«Il livello di incertezza è eccezionalmente alto», ma «la nostra risposta ai recenti episodi inflattivi deve dare la fiducia che faremo sempre tutto ciò che è necessario (whatever is necessary) per assicurare la stabilità dei prezzi» e la nostra politica «può adattarsi alle nuove circostanze»: lo ha detto la presidente della Bce, Christine Lagarde, ricalcando il famoso whatever it takes di Mario Draghi, alla conferenza “The Ecb and Its Watchers”. I banchieri centrali, ha aggiunto, «dovranno mostrare agilità».

La frammentazione commerciale e l’aumento della spesa per la difesa «potrebbero spingere l’inflazione verso l’alto, ma i dazi statunitensi potrebbero anche ridurre la domanda di esportazioni dell’Ue e reindirizzare l’eccesso di capacità produttiva dalla Cina verso l’Europa, facendo diminuire l’inflazione», ha spiegato Lagarde, secondo cui la Bce sta considerando diversi scenari su dazi e spesa fiscale, ma «la direzione degli shock è molto più difficile da predire».

Un allarme isolato? Non proprio. «L’economia americana non può permettersi di infliggersi una ferita del genere in un momento in cui i rischi di recessione aumentano», ha criticato martedì l’economista ed ex ministro delle Finanze americano Larry Summers, in un’intervista alla Cnn. Summers ha detto che le possibilità di recessione degli Usa sono aumentate significativamente.

In questo contesto volatile la Banca centrale del Canada ha deciso di tagliare i tassi d’interesse di 25 punti base al 2,75 per cento. «Stiamo ora affrontando una nuova crisi», ha detto il governatore della Bank of Canada, Tiff Macklem, che ha scelto di sostenere la domanda interna e gli investimenti in un momento in cui l’export potrebbe rallentare.

Negli Usa frena l’inflazione

Cala più delle stime l’inflazione negli Stati Uniti a febbraio, e Wall Street ha subito aperto al rialzo. I dati diffusi dal governo saranno monitorati attentamente dai funzionari della Federal Reserve, preoccupati del potenziale impatto delle politiche del presidente Donald Trump sui prezzi al consumo.

Cosa è successo? Le spese per gli alloggi hanno rappresentato quasi la metà dell’aumento mensile e sono state parzialmente compensate da un calo del 4 per cento delle tariffe aeree e dell’1 per cento dei prezzi della benzina, ha dichiarato il Bureau of Labor Statistics.

Quindi non ci sono ancora gli effetti dei dazi. Per Goldman Sachs Assets management è probabile che la Fed rimanga ferma nella riunione di questo mese, ma la combinazione tra l’attenuazione delle pressioni inflazionistiche e l’aumento dei rischi al ribasso per la crescita suggerisce che la Fed si stia avvicinando a proseguire il suo ciclo di allentamento.

Economisti pessimisti

Incombono i dazi e il loro effetto sui prezzi: per questo gli economisti restano pessimisti per i prossimi mesi, anche se i mercati scontano tre tagli di un quarto di punto da giugno, e si prevede che la Fed manterrà i tassi invariati al 4,25-4,50 per cento. I prossimi passi invece rappresentano un punto interrogativo.

Secondo Ryan Sweet, capo economista statunitense di Oxford Economics, «è probabile che i dazi inizieranno a far aumentare i prezzi al consumo negli Stati Uniti nei prossimi mesi», ha detto. E di conseguenza, ha aggiunto, la banca centrale «rimarrà in disparte finché non ci sarà maggiore chiarezza su come la politica fiscale e le politiche sull’immigrazione dell’amministrazione Trump influenzeranno l’inflazione e l’economia».

Sale l’indice della paura

Nelle ultime settimane la volatilità del mercato è tornata ad aumentare, con il cosiddetto “indice della paura” Vix che ha attirato l’attenzione degli investitori. Ieri l’indice calcolato in base al prezzo di mercato delle opzioni sull’S&P 500 ha chiuso a 26,92 punti (vicino ai massimi dall’”esplosione” dello yen dello scorso agosto) riflettendo l’acuirsi dell’incertezza dovuta ai dazi di Trump e ai timori di recessione Usa.

Molti investitori potrebbero lasciare Wall Street per rifugiarsi in altre piazze finanziarie, Londra o Hong Kong, in attesa di capire le mosse della Casa Bianca.

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