Dall’offerta respinta agli insulti. Ma il folklore non deve distrarre dalla posta in palio in una battaglia per il controllo di una tecnologia che segnerà il futuro
«Swindler», cioè imbroglione. Nella notte di due giorni fa, Elon Musk ha riassunto così, con un post su X, che cosa pensa di Sam Altman. Lo scontro tra i due va avanti da tempo, ma la nuova rissa verbale è esplosa dopo che Altman ha respinto al mittente un’offerta di Musk.
L’amico di Donald Trump, e della premier Giorgia Meloni, è a capo di una cordata di investitori pronti a pagare 97,4 miliardi di dollari per comprare OpenAi, il colosso Usa dell’intelligenza artificiale famoso da quando nel 2022 ha messo online Chat Gpt. «No grazie, compro X per 9,74 miliardi», è lo sfottò di Altman, il fondatore di OpenAi, che ha scatenato l’insulto di Musk.
Il confronto ha imboccato la china triste del dissing tra rapper, ma il folklore delle parole non deve distrarre dalla posta in palio in una battaglia per il controllo di una tecnologia che segnerà il futuro del mondo, una battaglia che ha anche evidenti risvolti politici. Musk fa parte della squadra di governo di Trump, ma anche Altman il mese scorso ha presentato insieme al presidente il progetto Stargate che punta a investire negli Usa 500 miliardi in nuove banche dati per alimentare l’intelligenza artificiale.
Cause legali
Il padrone di X ha gettato fango anche su quest’ultima iniziativa, così come da almeno un anno cerca di far deragliare a suon di denunce in tribunale i piani di Altman, che vorrebbe trasformare OpenAi, nata nel 2015 come un’organizzazione no profit, in un’azienda vera e propria. In pratica, le attività principali dell’azienda di Chat Gpt verrebbero trasferite in una nuova società.
Il passaggio, però, non può avvenire a costo zero ed è per questo che Musk ha messo sul piatto un’offerta da quasi 100 miliardi che rappresenta il compenso destinato all’ente venditore che ha perso il controllo totale sul business. Va detto che l’operazione deve ricevere anche il via libera dei tribunali della California, dove si trova il quartier generale di OpenAi, e del Delaware, sede legale dell’organismo no profit fondato nel 2015.
All’epoca anche Musk contribuì all’iniziativa versando una quarantina di milioni di dollari, ma tre anni dopo se ne andò sbattendo la porta per poi farsi un’azienda di intelligenza artificiale tutta sua, la xAI.
Secondo il team legale che assiste Altman, gli attacchi in serie di queste ultime settimane, compresa l’offerta di lunedì sera, farebbero parte di una strategia con l’obiettivo ultimo di sabotare la crescita di OpenAi. Concetto ribadito ieri dallo stesso Altman ospite dell’AI Action summit di Parigi, voluto dal presidente Emanuel Macron per promuovere l’approccio francese all’intelligenza artificiale.
Conflitto d'interessi
«Musk non è riuscito a batterci sul mercato – ha detto Altman – e allora preferisce pensare che sia più semplice acquistarci». Questa però è un’immagine fin troppo semplificata della realtà. Oltre al verdetto dei tribunali sullo scorporo delle proprie attività, OpenAi è in attesa anche di nuovi finanziamenti per un valore di almeno 40 miliardi. In passato, i contributi più generosi sono arrivati da Microsoft che ha versato circa 13 miliardi e, come Musk non perde mai occasione di ricordare, è ormai il socio forte del gruppo.
Le prossime iniezioni di capitali potrebbero arrivare da investitori del peso di Apple e Nvidia e anche dalla banca giapponese Softbank, che è in prima fila anche per il progetto Stargate. Le trattative sono in pieno svolgimento e l’incursione di Musk punta tra l’altro a complicare il processo di valutazione di Open AI.
Come sottolinea un’analisi del Wall Street Journal, il board dell’ente guidato da Altman, non potrà fare a meno di aggiornare la sua analisi alla luce dell’offerta da 97,4 miliardi del fondatore di Tesla, il quale in questi mesi ha dato ampia prova di voler dire la sua in tutti i business decisivi per il futuro degli Stati Uniti, dall’intelligenza artificiale, alle tecnologie spaziali alle telecomunicazioni.
E adesso può farlo da una posizione di forza, visto che il suo incarico nell’amministrazione Trump gli permette di avere accesso anche ai conti del Tesoro Usa. Il colossale conflitto d’interessi di Musk finirà così per condizionare anche il destino di OpenAi.
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