- Le proteste contro il caro-casa di queste settimane non riguardano solo gli studenti di Milano, Roma, Bologna, ma un’intera generazione di giovani lavoratori e famiglie a cui è stato negato il diritto all’abitare nelle grandi città.
- La complessità dell’emergenza casa può essere affrontata solo attraverso azioni multilivello, coordinate tra comuni, regioni e governo, rimettendo al centro le politiche urbanistiche.
- La questione della casa ha fatto emergere in modo inequivocabile quanto la finanziarizzazione dei mercati immobiliari abbia inibito la capacità dei governi nazionali, regionali e locali, anche di sinistra, di pianificare politiche radicali e di lungo periodo.
Le proteste contro il caro-casa di queste settimane non riguardano solo gli studenti di Milano, Roma, Bologna, ma un’intera generazione di giovani lavoratori e famiglie a cui è stato negato il diritto all’abitare nelle grandi città, come già avvenuto a New York, San Francisco, Londra, Parigi, Berlino e altre metropoli nelle quali si sono polarizzate le disuguaglianze territoriali. Il fenomeno è dovuto ad una concatenazione di molteplici fattori che, da una parte, dipendono dalla capacità dei Comuni di rispondere alle dinamiche “espulsive” generate dei mercati immobiliari, ma, dall’altra, costituiscono l’esacerbazione di processi legati alla finanziarizzazione della rendita fondiaria, oggi non governati dal livello amministrativo comunale sia per carenza di volontà politica, sia per mancanza di potestà legislativa nel contro-bilanciare efficacemente i divari generati dagli investimenti finanziari su beni immobili, l’attrattività turistica o l’inflazione.
A questo si sovrappone la crescita generalizzata dei valori immobiliari del mondo attorno al +20 per cento, con picchi di +35-40 per cento nelle grandi città, nonostante i lievi ribassi generati dalle varie crisi economiche. La complessità dell’emergenza casa può essere affrontata solo attraverso azioni multilivello, coordinate tra comuni, regioni e governo, rimettendo al centro le politiche urbanistiche e la loro capacità di territorializzare l’intervento pubblico laddove il problema è amplificato. In particolare, oggi Milano è la terza città dell’Unione europea per costo dell’affitto dopo Amsterdam e Lisbona, ha almeno 15mila appartamenti destinati agli affitti brevi che limitano l’offerta di alloggi a prezzi bassi, a fronte di salari non in crescita, in linea con la media nazionale, specialmente nel settore pubblico (istruzione, sanità, trasporti) e, proprio per queste ragioni, il capoluogo lombardo può divenire un laboratorio nazionale per sperimentare una strategia diffusa per la casa che raccordi la domanda abitativa della città con l’hinterland.
La questione della casa ha fatto emergere in modo inequivocabile quanto la finanziarizzazione dei mercati immobiliari abbia inibito la capacità dei governi nazionali, regionali e locali, anche di sinistra, di pianificare politiche radicali e di lungo periodo che vedano lo Stato protagonista nella promozione di sviluppo urbano a prezzi calmierati, sia in termini di edilizia residenziale sociale (social housing) che di edilizia residenziale pubblica. La pandemia ha riacceso i riflettori sul ruolo dello stato in economia, quindi sulla necessità di rafforzare la macchina pubblica, anche nel settore immobiliare, che potrebbe potenzialmente indirizzare nuovi modelli di sviluppo urbano investendo nel patrimonio industriale dismesso, facendo leva su grandi società statali come Cassa Depositi e Prestiti, Agenzia del Demanio, Invimit, Arexpo. Tuttavia, la crisi abitativa si è talmente acuita che serve un’azione combinata di politiche urbane di breve e lungo periodo, sorrette da una nuova politica urbanistica plasmata sulla redistribuzione della ricchezza estratta dalla rendita fondiaria.
Questo impianto può essere portato avanti con successo solo se, insieme allo sviluppo tempestivo di nuove infrastrutture di mobilità e complessi residenziali in social housing si combinano politiche urbane più “leggere” per limitare il potere della rendita urbana, a partire da una soglia massima di giorni in cui una prima casa viene messa a reddito, limitando quindi gli affitti brevi.
© Riproduzione riservata