- I raggruppamenti Msc-Lufthansa e Air France-Certares si stanno facendo avanti per comprare Ita Airways e si trovano alle prese con una compagnia che in pochi mesi di vita ha subito una accelerata metamorfosi negativa
- La compagnia di Fiumicino perde 2 milioni di euro al giorno come la vecchia Alitalia, ma con una flotta ridotta alla metà, mentre ci sono spese per i leasing di 6 aerei A350 presi dalla compagnia cinese Hainan
- I nuovi jet non vengono più verniciati di azzurro come i primi entrati in flotta forse perché i dirigenti si sono resi conto che quella scelta cromatica rendeva l’aereo più pesante imponendo significativi sprechi di carburante
Come Alitalia, peggio di Alitalia, Ita Airways perde due milioni di euro al giorno. La vecchia compagnia di bandiera aveva una flotta di oltre 100 aerei e ogni volta che ognuno di essi si alzava in volo era un pianto da un punto di vista economico.
L’azienda che ha preso il suo posto dal 15 ottobre dell’anno passato riesce a ottenere lo stesso pessimo risultato con una flotta ridotta della metà. Che valore può avere una società del genere? I raggruppamenti di imprese Msc-Lufthansa da una parte e dall’altra Certares in attesa di Airfrance che si stanno facendo avanti con le loro offerte per comprarla, qualche tornaconto sicuramente dal loro punto di vista ce lo stanno trovando.
È altrettanto evidente che dall’altra parte, cioè dalla parte di chi vende, i due capi della compagnia, il presidente Alfredo Altavilla e l’amministratore Fabio Lazzerini, in rappresentanza dello stato italiano unico proprietario, hanno tutto l’interesse a piazzare al più presto il pacco perché dopo aver buttato nel calderone circa 700 milioni di euro pubblici, ora rimarrebbe difficile per chiunque, manager e politici, giustificare altre immissioni di denaro pubblico in un’azienda che non riesce a stare sul mercato senza stampelle. In mancanza di una vendita salvifica, al ritmo di 2 milioni di euro al giorno di perdite, in un autunno, a un anno data dalla partenza e finita la stagione estiva che è quella buona, il buco di Ita Airways sarebbe pari a quanto lo stato ha già impegnato per farla nascere e sopravvivere.
Sia agli occhi di chi compra sia di chi vende in ogni caso c’è una realtà nuova: Ita non è più la stessa di alcuni mesi fa, è invecchiata male e al galoppo. Le belle speranze d’autunno profuse con il dispiegamento di tanta propaganda e soprattutto con tanta pubblicità sui giornali, sono volate via. Quella che è rimasta è un’azienda che ha dimostrato di aver acquisito vulnerabilità perfino in quei settori dove Alitalia era una garanzia. Come la sicurezza, per esempio, considerando che negli ultimi tempi si sono ripetutamente verificati casi che hanno messo in evidenza un approccio approssimativo alla faccenda.
Metamorfosi negativa
Sono tanti altri gli elementi che fanno intuire attraverso quale metamorfosi negativa sia passata Ita Airways in pochi mesi di vita. Uno di questi, forse il più clamoroso e preoccupante da un punto di vista dei conti e dei bilanci, è la mancata adesione al fuel hedging, cioè la copertura assicurativa delle perdite nel caso di aumenti improvvisi e consistenti del carburante che è una delle voci di costo più consistenti per qualsiasi azienda aerea. Nonostante da mesi i segnali di possibili rincari siano più che evidenti, Ita non si è riprotetta e c’è da supporre che questa clamorosa imprevidenza peserà sui conti e sia un prodroma di altre future perdite.
Nella storia di Alitalia si ricorda solo un precedente di mancata copertura degli imprevisti sul carburante e risale a una ventina di anni fa, alla stagione non memorabile di Giancarlo Cimoli. Anche Cimoli fece a meno dei fuel hedging esponendo anche allora la compagnia a un bagno di sangue. La sua ammissione di colpa, se così si può dire, fu sinceramente candida e disarmante: non avevamo soldi a sufficienza. Ita è invece partita con tanti soldi, un bel gruzzolo che si sta via via erodendo. Anche perché, nel frattempo la coppia di comando Altavilla-Lazzerini, ha dato la preminenza ad altre uscite di cui si fa fatica a capire la ratio, ma che contribuiscono ad appesantire i conti.
Leasing stellare
Una di queste spese riguarda l’ingresso in flotta di 6 Airbus A350, aerei grandi con una capienza di oltre 400 persone, progettati per il lungo raggio, presi dalla compagnia privata cinese Hainan. Per ognuno di essi Ita si è impegnata a pagare un canone di leasing che i tecnici del ramo considerano esorbitante: 850 mila dollari al mese. Il punto è che quei velivoli non sono configurati per i voli di lungo raggio per cui sono stati presi da Ita, la compagnia Hainan li utilizzava per il medio raggio e quindi con un tipo di allestimento assai diverso degli spazi interni. Per usare quei costosi jet in maniera appropriata sul lungo raggio sarebbe necessario riconfigurarli, cioè altri soldi, altre spese.
La novità rispetto al passato recente è che i nuovi aerei presi in leasing vengono lasciati bianchi, non vengono cioè più dipinti di quello squillante azzurro che secondo la propaganda di Ita doveva rimandare ai trionfi dei calciatori agli Europei vinti dell’estate 2021 e più in generale alle gesta sportive dell’Italia nelle varie discipline. Il cambio cromatico può avere due spiegazioni, una buona e una preoccupante. Quella buona è che l’accoppiata Altavilla-Lazzerini si sia resa finalmente conto che dipingere gli aerei con quell’azzurro carico significava appesantirli di almeno due o tre quintali imponendo consumi di carburante più elevati. La seconda spiegazione è che siano i lessor a chiedere che i jet non vengano dipinti a quel modo per evitare di dover spendere soldi per sverniciarli nel momento che si ritiene prossimo in cui quegli aerei saranno riconsegnati.
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