Dopo tanta resistenza, alla fine è arrivata la classica offerta che non si può rifiutare. E così Google ha ufficializzato l’acquisizione di Wiz, una delle startup più promettenti per la cybersicurezza. È la fine, con un ultimo colpo di scena, di una vicenda che ha tenuto banco negli ultimi mesi nel mondo della tecnologia e degli affari. Ma la notizia non è solo questa: è importante sottolineare la cifra record di 32 miliardi di dollari messa sul piatto per chiudere il discorso una volta per tutte. Stiamo parlando della più grande acquisizione nella storia di Google.

Wiz entrerà dunque a far parte della divisione cloud della società, migliorandone la sicurezza. La scorsa estate Google aveva già tentato lo stesso affare, proponendo 23 miliardi di dollari. Per inciso, già allora sarebbe stata la cifra più grossa mai spesa dall’azienda per un’acquisizione. Assaf Rappaport – fondatore di Wiz e uno dei più ammirati guru del settore – aveva però rifiutato, spiegando che la sua startup ce l’avrebbe fatta da sola, iniziando il percorso per quotarsi a Wall Street.

La notizia a Wall Street

E in effetti questa notizia si può collegare anche ad altre che riguardano l’andamento dell’economia americana in questi giorni: per esempio, il fatto che i titoli tecnologici stiano vivendo qualche sussulto in questo periodo, accompagnando al ribasso lo S&P 500, l’indice azionario che misura la performance delle 500 maggiori società statunitensi per capitalizzazione di mercato.

L’incertezza tra gli investitori deriva ovviamente dalle preoccupazioni che riguardano le politiche commerciali e tariffarie dell’amministrazione Trump, oltre ovviamente le questioni geopolitiche. Il mercato non sembra aver accolto con troppo entusiasmo questo investimento fatto da Alphabet (la holding che possiede Google), con le azioni che hanno segnato un ribasso dello 0,7 per cento.

Ma se si allarga lo sguardo, l’affare è interessante perché spiega il rilievo delle società che si occupano di cybersicurezza. Per ovvi motivi, si parla molto più spesso di intelligenza artificiale o di chip. Eppure, da qualche tempo ci sono piccole aziende, spesso fondate da ex militari israeliani, che sembra abbiano trovato la strada per El Dorado.

Il potere di Google

C’è però un problema: ancora una volta, questa vicenda dimostra l’immenso potere di Google, capace di spazzare via anche la più strenua resistenza, armandosi con quantità enormi di denaro.

Proprio questo potere – che caratterizza tutte le grandi della tecnologia – è da tempo nel mirino della Federal Trade Commission, l’antitrust americana. Fonti interne a Google, riportate dal Wall Street Journal già la scorsa estate, indicano il timore che anche questa operazione possa indispettire l’ente regolatore.

Anche perché, nonostante il cambio alla Casa bianca, la guerra al potere dei colossi della tecnologia al momento non sembra che si sia fermata.

Chi ci guadagna

Intanto è però probabile che diverse bottiglie siano state stappate in questi giorni in vari uffici della Silicon Valley. Anche se ancora non si conoscono i dettagli dell’affare, si può già supporre che non arricchirà soltanto Rappaport e i suoi più stretti sodali. A trarne vantaggio saranno appunto gli investitori che hanno saputo intuire il potenziale di Wiz con grande anticipo.

Ovvero, le grandi società di venture capital, come Index Ventures, Sequoia Capital, Insight Partners, Greenoaks Capital Partners, Andreessen Horowitz e Thrive Capital, che hanno tutte investito nella start up israeliana. Se l’accordo con Google andrà in porto come sembra, si porteranno a casa grossi profitti. In alcuni casi miliardari.

Alcune di queste società sono anche fra le maggiori finanziatrici di Donald Trump.

Cosa fa Wiz

Assaf Rappaport ha commentato la notizia nel suo blog: «Abbiamo raggiunto un'altra pietra miliare nel nostro viaggio: abbiamo firmato un accordo per essere acquisiti da Google. L'accordo è soggetto alla revisione dell’ente di controllo e Wiz entrerà a far parte di Google Cloud dopo la chiusura».

«Cinque anni fa», ha scritto sempre Prappaport, «i miei colleghi co-fondatori e io abbiamo deciso di creare qualcosa che i team di sicurezza e sviluppo avrebbero amato. Ci siamo imbarcati in una missione importante: aiutare ogni organizzazione a proteggere tutto ciò che costruisce e gestisce nel cloud, qualsiasi cloud. Il nostro viaggio per creare una piattaforma che sia amata sia dai team di sicurezza che da quelli di sviluppo è stato plasmato dall’ascolto dei nostri clienti. Le loro sfide ci ispirano a sviluppare soluzioni innovative per la sicurezza informatica e loro si affidano a noi per supportare il loro viaggio nel cloud. Ogni giorno, ci impegniamo per guadagnare e mantenere quella fiducia».

Assaf Rappaport è nato a Tel Aviv, oggi ha 40 anni e nel ritratto che ne fa il Wall Street Journal assomiglia al tipico stereotipo del grande imprenditore digitale, carismatico ma un po’ nerd. Veste in modo informale, indossa sempre una felpa col cappuccio, pantaloni della tuta e scarpe da ginnastica. Con la differenza che un tempo erano Converse da meno di 100 dollari e ora sono scarpe italiane di lusso Golden Goose, che valgono in media intorno ai 500 dollari. Al lavoro va spesso con Mika, il suo border collie, e incoraggia i suoi dipendenti a portare il cane in ufficio.

L’idea che ha portato alla nascita di Wiz è semplice: sempre più aziende stanno spostando i loro dati e le loro applicazioni nel cloud, abbandonando i data center e i server locali. Questo processo, che permette di aumentare l’efficienza e di trovare soluzioni tecnologiche innovative con investimenti minori, si accompagna però a una preoccupazione maggiore per quanto riguarda la sicurezza.

Semplificando molto, Wiz è dunque una sorta di sentinella che permette di identificare immediatamente qualsiasi minaccia alla sicurezza nel cloud, gestendo tutte le vulnerabilità attraverso un’unica piattaforma. Oggi, prendendo l’elenco di Fortune 100 (la lista delle più importanti aziende americane sulla base del loro fatturato), il 40 per cento di loro utilizza Wiz per garantire la sicurezza dei propri sistemi cloud.

Con questa mossa, Google non solo rafforza la sua posizione nel cloud, ma apre un nuovo capitolo nella sfida tra big tech e regolatori globali. Resta da vedere chi vincerà.

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