquefattori e rigassificatori
L’aumento dell’import e delle esportazioni tuttavia non è una partita scontata, si gioca su contratti e infrastrutture. Se da una parte gli Stati Uniti sono ben disposti, adesso bisognerà capire di quanti miliardi di metri cubi si parla. La Russia nel 2021 ha coperto il 45 per cento delle delle importazioni totali dell’Ue nel 2021, in crescita, vendendo all’Europa 155 miliardi di metri cubi di metano. Gli Stati uniti invece hanno offerto il 6,6 per cento delle forniture.
Bisognerà verificare inoltre quale sia la reale capacità di incrementare in breve tempo l’esportazione degli Stati uniti.
Sempre Reuters alla vigilia dell’invasione da parte della Russia dell’Ucraina ha obiettato che potrebbero servire nuovi liquefattori dall’altra parte dell’Atlantico, ma la costruzione di nuovi impianti di liquefazione del gas richiede generalmente dai due ai quattro anni e al momento c'è solo un impianto in costruzione negli Stati Uniti che potrebbe aggiungere più capacità di liquefazione quest'anno.
A questo si aggiunge che molti dei contratti americani già stipulati provengono da acquirenti cinesi. Già nel 2021, infatti, spiega sempre Reuters, la maggior parte delle esportazioni di Gnl degli Stati Uniti è andata in Asia: circa il 13 per cento in Corea del Sud, il 13 per cento in Cina e il 10 per cento in Giappone.
Finora inoltre non si è discusso di un altro elemento fondamentale: la variabile prezzo in un mercato che vede il metano in fibrillazione. Quanto costerà il metano americano?
La posizione dell’Italia
Attualmente l’Italia si è dimostrata scettica sulla possibilità di aumentare l’import dagli Stati Uniti, nonostante il presidente del consiglio Mario Draghi abbia citato sin da subito questa possibilità. Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, durante l’audizione dello scorso martedì, annunciando l’ipotesi di acquisto di un nuovo rigassificatore galleggiante e il noleggio di un altro per accogliere nuove navi metaniere, ha citato diversi paesi in valutazione: Qatar, Algeria, Angola e Congo. Per il momento restiamo legati alla Russia sia per l’esigenza di sopperire ai consumi che per i contratti già stipulati. Anche se ieri Draghi ha detto che potremo puntare su Stati Uniti e Canada e ha lanciato una frase che apre a ogni possibilità dopo la richiesta di pagamenti in rubli: «La consideriamo una violazione dei contratti già stipulati».
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