- L’ad di gruppo, Orcel, assume l’incarico di responsabile anche per l’Italia e l’attuale capo, Niccolò Ubertalli, «cederà le sue attività con effetto immediato».
- Il comunicato sembra dire che sono finiti i tempi in cui le filiali dell’est Europa, e in particolare la Polonia, risollevavano i conti del gruppo, non sempre esaltanti.
- Oggi UniCredit deve fare i conti con la realtà italiana e farla diventare motore del gruppo. L’Italia ha pesato nel 2021 per il 39 per cento dei total asset del Gruppo e 36 per cento dei dipendenti.
Ribaltone al vertice del desk Italia a UniCredit. Dopo solo un anno il consiglio d’amministrazione della banca di piazzetta Gae Aulenti ha deciso che Niccolò Ubertalli, a capo della divisione di UniCredit Italia dal 15 luglio del 2021 ed ex responsabile tra l’altro della filiale turca Yapi Kredi, cederà le sue attività con effetto immediato che passano al ceo, Andrea Orcel.
L’ad del gruppo, Orcel – già nella svizzera Ubs ai tempi di Sergio Ermotti e a un passo da entrare al timone della spagnola Santander, con cui ha vinto una causa milionaria – assume l’incarico di responsabile anche per l’Italia e l’attuale capo, Niccolò Ubertalli, «cederà le sue attività con effetto immediato. Vogliamo ringraziarlo per il suo contributo alla crescita di UniCredit» e «gli auguriamo pertanto tutto il meglio per il futuro».
Così in una lettera ai dipendenti firmata dal presidente Pier Carlo Padoan, ex senatore del Pd eletto nella circoscrizione di Siena prima di diventare presidente del gruppo bancario milanese le cui azioni hanno messo a segno: -35 per cento da inizio anno, -10 per cento rispetto a un anno fa.
L’importanza dell’Italia
«Nel 2021 abbiamo preso la decisione di rendere l’Italia un business autonomo, a conferma della fondamentale importanza che l’Italia ricopre all’interno del nostro gruppo, per garantirle una propria identità e lo spazio necessario per crescere e raccogliere il merito dei propri successi», aggiungono Padoan e Orcel nella comunicazione interna.
Come leggere la svolta? Normali divergenze professionali? Forse, ma c’è un’altra pista. «Il successo dell’Italia è fondamentale per quello del nostro gruppo così come è essenziale un loro allineamento reciproco. Lo spostamento del business italiano sotto la diretta responsabilità dell’ad renderà più efficace tale allineamento e consentirà di accelerare l’esecuzione del nostro piano strategico», si legge nella nota.
Quindi per la Banca la mossa sta a significare la maggior importanza assunta dall’Italia che viene gestita direttamente dall’ad.
In altri termini, il comunicato sembra dire che sono finiti i tempi in cui le filiali dell’est Europa, e in particolare la Polonia (con la banca Pekao, oggi venduta), la Turchia con la partecipazione in Yapi Kredi (con la potente famiglia Koç, gli Agnelli del Bosforo, oggi venduta), risollevavano i conti del gruppo non sempre esaltanti a causa dei maggiori costi nella parte italiana, tedesca e austriaca.
Oggi UniCredit deve fare i conti con la realtà italiana e farla diventare il motore del gruppo. L’Italia ha pesato nel 2021 per il 39 per cento su total asset del Gruppo, 36 per cento dei dipendenti (28,7mila in Italia scesi del 5,6 per cento nel corso del 2021).
Le attività russe
L’Italia ha prodotto profitti per 2,6 miliardi di euro rispetto alla perdita di 799 milioni nel 2020. Cinque anni fa, alla fine del 2017, il cost/income in Italia era del 60 per cento, con 32mila dipendenti. L’indice nel 2021 è sceso al 47,5 per cento.
La banca oggi sta valutando se dismettere le attività russe ma l’istituto vorrebbe mantenere aperta la possibilità per riacquistare gli asset quando la situazione si sarà normalizzata senza svendere.
Per questi motivi di incertezza sulle sue attività estere oggi UniCredit deve fare i conti con maggior impegno con la realtà italiana. Secondo un analista che vuole restare anonimo, «l’esigenza di focus sull’Italia c’è sempre stato e non è diventato una priorità maggiore. Anche in tempi passati, l’ex amministratore delegato Federico Ghizzoni, si era portato l’Italia a diretto riporto».
Secondo un altro analista, invece, tra le righe del comunicato si legge anche: «L’Italia è autonoma come altre legal entities, ma deve fare quello che dice la holding. Insomma è un po’ anche una marcia indietro rispetto allo statement iniziale di autonomia».
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