- Secondo l'esecutivo europeo il nostro paese crescerà dello 0,8 per cento, in aumento rispetto allo 0,6 per cento previsto dalla Nadef e quindi dalla legge di bilancio.
- Il Pil della Germania, il paese per cui finora le previsioni di recessione erano più condivise, crescerà invece dello 0,2 per cento.
- In parallelo all’aumento delle stime di crescita, diminuiscono le proiezioni sull’inflazione, che scendono dal 6,1 per cento al 5,6 per cento per i paesi che adottano l’euro.
Niente recessione tecnica per l’Unione europea e per l’Italia stime di crescita superiori anche alle ultime previsioni del governo. La situazione economica dell’Unione europea e dell’area euro sta migliorando e le nuove previsioni della Commissione europea per l’anno in corso fotografano un quadro ancora in certo, ma in miglioramento.
Per il 2023 l’esecutivo europeo ha alzato le stime di crescita sia per l’Eurozona che per l’Ue di tre decimali, portando le prime allo 0,9 per cento e le seconde allo 0,8 per cento. Queste cifre significano che secondo la Commissione Ue verrà evitata la recessione tecnica, cioè la riduzione della crescita del Pil per due trimestri consecutivi che era prevista per la fine dell’anno e che anche l’Italia eviterà per poco.
Per l’Italia crescita dello 0,8 per cento
Per il 2023 infatti la Commissione Ue stima che il Pil del nostro paese crescerà dello 0,8 per cento, in aumento rispetto allo 0,3 precedentemente previsto dall’Ue e anche rispetto allo 0,6 per cento previsto dalla Nadef e quindi dalla legge di bilancio. Il Pil della Germania, il paese per cui finora le previsioni di recessione erano più condivise, dovrebbe crescere invece dello 0,2 per cento e quello della Francia dello 0,6 per cento.
Il miglioramento è dovuto da una parte all’attenuazione della crisi energetica e dall’altra dalla “riapertura” del mercato cinese. I prezzi del gas sono ritornati ai valori precedenti allo scoppio della guerra in Ucraina, un obiettivo raggiunto grazie alla decisione politica di imporre un tetto al prezzo del gas, seppure con molti condizioni e dopo troppi mesi di tracheggiamento, incertezza e tensioni politiche. Ennesima dimostrazione per i leader europei che le aspettative dei mercati si formano anche a partire dalla volontà dei decisori politici. Sta di fatto che ieri la Commissione europea ha dichiarato «finalmente» superato il picco dell’inflazione per l’Unione nel complesso. Si tratta ovviamente di una stima media: se in Italia e Germania il picco è stato effettivamente superato,i la Francia per esempio lo raggiungerà entro i primi tre mesi di quest’anno.
Il dilemma inflazione
L’Ue ha tagliato le sue stime sull’inflazione di mezzo punto percentuale,dal 6,1 per cento al 5,6 per cento per i paesi che adottano l’euro - ma per l’Italia la stima è del 6,1 per cento – e dal 7 per cento al 6,4 per cento per l’intera Ue. Nel 2024 poi l’inflazione dovrebbe assestarsi al 2,4 per cento, solo quattro decimali in più rispetto all’obiettivo di controllo dei prezzi della Bce.
Dietro al sollievo resta comunque un problema non da poco: cioè i tempi con cui dai beni energetici l’aumento o il calo dei prezzi si trasmette ai prezzi alla produzione, e poi a quelli al dettaglio di alimenti e beni industriali e infine ai prezzi dei servizi.
Le nuove stime dell’esecutivo europeo sono quindi destinate ad armare anche il dibattito sulle prossime decisioni della Banca centrale europea (Bce) che dovrebbe procedere a un nuovo aumento del costo del denaro nella riunione di marzo. Di fronte alle colombe che chiedono di prendere in considerazione il trend per ammorbidire le politiche monetarie rialziste come già fatto dalla Fed, Christine Lagarde potrebbe chiedere in cambio che gli stati modifichino le loro politiche fiscali, riducendo gli aiuti generalizzati. Sarebbe un buona soluzione e non è detto che la Bce la prenda.
Gli aiuti contro il caro energia
Proprio oggi, il think tank Bruegel ha pubblicato nuovi dati sugli aiuti messi in campo dagli stati Ue per far fronte alla crisi energetica: sono 680 miliardi di euro. La Germania da sola ha previsto fondi per 270 miliardi, distanziando sideralmente gli altri: gli aiuti previsti dalle altre due maggiori economie continentali Francia e Italia si fermano per entrambe sotto la soglia dei 150 miliardi di euro.
Il punto è che di questi aiuti la maggioranza non è mirata: 217 miliardi sono stati allocati per tagliare i prezzi, senza paletti, e solo 33 miliardi prevedendo soglie. Gli aiuti ai redditi che prevedono condizioni, per esempio che vanno solo a certe fasce di reddito, sono 67 miliardi, ma ci sono anche 39,5 miliardi di euro destinati al sostegno al reddito senza alcune distinzione di soglia. Sono dati fondamentali per governare la crisi.
Italia ultima nel 2024
Per il nostro paese, per esempio, la Commissione europea continua a confermare che non c’è pericolo di spirale inflazione e salariali e non per motivi nobili, anzi: le dinamiche salariali sono ancora contenute, si legge nelle previsioni per l’Italia, «dato il lento processo di rinnovo dei contratti collettivi e il meccanismo di indicizzazione molto parziale». Ma lo stesso documento dice anche l’aumento dei prezzi delle materie prime registrato nel 2022 avrà un impatto sulla filiera dei prezzi del 2023 con un aumento dell’inflazione core, quindi al netto di energia e alimentari.
A maggiore ragione quindi il governo dovrebbe agire di conseguenza: servono aiuti, ma servono aiuti mirati a chi ne ha bisogno. L’esecutivo italiano avrà più margini di spesa ma finora non si è dimostrato in grado di usarli in maniera intelligente e le prospettive per il nostro paese sono migliori, ma comunque non rosee. Nel 2024 la crescita attesa per l’Eurozona è dell’1,5 per cento e dell’1,6 per cento per l’Ue, mentre l’Italia si fermerà all’1 per cento, la crescita minore tra tutti e i 27 i membri dell’Unione.
© Riproduzione riservata