Biden ha annunciato nuove misure per frenare l’import negli Stati Uniti di merci provenienti dalla Cina. La mossa del presidente alla ricerca di voti in Pennsylvania, storica roccaforte industriale
Dazi più alti sull’acciaio e sull’alluminio cinesi, accompagnati da nuove norme per stroncare le “pratiche sleali” di Pechino. In visita elettorale in Pennsylvania, roccaforte dell’industria pesante americana, Joe Biden punta a conquistare il voto operaio e promette di alzare barriere ancora più alte per proteggere il made in Usa.
La svolta del presidente e candidato democratico è stata annunciata da un comunicato diffuso ieri poche ore prima dell’incontro a Pittsburgh con i vertici dello United Steelworker (Usw), il potente sindacato dei lavoratori dell’acciaio. Biden vuole confermare il successo di quattro anni fa Pennsylvania, uno Stato in bilico tra i due contendenti, e la mobilitazione delle fabbriche può rivelarsi decisiva in una contesa che si giocherà sul filo di poche migliaia di voti.
Agenda elettorale
La nuova mossa protezionista di Washington segue di qualche settimana la notizia che l’amministrazione Usa intende bloccare l’offerta di Nippon Steel per l’acquisto di Us Steel, il più grande produttore statunitense di acciaio che proprio a Pittsburgh ha il suo quartier generale. Segnale chiaro che la carta del protezionismo, della difesa a tutti i costi dell’industria americana minacciata dall’invasione straniera, resta in cima all’agenda elettorale di Biden. In concreto, la nuova manovra in chiave anticinese, affidata a Katherine Tai, rappresentante per il Commercio nel governo Usa, prevede che i dazi su acciaio e alluminio aumentino di oltre tre volte, passando dal 7,5 al 25 per cento.
Il giro di vite prevede anche che vengano rafforzate le misure per impedire l’aggiramento dei dazi. Capita infatti sempre più di frequente che le merci cinesi arrivino sul suolo americano dopo aver fatto tappa in un altro stato, per esempio il Messico.
La lista dei prodotti nel mirino di Washington potrebbe presto allungarsi. Restrizioni sono attese anche per altri prodotti su cui l’industria cinese è in grado di sfruttare ampi vantaggi competitivi. Si va dalle auto elettriche, alle batterie, ai pannelli solari. Di recente i sindacati Usa hanno chiesto un intervento del governo anche per proteggere i cantieri navali americani, messi fuori gioco dalla concorrenza della concorrenza asiatica.
La strategia Usa
Le statistiche segnalano che nel primo trimestre 2024 l’export di Pechino è aumentato del 14 per cento rispetto a un anno prima e il fiume di merci che invade i mercati americano ed europeo preoccupa sempre di più i vertici politici sulle due sponde dell’Atlantico. La macchina produttiva cinese viaggia a un ritmo molto superiore alle capacità di assorbimento del mercato interno ed è così in grado di alimentare il flusso crescente di esportazioni. Di questi temi ha discusso due settimane fa la segretaria al Commercio americana Janet Yellen in visita ufficiale in Cina. Una visita che non sembra aver allentato le tensioni con Pechino.
A pochi mesi dalle elezioni è facile prevedere che Biden non cambierà linea, neppure verso l’Unione europea, colpita dai colossali incentivi decisi da Washington per attirare negli Stati Uniti grandi aziende da tutto il mondo. L’ultima della serie è Samsung, il gigante dell’elettronica coreano che costruirà un impianto in Texas per produrre semiconduttori. L’investimento previsto è di 40 miliardi di dollari, finanziato per 6,4 miliardi da fondi pubblici americani.
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