Il ceo Tavares punta a concentrare gran parte degli acquisti nei paesi con i “migliori costi”. Più lavoro anche per le fabbriche del gruppo in Turchia e Medio Oriente. Il caso Leapmotor
Stellantis prepara una nuova riorganizzazione di produzione e acquisti con l’obiettivo di tagliare i costi al minimo. L’amministratore delegato Carlos Tavares ha confermato la settimana scorsa in un incontro con la comunità finanziaria a Detroit la politica di riduzione massiccia dei costi, sia di produzione che soprattutto degli acquisti.
Nella presentazione agli analisti, è stato detto per esempio che Stellantis intende aumentare la capacità produttiva in Turchia e Medio Oriente da 750mila a un milione di veicoli entro il 2027, solo in parte per servire i mercati locali. A questo si aggiungerà la delocalizzazione dei fornitori: il gruppo punta a incrementare la percentuale di acquisti in paesi “con i migliori costi” fino all’80 per cento del totale entro il 2028. La riorganizzazione delle forniture ha già permesso nel periodo 2021-2023 di contenere all’1 per cento l’inflazione dei costi rispetto a un teorico 10 per cento, ha detto il responsabile acquisti Maxime Picat.
Destinazione Est Europa
In queste settimane è partita nello stabilimento Stellantis di Tychy in Polonia la produzione della T03, una piccola vettura elettrica che Leapmotor si appresta a vendere in Europa. La notizia era attesa ed è in linea con la strategia di risparmi. L’Europa dell’Est è infatti una delle aree con costi relativamente bassi – soprattutto del lavoro – che permetteranno di aumentare i margini di profitto in Europa.
Anche la futura Fiat Grande Panda, che verrà presentata ufficialmente il prossimo 11 luglio, sarà prodotta inizialmente in Serbia e in un secondo tempo potrebbe esserlo in Marocco. La “perdita” di Leapmotor e Grande Panda fa venir meno due delle carte su cui il governo puntava per rilanciare la produzione di auto in Italia.
Il problema è noto: la “coperta” dei nuovi modelli Stellantis per l’Europa è corta rispetto a quanto servirebbe per dare lavoro a tutte le fabbriche del gruppo in Italia, e soprattutto in Europa. La ricerca dei risparmi sui costi di produzione mette poi in difficoltà paesi come l’Italia, ma anche Francia e Germania e un discorso simile vale per gli Stati Uniti rispetto alla concorrenza del Messico.
I paesi a bassi costi su cui Stellantis punta vanno infatti dal Messico al Brasile, dall’India alla Cina, senza dimenticare l’Europa dell’Est. È nota la polemica scoppiata a gennaio quando era trapelata una lettera con cui il colosso olandese invitava i fornitori ad andare a investire in Marocco. Picat ha detto agli analisti che dalla nascita di Stellantis nel 2021 il 15 per cento dei fornitori è già stato eliminato e ne sono stati viceversa aggiunti 180 in paesi «con i migliori costi».
Incognita dazi
Le cose potrebbero cambiare in parte se verranno approvati e mantenuti i dazi sulle vetture elettriche cinesi che la Ue ha annunciato in via provvisoria la settimana scorsa. Secondo gli analisti finanziari di Jefferies, se sulla produzione della Leapmotor T03 in Polonia fosse imposto un contenuto minimo locale del 40 per cento, il costo di produzione salirebbe di 2.500 euro.
Nei vari “tavoli automotive” convocati finora in Italia si è parlato soprattutto della perdita di posti di lavoro legata alla transizione elettrica: chiusura di stabilimenti dedicati a motori a scoppio e cambi, e complessità in generale inferiore delle auto a batterie. Secondo un recente report della società di consulenza Alix Partners, in realtà sul totale di 52 miliardi di euro di fatturato automotive 2022 delle aziende della filiera autoveicolistica italiana (escluso l’assemblaggio finale delle auto), il 70 per cento circa riguardava componenti comuni alle auto con motore a scoppio e a quelle a batterie.
Anche questi sono a rischio delocalizzazione, e un esempio arriva proprio dall’operazione Leapmotor in Polonia: secondo Jefferies, l’azienda cinese ha già ottenuto un contratto per fornire elementi di fanaleria per modelli Stellantis con motore tradizionale. Tavares giustifica la delocalizzazione spinta con la concorrenza cinese. In realtà la delocalizzazione è un fenomeno che dura da decenni ed è legata alla volontà di sfruttare al massimo i “giacimenti” di lavoro a basso costo del Sud del mondo.
La richiesta ai fornitori di trasferire produzioni all’estero a fianco degli stabilimenti di assemblaggio era già una caratteristica storica di Fiat ed era un presupposto del successo delle operazioni di delocalizzazione.
Quale impatto avrà la politica di Stellantis sulla presenza di aziende auto in Italia? Secondo l’”Osservatorio sulle trasformazioni dell’ecosistema automotive italiano 2023”, la riduzione dell’occupazione negli stabilimenti Stellantis in Italia «sta trovando finora una parziale frenata per l’ampio e strutturale ricorso agli ammortizzatori sociali (…) ma anche grazie alla reinternalizzazione di molte attività di logistica, sequenziamento e in parte di assemblaggio che sta determinando la crisi di molte aziende che fino ad un periodo recente svolgevano tali attività spesso a bordo stabilimento».
Per quanto riguarda gli stabilimenti italiani di Stellantis, il loro destino è legato in parte significativa a quello dei due marchi di gamma alta del gruppo Stellantis, Maserati e Alfa Romeo. Di questi però non c’era praticamente traccia nelle presentazioni della settimana scorsa a Detroit.
Presentazioni che non hanno convinto più di tanto i mercati: il titolo Stellantis ha perso in Borsa quasi il 7 per cento nelle due sedute successive (nello stesso periodo Renault ha ceduto il 5,2 per cento e Volkswagen il 4,5 per cento).
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