Con Quota 104 si andrà in pensione a 63 anni con 41 di contributi. Ape sociale e Opzione donna saranno accorpate in un unico fondo. A novembre scatterà la rivalutazione all’inflazione e le pensioni minime sfioreranno i 650 euro. Tutte le novità della manovra voluta dal governo, che tradisce le promesse e fa un bagno di realtà
Una stretta sul pensionamento anticipato e l’eliminazione di Ape sociale e Opzione donna a favore di un fondo per la flessibilità in uscita con requisiti più stringenti. Sono questi i punti cardine, per quanto riguarda il sistema pensionistico, previsti nella legge di Bilancio varata dal governo il 16 ottobre.
Non solo non saranno introdotte nuove forme di flessibilità in uscita, ma sarà dato un giro di vite a quelle esistenti rendendo più difficile l’accesso alla pensione prima dei 67 anni. A parlare di «pensionamento anticipato con forme rafforzate e restrittive rispetto al passato» è stato lo stesso ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.
La corsa della spesa pensionistica, i problemi di sostenibilità nel medio periodo (acuiti dall’inverno demografico) e la scarsità di risorse a disposizione del ddl Bilancio hanno indotto il Mef a rinunciare alla cancellazione della legge Fornero, voluta da Matteo Salvini. Ma anche a inasprire i requisiti per lasciare il lavoro prima dell’età di vecchiaia. Vediamo quindi nel dettaglio cosa c’è alla voce “pensioni” della prossima manovra.
Arriva Quota 104
Quota 103 “peggiora” ma non viene cancellata del tutto. Sarà ancora possibile lasciare il lavoro con 62 anni di età e 41 di contributi (la pensione anticipata flessibile introdotta lo scorso anno), ma si dovranno prevedere dei disincentivi che peseranno sull’assegno. Debutta invece Quota 104, che innalza il requisito anagrafico a 63 anni mantenendo stabile quello contributivo a 41.
Chi sceglierà quest’opzione avrà diritto a un premio, in linea con il “bonus Maroni”, che incentiva chi rimane al lavoro pur avendo maturato i requisiti pensionistici. Il confine tra Quota 103 e Quota 104 in manovra è labile, con il governo che preferisce parlare di «proroga con ritocco di Quota 103». «Non si tratta di una Quota 104 piena: c’è un meccanismo di incentivi a restare al lavoro e una penalizzazione per chi decide di lasciare prima», ha sottolineato Giorgetti.
Ape sociale e Opzione donna
Se nella scorsa legge di Bilancio l’Ape sociale era stata rinnovata così com’era, la prossima manovra prevede il suo accorpamento con Opzione donna: «Le due misure vengono superate e accorpate in un unico fondo per la flessibilità in uscita», ha detto la premier Meloni.
Gli uomini caregiver, disoccupati, disabili e impegnati in lavori gravosi potranno andare in pensione a 63 anni con 36 di contributi, mentre per le donne la soglia è fissata a 35 anni. In ogni caso, secondo le stime dell’Osservatorio sulla previdenza di Cgil e fondazione Di Vittorio, nel 2023 saranno solo 25mila i lavoratori che ricorreranno a Quota 103, Ape sociale o Opzione donna.
Conguaglio a novembre
Il decreto legge varato dal Consiglio dei ministri prevede l’anticipo del conguaglio della perequazione dei trattamenti pensionistici: lo 0,8 per cento necessario per recuperare l’inflazione del 2022 sarà pagato, «in via eccezionale», il 1° novembre. Anche quest’anno sarà un conguaglio “a fasce”, come voluto da Meloni già nella scorsa manovra. Di conseguenza, sarà riconosciuto per intero solo alle pensioni fino a 4 volte la minima (2.100 euro al mese).
Sopra a questo tetto, il recupero non è più completo, ma scende all’aumentare dell’assegno: al 90 per cento per le pensioni tra 4 e 5 volte il minimo e sempre meno man mano che aumenta l’importo pensionistico. Anche il recupero dell'inflazione appare quindi in chiaroscuro, con una rivalutazione non piena per i trattamenti alti e benefici limitati per le pensioni vicine al minimo Inps.
Le pensioni minime
Il governo ha però detto di voler tutelare il più possibile i trattamenti bassi. La stessa Meloni, in conferenza stampa, ha annunciato che nel 2024 sarà confermata la “super rivalutazione” che già quest’anno ha consentito agli assegni minimi degli over 75 di raggiungere i 600 euro.
Dal prossimo gennaio è previsto un aumento fino a 650 euro mensili, mentre i trattamenti degli over 65 dovrebbero salire a 620 euro. È un piccolo successo per Forza Italia, che si è tanto spesa in questo senso, anche se è lontano l’obiettivo dei 1.000 euro inserito dagli azzurri nel programma elettorale.
Il documento presentato in Cdm
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