Non solo accorpamenti di istituti: la legge di bilancio porta tagli al numero di insegnanti e personale Ata. Sindacati pronti allo sciopero di fronte a stanziamenti inadeguati per il rinnovo dei contratti. La beffa della carta del docente, dal prossimo anno potrebbe valere di meno
Se dicessimo che non ce l’aspettavamo, mentiremmo. Certo, a chiamarla austerità si rischia di svelare subito il dietrofront di un governo che demonizzava i tagli e ora utilizza a sua volta le cesoie. Ma tra dimensionamenti e accorpamenti già annunciati, i tagli all’istruzione non possono certo stupire.
Come ricordavamo su Tempo pieno la settimana scorsa, infatti, la manovra in discussione conferma intanto il piano triennale di accorpamento di ben 700 istituti, con il conseguente taglio di dirigenze e segreterie amministrative, che si abbatterà soprattutto sulle aree già marginalizzate.
Meno insegnanti
Vista da vicino la manovra anticipa il magro destino della scuola pubblica italiana: nella prossima legge di bilancio il blocco parziale del turn over per gli statali porterà infatti a una riduzione di 5.660 insegnanti e di 2.174 unità nel personale Ata per l’anno scolastico 2025/2026.
Una misura definita temporanea dal ministro Valditara, ma che secondo i sindacati sarebbe invece strutturale: «Il rischio è che non siano tagli che si limitano al 2025, perché un taglio lineare come questo deve corrispondere alle necessità del patto di stabilità europea», spiega la segretaria nazionale della Flc Cgil Gianna Fracassi. «Significa che interventi di questo tipo proseguiranno almeno per i prossimi 5 anni».
In particolare, la manovra prevede un taglio del 25 per cento alle assunzioni, aggravando una situazione già critica, in cui la precarietà del personale incide anche sulla qualità dell’offerta didattica. «Con 250mila precari tra personale docente – soprattutto di sostegno – e personale Ata, bloccare le assunzioni significa ridurre l’organico e quindi l'offerta formativa per i ragazzi», denuncia Fracassi. Del resto Valditara stesso si era espresso in merito all’emergenza precari, e in particolare nei ruoli di sostegno, promettendo interventi che ora dichiara imminenti: «La mia richiesta al governo, al ministro Giorgetti in particolare, di investire sull'assunzione di insegnanti di sostegno è stata accolta e quindi nella legge di bilancio si prevedono risorse per l'assunzione di quei docenti precari che noi per la prima volta andiamo a specializzare».
Un proposito che suona paradossale però, alla luce del testo della manovra: i tagli, infatti, riguardano l’intero personale docente. Insomma, sembrerebbe il solito gioco delle tre carte. Come evidenziato da Emilia Piccolo, portavoce di Adl Cobas, le conseguenze ricadranno sugli studenti, in particolare su quelli più fragili: «I tagli ai posti di sostegno, già dimezzati negli ultimi anni, penalizzeranno gli studenti con disabilità, compromettendo la possibilità di ricevere un'istruzione dignitosa.
Inoltre, i tagli ai fondi per le cattedre di sostegno si accompagnano a quelli al sistema sanitario, anch'esso piegato ai vincoli di bilancio: il risultato è una riduzione delle diagnosi che non rispecchia le reali condizioni di salute degli studenti in difficoltà». Per questo i Cobas hanno proclamato uno sciopero regionale in Lombardia per il 15 novembre, un primo passo verso uno sciopero nazionale, dopo quello del 31 ottobre; sempre per il 15 novembre anche Anief ha annunciato lo sciopero nazionale.
Occhio alla carta del docente
Le «misure di revisione della spesa» parlano chiaro: il governo segue un'altra direzione rispetto alle reali emergenze della scuola italiana, cioè la precarietà e i salari. Anche quando, almeno all’apparenza, sembra voler dare un contentino ai docenti con contratto a tempo determinato, come nel caso del bonus scuola. La carta docente, infatti, viene finalmente concessa anche ai precari, ma solo a quelli con contratto al 30 agosto, cioè una minoranza esigua. E con un dettaglio da non sottovalutare: dopo l’anno scolastico in corso la cifra potrebbe non corrispondere più agli attuali 500 euro. Il contributo presente sulla carta, infatti, diventa flessibile, con la presenza delle parole «fino ad euro».
A evidenziarlo, ancora una volta, il testo della manovra: «Con decreto del ministero dell'Istruzione, di concerto con il ministero dell'Economia e delle finanze, sono definiti i criteri e le modalità di assegnazione della Carta nonché annualmente l'importo nominale della stessa sulla base del numero dei docenti di cui al primo periodo e delle risorse».
I tagli lineari
Anche in merito al tema dei salari – e si noti che gli investimenti del governo nell’istruzione sfioravano già a malapena il 4 per cento del Pil, a fronte di una media dei Paesi industrializzati del 4,9 per cento – la legge di bilancio è poco rassicurante. E rischia di relegare l’Italia al ruolo di fanalino di coda in Europa. La segretaria di Flc Cgil parla di un taglio implicito: «Il governo ha deciso di accanirsi sugli stipendi riducendo il potere d’acquisto, non mettendo a bilancio le risorse necessarie per rinnovare il contratto. Il governo sta di fatto prefigurando una ristrutturazione degli stipendi, anche per chi lavora nell’Università e nella ricerca».
Il problema principale è che gli aumenti previsti compensano solo parzialmente la perdita del potere d’acquisto determinato dall’inflazione, in una misura di un terzo, secondo i calcoli di Cgil.
Una preoccupazione condivisa anche dalla portavoce di Adl Cobas, che lo ha definito «l’ennesimo attacco ai servizi essenziali» e una «macelleria sociale». In quella che secondo la sindacalista è una vera e propria dichiarazione di guerra contro le fasce più deboli della popolazione, infatti, la manovra prevede una riduzione del 5% dei fondi per tutti i ministeri pubblici, scuola compresa. E così le promesse evaporano in bilancio. Insieme al futuro di studenti e docenti.
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