- Il consiglio dei ministri ha approvato la proroga della riduzione delle accise su tutti i carburanti fino al 18 novembre.
- Secondo una analisi dell’ufficio parlamentare di bilancio dividendo i redditi in dieci fasce, gli interventi sui carburanti vanno a beneficio maggiore dei dell’ultimo decile, quello dei più ricchi, rispetto al primo, quello delle famiglie che spendono meno.
- Stando a quello studio, dimezzando lo sconto e spostando le risorse in bonus saciali, la fascia di popolazione più povera sarebbe completamente tutelata dai rialzi dei prezzi.
Ieri il consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge per il taglio delle accise e dell’Iva sui carburanti fino al 18 novembre. Viene estesa quindi la riduzione delle aliquote di accisa su tutti i prodotti energetici utilizzati come carburanti, benzina, gasolio, Gpl, mentre continua l’esenzione totale dall’accisa e la riduzione dell’aliquota Iva al 5 per cento per il gas naturale usato per l’autotrazione.
Lo sconto sulle accise è stato per la prima volta introdotto in primavera: il primo mese la misura era costata circa 300 milioni, poi coi rincari dell’energia, si era arrivati a un costo di circa 500 milioni di euro al mese.
Ad esclusione delle misure per l’autotrazione che sono destinate a un comparto specifico, lo sconto ovviamente non fa differenza tra chi può permettersi di pagare di più il carburante e chi no.
L’ufficio parlamentare di bilancio ha analizzato gli effetti sui diversi decili di reddito degli aiuti messi a punto dal governo per affrontare la crisi energetica.
Taglio dell’accisa: il 2,6 per cento ai più ricchi
Gli interventi sono sostanzialmente di due tipi: da una parte misure generalizzate contro il rincaro dei prezzi come appunto il taglio delle accise e dall’altra misure di aiuto mirtate ai redditi più bassi.
Secondo l’analisi il 10,4 per cento delle risorse “liberate” dalle misure generalizzate contro i rincari va a favore dei redditi più alti, che sono anche quelli che hanno un livello maggiore di consumi energetici. Del taglio dell’accisa, la fascia dei redditi più alti, il decimo decile, ne beneficia per una quota pari al 2,6 per cento, mentre i più bassi, il primo decile, appena per lo 0,4 per cento.
Lo stesso fenomeno, dice l’Upb, riguarda anche la riduzione degli oneri di sistema su elettricità e gas e il taglio dell’Iva sul gas, ma in misura minore.
Inflazione sterilizzata solo a fine maggio
Fra giugno 2021 e maggio 2022, gli interventi del governo a favore delle fasce più deboli della popolazione sono stati molto efficaci, riuscendo praticamente a sterilizzare l’inflazione, ma non sono stati al pazzo dei rincari quando la crisi è diventata più acuta, cioè da maggio in poi. Ora sempre secondo lo studio dell’Upb gli aumenti di elettricità e di gas hanno superato il livello dei bonus, la decontribuzione e la rivalutazione delle pensioni, e sul primo decile, i più poveri, la spesa è aumentata dell’1,3 per cento.
Con le stesse risorse spese oggi, il governo potrebbe aumentare il sostegno «se si riducesse di circa il 50 per cento lo sconto sulle accise sui carburanti e si utilizzassero le risorse così liberate per trasferimenti compensativi, l’aggravio di spesa a carico del primo decile si ridurrebbe di 0,6, 0,9 o 1,3 punti, a seconda che la compensazione monetaria fosse erogata con modalità analoghe al bonus 200 euro, al bonus 150 euro o ai nuovi bonus sociali».
Quindi dimezzando la riduzione dell’accisa e potenziando i bonus sociali energetici le famiglie del primo decile sarebbero completamente tutelate.
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