Ho letto su diversi forum di Borsa e report di banche d’affari che investire sul nucleare potrebbe essere una diversificazione interessante e in effetti il prezzo di questa materia prima ho visto che sta salendo in modo impressionante. È possibile farlo in Italia ed esistono fondi o un qualsiasi strumento per investire sull’uranio?

Michele

Gentile Michele, escludendo di acquistare direttamente la materia prima ovvero l’uranio (se fossi un suo vicino di casa sarei preoccupato) ci sono diversi modi per investire su questo metallo pesante utilizzato come combustibile per i processi di fissione nei reattori nucleari. Viene estratto soprattutto in miniere presenti in Kazakistan, Canada e Australia.

Si può investire sull'uranio in modo indiretto acquistando quote di società minerarie che estraggono l’uranio oppure comprando società che acquistano l’uranio fisico per fare trading o magazzino.

In Italia e anche in Europa non esistono fondi d’investimento attivi o passivi (Etf) che consentono direttamente l’esposizione a questo tipo di investimento ma ne esistono di quotati però sulle Borse degli Stati Uniti o del Canada.

Un risparmiatore italiano può acquistare teoricamente questi fondi ma dal punto di vista fiscale sono considerati “strumenti non armonizzati” e quindi vanno inseriti nella dichiarazione dei redditi e in caso di guadagno si paga la propria aliquota Irpef e non quella forfettaria del 26 per cento.
Fra gli Etf più famosi oltreoceano il Global Uranium X, l’Horizons Global Uranium Index ETF, il North Shore Global Uranium Mining ETF e recentemente ha fatto molto parlare il fondo Sprott Physical Uranium che acquista partite reali di uranio e le conserva in magazzini di operatori del settore (e ha già accumulato 28 milioni di libbre di uranio, metallo sufficiente per alimentare l'industria nucleare francese per un anno).

È possibile però investire direttamente sulle singole azioni quotate sui mercati esteri (Francoforte, New York, Toronto…) se ha accesso a questa operatività ma occorre tenere presente naturalmente che il rischio, già elevato, sale ulteriormente nell’investire non su un paniere ma su un singolo titolo.

Nell’ultimo anno i prezzi dei titoli delle società principali del settore sono più che triplicati ma l’uranio scotta e può essere altamente radioattivo nei portafogli se considera che nell’ultimo decennio alcune società quotate sono arrivate anche a perdere (per esempio dopo il disastro nucleare di Fukushima nel 2011) oltre l’85 per cento del proprio valore!

Fra le società quotate nel mondo le più importanti sono Kazatomprom, la società nazionale per l'energia atomica del Kazakistan e poi a seguire Cameco Corporation che vale il 18 per cento della produzione mondiale. Oltre alla sua vasta attività di estrazione dell'uranio, Cameco gestisce anche impianti di conversione e fabbricazione dell'uranio.

Dopo aver languito per un decennio dopo che il disastro di Fukushima ha portato il Giappone e la Germania a chiudere i reattori nucleari, il prezzo spot per l'uranio è arrivato a salire di oltre il 65 per cento quest'anno, rimanendo comunque ben al di sotto del picco di 137 dollari nel 2007.

L'energia nucleare sta tornando alla ribalta in tutto il mondo e dei 59 reattori la cui costruzione è iniziata dopo Fukushima, 28 sono cinesi. E in Cina sono molto avanti in questa tecnologia tanto da essere il primo paese al mondo ad avviare un primo impianto di reattore nucleare senza uranio per la produzione di energia. 

Nel complesso, dalla fine degli anni 2000, la quota del nucleare nella produzione di elettricità è rimasta stagnante intorno al 10 per cento.

Negli ultimi cinque anni il clima per l’energia atomica è sensibilmente migliorato. La causa è l'inesorabile aumento delle temperature globali e l'idea ormai crescente di diversi esperti che non saremo in grado di mantenere la rotta, basandosi solo sulle rinnovabili ed è consigliabile puntare su un mix di energie.

Naturalmente la polemica sull’argomento è rovente e anche dentro l’Unione europea il tema “nucleare sì, nucleare no” vede contrapposti due grandi blocchi guidati rispettivamente dalla Francia (favorevole a considerare il nucleare un tipo di energia “sana”) e dalla Germania (che qualche anno fa aveva deciso di spegnere i reattori e dove il dibattito in questi mesi si è riaperto). 

Durante la produzione di energia nucleare non viene emessa CO2 ma è anche vero che ci sono molti e importanti argomenti contro il nucleare.

I più gravi sono i problemi relativi alla sicurezza e allo smaltimento. Secondo i calcoli del Max Planck Institute for Chemistry, statisticamente parlando, un incidente al reattore si verifica ogni dieci o 20 anni.

Più centrali nucleari ci sono nel mondo, più breve diventa questo lasso di tempo. Inoltre, attualmente non esiste un deposito adatto per le scorie nucleari e i costi dello smaltimento non vengono quasi mai calcolati.

Solo un impianto di smaltimento è attualmente in costruzione in Finlandia su un'isola remota e vi è da aggiungere che lo scorso anno il governo scandinavo ha approvato l’estrazione dell’uranio da una miniera locale che prima produceva nickel.

In ballo evidentemente sull’energia nucleare ora ci sono miliardi di euro di finanziamenti dell'Ue per la costruzione di centrali atomiche e per la ricerca in questo settore.

Negli Stati Uniti il piano di rilancio economico di Joe Biden, “American Jobs Plan” da oltre 2.000 miliardi di dollari, menziona anche il nucleare “avanzato” tra le tecnologie innovative da finanziare per raggiungere gli obiettivi su energia e clima e azzerare le emissioni.

«Molti Stati stanno scoprendo quanto l'aumento della domanda di elettricità diventerà problematico in futuro», spiega in Francia Jacques Percebois, fondatore di Creden (Centre de Recherche en Economie et Droit de l'Energie) dove il fronte del nucleare è molto largo anche perché rappresenta la principale fonte di produzione (oltre il 70 per cento) e consumo di elettricità con 56 reattori di diversa potenza (4 sono a poche centinaia di km dall’Italia) che costituiscono una flotta distribuita su tutto il territorio.

Decidere quindi se nella nuova tassonomia della transizione ecologica il nucleare ci sarà potrà di certo avere importanti conseguenze finanziarie ma intanto l'industria dell’energia atomica ha sviluppato negli ultimi anni gli SMR (“Small Modular Reactors”), piccoli reattori modulari da 30 a 350 megawatt (MW), molto meno potenti ma più gestibili di quelli “mammut” precedenti e considerati secondo alcuni esperti il futuro del nucleare (ma naturalmente le voci dissonanti e forti sono numerose anche sugli SMR anche perché questa tecnologia sarà adatta per l'uso commerciale nei prossimi 15 anni).

Tra questi, il fondatore di Microsoft, Bill Gates si è addirittura affermato come uno dei più fervidi difensori dell’atomo.

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