- Le imprese balneari sono pronte a incassare i primi risultati della vittoria della destra alle elezioni: l’affidamento del dossier al ministro del Sud e delle Politiche del Mare Nello Musumeci.
- Mentre al Senato è già stato presentato un emendamento per il rinvio delle gare al 2025, l’ex presidente della regione Sicilia dovrebbe essere a breve ufficialmente investito della delega. Sotto la sua presidenza è stato registrato il record di affidamenti.
- Una norma regionale per la proroga delle concessioni al 2033. E nell’ultima finanziaria anche la possiblità di vendere anche se non in regola con i contributi.
Le imprese balneari sono pronte a incassare i primi risultati della vittoria della destra alle elezioni: l’affidamento del dossier al ministro del Sud e delle Politiche del Mare Nello Musumeci, mentre al Senato è già pronto un emendamento per il rinvio delle gare al 2025.
L’ex presidente della regione Sicilia, che si ritrova un ministero dimagrito con l’accentramento delle competenze sul Pnrr e quindi anche sui fondi per il Meridione nelle mani del collega Raffaele Fitto, dovrebbe essere a breve ufficialmente investito della delega.
Il governo Meloni evita così l’imbarazzo dell’affidamento alla ministra del Turismo, Daniela Santanché ex socia del Twiga e mette i rapporti con il mondo dei balneari nelle mani di chi da presidente di regione può vantare un vero record di favori al settore.
Il boom delle concessioni
La Sicilia è una delle cinque regioni italiane prive di una legge che imponga una quota di spiagge libere e negli anni della presidenza Musumeci ha offerto quasi 200 nuove concessioni su un totale di 620 affidamenti totali registrati nel 2022. Secondo Legambiente, poi, il comune di San Vito Lo Capo era fino a giugno 2022 il solo ad avere un piano di utilizzo del demanio marittimo, cioè il documento di pianificazione territoriale sulle spiagge su cui dovrebbero basarsi le decisioni su concessioni demaniali e gare, nonostante il territorio siciliano sia tra i più colpiti dall’erosione dei litorali.
Nel 2019, in attesa che i comuni si dotassero di un piano, la regione ha previsto anche un sistema di concessioni temporaneo e semplificato, di «autorizzazioni di durata breve per l’occupazione e l’uso di limitate porzioni di aree demaniali marittime e di specchi acque».
Per queste concessioni temporanee gli imprenditori era previsto uno scontro dell’Iva ridotta al dieci per cento, mentre dalle concessioni “normali” il sistema regionale incassa circa 10 milioni di euro, una minuzia in confronto ai guadagni del comparto.
Sempre nel 2019 la regione a statuto speciale aveva approvato una norma che recepiva la proroga delle concessioni al 2033 decisa dal governo giallo verde, trovando anche il sostegno del Partito democratico. Essendo l’unica regione con una norma ad hoc, quando il Consiglio di stato si è finalmente espresso a favore della messa a gara delle concessioni per le spiagge, la regione ha provato – inutilmente – a far valere la sua legge regionale. Già nel 2021 poi aveva approvato una norma che consentiva di rilasciare le concessioni senza coerenza o in assenza dei piani di utilizzo delle aree demaniali marittime.
La legge, impugnata dal governo, è stata bocciata dalla Corte costituzionale lo scorso maggio. La Consulta, spiega Legambiente Sicilia, ha riconosciuto che i piani svolgono un’essenziale funzione «anche di tutela dell’ambiente e del paesaggio, garantendone tra l’altro la fruizione comune anche al di fuori degli stabilimenti balneari». Musumeci ha dichiarato sempre anche con note ufficiali «il sostegno ai balneari e alle associazioni di categoria» e chiesto congrui indennizzi per gli imprenditori.
Anche di fronte all’evidenza che la concorrenza è materia di competenza nazionale, poi, il suo partito ha comunque previsto a livello territoriale un favore al settore. L’ultima finanziaria della presidenza Musumeci ha regalato agli imprenditori balneari la possibilità di vendere la concessione anche nei casi non fossero in regola con i pagamenti dei contributi a Inps e Inail.
La proposta di rinvio
Ora che è al governo il suo compito dovrebbe essere innanzitutto quello di mettere in piedi una commissione per redigere i criteri da rispettare nei piani comunali sulle coste così come aveva previsto il vecchio esecutivo e successivamente stabilire i criteri con cui saranno poi messe a gara le concessioni del demanio marittimo, e quindi anche il punteggio che può essere attribuito ai vecchi concessionari e quindi, con tutta probabilità, anche gli indennizzi invocati da presidente di regione. Senza i piani, però, non si possono indire le gare.
Secondo il disegno di legge sulla concorrenza approvato dal governo Draghi le concessioni dovrebbero scadere a fine 2023 per essere riassegnate tramite gara entro la fine del 2024. Ma la delega non è stata ancora affidata e intanto Maurizio Gasparri di Forza Italia ha già presentato un emendamento per rinviare di un anno sia l’una che l’altra scadenza.
La proposta di rinvio è motivata dalla necessità di adeguare il nuovo sistema informativo di raccolta dati sulle concessioni sui beni pubblici, cioè la famosa mappatura prevista dal decreto che il governo Draghi ha varato all’ultimo lo scorso settembre mettendolo in capo al ministero dell’Economia e delle finanze.
Eppure le informazioni potrebbero essere aggiornate in maniera più precisa una volta affidate le nuove gare, cioè a partire dal 2024. Più problematico, semmai, è l’obiettivo di completare rapidamente tutti i piani comunali. Ma tra l’interesse di tutti i cittadini, cioè una regolamentazione seria dell’uso del territorio costiero, e l’interesse degli imprenditori balneari, il governo Meloni non sembra avere alcun dubbio.
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