- Sessantatré pagine, tabelle e omissis: a distanza di oltre quattro mesi dalla sua redazione, è stata finalmente resa pubblica la lettera con cui l’Unione europea ha dato il suo assenso alla nascita di Ita Airways.
- Tra le condizioni poste per il via libera alla compagnia c’è il vincolo di entrare in un’ «alleanza globale», la seconda è un limite alle spese per la flotta.
- Quindi fin dall’inizio governo e dirigenza di Ita sapevano che la compagnia non doveva procedere da sola e nel frattempo hanno comunque fatto grandi acquisti.
Sessantatré pagine con diverse tabelle e anche diversi omissis: a distanza di oltre quattro mesi dalla sua redazione, è stata finalmente resa pubblica la lettera con cui l’Unione europea ha dato il suo assenso alla nascita di Ita Airways, la compagnia aerea statale che dal 15 ottobre ha preso il posto di Alitalia. In un primo momento l’Unione attraverso i suoi uffici aveva negato la pubblicazione del documento asserendo che in esso erano contenuti aspetti considerati segreti industriali e che quindi in collaborazione con le autorità italiane era in corso la stesura di un testo che potesse risultare divulgabile. La richiesta di pubblicazione era stata avanzata da un sindacato di base, la Cub guidata da Antonio Amoroso, e da un sindacato di piloti, Navaid.
Con la lettera la commissione dell’Unione europea ha sostanzialmente dato la possibilità allo stato di finanziare con 1 miliardo e 350 milioni di euro la partenza della compagnia a determinate condizioni preventivamente discusse e concordate con il governo italiano e tali da poter escludere che l’investimento possa configurarsi come un aiuto di stato che avrebbe alterato la concorrenza e quindi da sanzionare.
L’Ue ha concesso che la somma possa essere consegnata a Ita in tre tranche: 700 milioni di euro nel 2021, 400 nel 2022 e 250 nel 2023. Per la verità lo stato italiano avrebbe messo a disposizione della nuova compagnia 3 miliardi di euro e al momento non è chiaro se la parte restante possa essere stanziata senza ulteriori passaggi con la Commissione. Anche perché nel frattempo lo status di Ita potrebbe cambiare radicalmente trasformandosi da compagnia pubblica interamente posseduta dal ministero dell’Economia, a compagnia privata con una partecipazione di minoranza dello stato italiano.
Vendita in corso
Come è noto all’acquisto di Ita sono interessati due giganti del trasporto mondiale, Lufthansa e Msc dell’armatore italo-svizzero Gianluigi Aponte. Dopo l’annuncio da parte di Ita della manifestazione di interesse dei due colossi sono circolate indiscrezioni secondo cui Lufthansa e Msc insieme si vorrebbero assicurare il 60 per cento della neonata compagnia lasciando allo stato italiano il resto. Le trattative sono in corso, Lufthansa e Msc stanno mettendo il naso nei conti e nei documenti di Ita per rendersi conto dello stato in cui versa l’azienda per poter eventualmente effettuare una proposta di acquisto dettagliata entro 3 mesi.
Tra le condizioni poste dall’Europa per concedere il suo ok alla partenza di Ita ce ne sono due particolarmente significative che riguardano il piano aziendale. La prima è una sorta di preventiva messa sotto tutela della compagnia italiana, la seconda concerne la flotta. In sostanza la Commissione europea dà il suo assenso a patto che Ita «partecipi a un’alleanza globale e costruisca una partnership commerciale strategica con un attore europeo per stabilire una presenza più forte sia sui mercati a lungo raggio sia europei, con una graduale integrazione della rete a partire dal 2022».
In pratica fin da prima della partenza il governo italiano e i dirigenti di Ita, il presidente Alfredo Altavilla e l’amministratore Fabio Lazzerini, erano pienamente consapevoli che era stato stabilito che la compagnia non dovesse procedere da sola. Nonostante ciò si sono comportati come se questo vincolo non esistesse, lasciando intendere al contrario che l’azienda di Fiumicino potesse volare sicura con le proprie ali verso un futuro stracolmo di successi.
L’Europa, è vero, dava l’indicazione di dotare Ita di una stampella attraverso una «partnership commerciale strategica» che è una cosa diversa dalla vendita. Ma la vendita è diventata nel frattempo una necessità perché i manager di Fiumicino nel giro di nemmeno cento giorni sono passati dall’ostentazione di un’euforia propagandistica a un più prudente realismo fondato sulla consapevolezza che la nuova compagnia si stava candidando a subire un bagno di sangue via l’altro.
Alla luce di quel che sta succedendo appaiono abbastanza sorprendenti i fiumi di parole spesi dai manager di Ita intorno al piano industriale in preparazione perché è del tutto ovvio che il piano lo fa non chi vende, ma chi compra sulla base della proprie strategie.
Nuova flotta
Visto da questa angolazione risulta abbastanza sorprendente anche ciò che sta succedendo con la flotta. Nella sua lettera l’Unione europea scrive testualmente: «Ita comincerà a operare il 15 ottobre 2021 con 52 aeromobili di vecchia generazione noleggiati da Alitalia». Altavilla e Lazzerini hanno però fatto altro nel frattempo puntando molto in alto con i soldi ricevuti dallo stato: hanno deciso di rinnovare la flotta, cioè di comprare aerei nuovi di zecca. Ne hanno presi la bellezza di 28: sette A220/80, undici A320 Neo 120 e dieci A 330/230.
Quanto saranno pagati questi aerei? Una cifra ufficiale non è mai stata resa nota, sono state fatte trapelare solo indiscrezioni e le cifre circolate risultano abbastanza sorprendenti. Secondo i prezzi di listino quei jet costano 3 miliardi e 600 milioni di euro, mentre secondo le voci trapelate Ita avrebbe speso meno di 1 miliardo e mezzo di euro. Gli esperti del ramo assicurano che uno sconto di quell’entità non è concesso dalle case costruttrici neanche ai lessor, cioè le aziende che comprano aerei e poi li affittano a tutte le compagnie aeree del mondo. È vero che siamo in un momento particolare con il covid che stravolge le regole, ma un ribasso del genere non si giustifica. A meno che la realtà sia un’altra e la cifra spesa molto più alta di quella fatta circolare fino a oggi.
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