Rallenta la corsa del debito pubblico. Lo segnala la Banca d’Italia nell’ultimo aggiornamento dei dati reso noto lunedì 16. Poca cosa davvero, perché nel mese di luglio la zavorra si è alleggerita solo di un miliardo. Non cambia granché, quindi, per il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti che si accinge a presentare, martedì 17 in Consiglio dei ministri, il Piano strutturale di bilancio (Psb), un documento in cui il governo dovrebbe comunicare Bruxelles il programma di riduzione della spesa e quindi, a cascata di deficit e debito. Quest’ultimo a luglio ammontava a 2.946,6 miliardi, contro i 2.947,7 miliardi del mese precedente. La soglia psicologica dei 3 mila miliardi resta quindi vicina.

Va anche ricordato che nel recente passato non sono mancate le correzioni al ribasso che hanno momentaneamente interrotto una tendenza al rialzo del debito pressoché costante nel tempo.

Acquisti stranieri

La notizia ben più rilevante che emerge dai nuovi dati è il continuo aumento della quota di debito in mano agli investitori stranieri. Le elaborazioni della Banca d’Italia rivelano che a giugno, ultimo mese per cui è disponibile una statistica precisa, la categoria dei non residenti possedeva circa 724 miliardi di Btp, quasi 18 miliardi in più rispetto al mese precedente. Nello stesso periodo è cresciuta da 364 a 370 miliardi anche la quota di proprietà dei risparmiatori italiani, mentre banche e fondi d’investimento del nostro paese a fine giugno avevano invece in portafoglio 327 miliardi di titoli nostrani contro i 328 miliardi maggio. La Bce, per il tramite di Banca d’Italia, possedeva 676 miliardi di titoli, poco più di maggio (673 miliardi) ma molto meno di un anno prima, 718 miliardi, per effetto dell’annunciato parziale disimpegno avviato da Francoforte.

Nel complesso però i dati confermano che gli stranieri sono tornati a essere gli acquirenti più affezionati dei nostri Btp, nonostante la politica sovranista del governo Meloni, che vorrebbe concentrare il più possibile il debito in mani italiane. I compratori d’oltrefrontiera cavalcano quindi gli alti rendimenti offerti dai Btp, ma sono anche quelli che, a differenza di quelli nostrani, di solito sono i primi ad abbandonare la barca se le cose si mettono male.

Debito in continua crescita

A ottobre del 2022, quando si è insediato il governo Meloni, si viaggiava intorno ai 2.766 miliardi, 190 miliardi in meno rispetto al dato appena diffuso da Bankitalia. Quel che conta davvero, anche per il rispetto dei vincoli europei, è il rapporto con il Pil e anche qui le notizie non sono buone per l’Italia perché secondo le stime dell’esecutivo dal 137,3 per cento del 2023 si dovrebbe andare al 137,8 quest’anno e poi al 138,9 per cento nel 2025. Questi dati indicano un andamento tendenziale e quindi escludono gli effetti di nuove misure decise dal governo.

Le previsioni della Commissione sono meno ottimistiche e fissano l’asticella al 141,7 per cento nel 2025, ma i numeri, anche quelli del governo, potrebbero cambiare ancora nei prossimi giorni, quando, il 23 settembre, l’Istat comunicherà i risultati della periodica revisione generale dei conti nazionali.

La scadenza del 23 settembre era già nota da tempo, l’istituto di statistica l’aveva comunicata sei mesi fa, ma l’esecutivo si è fatto scudo di questa novità per giustificare il proprio ritardo nell’elaborazione del Psb, che inizialmente avrebbe dovuto essere pronto entro il 20 settembre per l’invio a Bruxelles. Invece, il documento che sarà licenziato martedì 17 dal Consiglio dei ministri, arriverà in Parlamento non prima del 23 settembre.

Manovra in stallo

Sempre il mese prossimo si dovrebbe passare dalle parole ai fatti anche sul fronte della manovra di bilancio. Per effetto delle nuove regole europee, Giorgetti deve fare i conti con margini di manovra ancora più ristretti rispetto a quelli dell’anno scorso. La novità positiva arriva dalle entrate tributarie che, come ha confermato Bankitalia, nei primi sette mesi dell’anno sono aumentate del 4 per cento, 11,9 miliardi rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Il dato diffuso pochi giorni fa dal Tesoro era ancora migliore, più 6,2 per cento, ma la differenza è dovuta al diverso criterio di calcolo.

Giorgetti ha però già anticipato che queste risorse supplementari non cambiano la situazione per la prossima manovra. Piuttosto, appare probabile che verranno almeno in parte utilizzare per anticipare al 2024 provvedimenti previsti inizialmente per l’anno prossimo. È il caso del cosiddetto Bonus Befana di 100 euro destinato alle famiglie con un solo reddito non superiore a 28 mila euro. Nelle intenzioni del governo la somma extra verrà elargita già a dicembre, ma al netto di contributi e prelievo fiscale sarà comunque inferiore ai 100 euro promessi: chi guadagna tra 25 e 28 mila euro annui non arriverà a 65 euro.

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