Con l’alleanza italo-tedesca tra Leonardo e Rheinmetall è il business delle armi e non i profitti delle banche a far tacere gli interessi nazionali in un settore strategico nella partita con i giganti americani e cinesi.

La firma finale dell’accordo tra le due aziende è attesa per martedì 15 ottobre. A confermarlo è stato lunedì 14 l’amministratore delegato di Leonardo, Roberto Cingolani, a margine della International Astronautical Conference di Milano. «Domani lo vedrete, sì», ha risposto il Ceo a chi chiedeva aggiornamenti, confermando così la chiusura della trattativa con l’azienda tedesca.

Un’intesa che lo stesso Cingolani, lo scorso 3 luglio aveva detto di considerare «un contributo fondamentale verso la creazione di uno spazio della difesa europeo».

Una visione condivisa anche dal Ceo di Rheinmetall, Armin Papperger, che nella stessa occasione aveva affermato che le società intendono «aprire le porte a una nuova generazione di veicoli da combattimento all’avanguardia in e per l’Europa».

L’accordo fa seguito all’intesa siglata lo scorso luglio da Cingolani e Papperger per la creazione di una joint venture paritetica per la produzione e sviluppo di carri armati pesanti (Mbt) e veicoli blindati di fanteria (Aics) da fornire all’Esercito italiano, due commesse che, stando al Documento programmatico pluriennale della Difesa (Dpp), potrebbe valere oltre 20 miliardi di euro nell’arco di 15 anni.

Secondo il Dpp 2024-2026, il programma per l’acquisizione del nuovo veicolo cingolato da combattimento per la fanteria dell’Esercito italiano (Armored Infantry Combat System) ha ricevuto un finanziamento aggiuntivo di 1,2 miliardi di euro. Con il totale dello stanziamento, scrive la Rivista Italiana Difesa, che sale così a 6,4 miliardi di euro, a fronte di un fabbisogno complessivo stimato in circa 15 miliardi di euro.

Sede in Italia

La nuova azienda avrà sede in Italia e sarà guidata da un amministratore delegato indicato da Leonardo, che controllerà il 50 per cento della nuova entità, mentre la divisione italiana di Rheinmetall avrà il 10 per cento, e alla holding tedesca spetterà il 40 per cento.

Le linee di assemblaggio finale, i test di omologazione dei mezzi, le attività di consegna e il supporto logistico saranno realizzati in Italia con una quota italiana del 60 per cento.

Ma non c’è solo l’Esercito italiano nei piani dell’azienda che sta per nascere. La joint venture punta infatti a esportare i suoi prodotti e a partecipare attivamente al progetto del Main Ground Combat System (Mgcs), il nuovo carro armato pesante europeo.

La joint venture con l’azienda tedesca arriva dopo la rottura dei negoziati tra Leonardo e il consorzio franco-tedesco Knds per il mancato accordo sui futuri carri armati Leopard, che prevedeva il trasferimento in Italia di lavoro che oggi viene fatto in Germania.

I propositi e la visione paneuropea di Leonardo e Rheinmetall, sebbene apprezzabili in una prospettiva di mercato, trovano gioco facile nell’attuale contesto geopolitico, favorevole all’industria delle armi e a ulteriori piani di consolidamento nel mercato europeo della difesa da quando l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022 ha provocato l’aumento della spesa per la difesa in molti paesi europei, contribuendo a far lievitare gli ordini e l’offerta delle aziende produttrici di armi.

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