- Daniela Santanchè appena diventata ministra del Turismo ha fatto sapere che non cederà le quote del Twiga, il locale più famoso e ambito della Versilia, che guida insieme all'amico Flavio Briatore.
- Domani racconta i soldi ricevuti a fondo perduto dal Twiga, il locale va a gonfie vele e le casse dello stato hanno contribuito all'ottimo successo anche negli anni più difficili dovuti alla pandemia.
- Non ci sono solo i problemi degli ultimi anni che hanno riguardato il Covid, ma anche una pagoda irregolare sulla spiaggia e visite della guardia di Finanza, risolte grazie anche alla rottamazione o pace fiscale, i provvedimenti cari alla Lega e alle destre.
Daniela Santanchè appena diventata ministra del Turismo ha fatto sapere che non cederà le quote del Twiga, il locale più famoso e ambito della Versilia, che guida insieme all’amico Flavio Briatore. Il Twiga, la sua creatura, racconta cosa significano gli interessi e come rischiano di entrare in conflitto con gli incarichi istituzionali, ma racconta anche le fatiche di fare impresa in Italia e quello stato “impiccione” che, secondo la destra, disturba chi lavora.
La stessa presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, lo ha detto chiaramente nella sua prima uscita pubblica: «La nostra bussola è un concetto molto semplice: non disturbare chi vuole fare, chi vuole produrre ricchezza, chi vuole lavorare». E leggendo i bilanci del Twiga si intravede coerenza con la ricetta del governo: aiuti dallo stato, libertà d’impresa e pace fiscale.
Santanchè ha subito fatto sapere che non sarà lei a mantenere le deleghe dei balneari per sgomberare il campo da accuse di conflitto d’interessi, lei strenua paladina delle ragioni dei concessionari e, da sempre, contro le prospettate gare che «svendono le nostre spiagge alle multinazionali». Per la neoministra il Twiga è fatica e sudore, ma il locale è stato anche il palcoscenico ideale per attaccare, da senatrice e imprenditrice, il reddito di cittadinanza che non fa trovare dipendenti e alimentare l'opposizione ai governi precedenti.
Il covid e i soldi dallo stato
Nell’agosto 2020 l’Italia ha affrontato la prima estate dopo l’esplosione del Covid, il governo chiudeva le discoteche, ma Santanchè lo sfidava in abito da sera e con parole di fuoco: «Conte ha deciso che non possiamo più ballare. Un provvedimento senza senso che non c’entra con l’aumento dei contagi, non ci sono evidenze scientifiche, c’è solo una limitazione delle Libertà! Questo governo non difende gli italiani ma i clandestini con il covid».
C’era la musica dal vivo al Twiga, il piano bar intonava le note di Paradise, un siparietto che ricordava gli spot di Corrado Guzzanti sulla Casa delle libertà e quello slogan «noi facciamo come ci pare». Ma dietro le critiche feroci, il canoro dissenso, ci sono i conti da far quadrare e gli utili per la ditta. Per capire basta leggere il bilancio, firmato dal consigliere delegato Mario Cambiaggio, chiuso nel dicembre 2020, l’anno nero della pandemia. Il risultato finale non è lontano da quello dell’esercizio precedente «nonostante il mancato guadagno legato alla sospensione della discoteca dopo ferragosto», bilanciato dalla crescita del comparto ristorazione. La battaglia per la libertà condotta dall’allora senatrice meloniana era legittimamente anche la battaglia per i conti. Ma il risultato soddisfacente è stato possibile, si legge nell’atto, perché il Twiga ha ricevuto gli aiuti dall’odiato esecutivo delle sinistre, «noi imprenditori sputiamo sangue e il governo fa i balletti», diceva Santanchè-imprenditrice in una delle tante ospitate tv.
Nel bilancio c’è la voce altri ricavi dove risultano iscritti, a fronte della pandemia Covid, le seguenti cifre: 141 mila euro di contributi a fondo perduto (ristori), 9mila euro di contributi per la sanificazione e acquisto mascherine, 14mila euro di contributi per canoni di locazione, 3.748 euro per acquisto di beni strumentali e primo acconto Irap di 12.983 euro non dovuto grazie al decreto Rilancio. In tutto 180mila euro dal governo dei balletti. Le polemiche in quell’estate sono state feroci, ma la senatrice, alla fine, ha voluto mandare un messaggio di buon esempio anche perché il Covid aveva appena contagiato anche l’amico e socio Briatore.
Sul finire di quell’agosto 2020, Santanchè, come mostra un video pubblicato sui suoi social, ha chiesto agli ospiti di non ballare perché il Twiga è destinatario di critiche strumentali. «Ci stanno massacrando, io e Flavio Briatore siamo molto utili come armi di distrazione di massa dai tanti problemi che ha questa nazione ma pazienza», diceva l’attuale ministra.Nonostante l’accerchiamento denunciato, i conti vanno anche meglio a distanza di 12 mesi. «L’anno 2021 evidenzia un risultato sorprendente sia in termini di fatturato sia conseguentemente in relazione al risultato di esercizio (…) pur in presenza delle restrizioni connesse alla pandemia di Covid-19, il volume di affari si è mantenuto su livelli elevati». Viene evidenziato come vantaggio economico «il credito di imposta per le spese sostenute per l’acquisto delle mascherine e per le spese di sanificazione», pari a 8mila 700 euro. Briciole rispetto ai fondi dell’anno precedente.
L’allentamento dell’incidenza sanitaria, la scelta degli italiani di trascorrere le vacanze in patria e la presenza di un pubblico con alta propensione alla spesa hanno dato ottimi frutti. «Grazie a quanto premesso il risultato di fine anno registra una notevole crescita sia del fatturato che della marginalità dell’utile prodotto», si legge nella nota integrativa al bilancio 2021.Insomma il Twiga va a gonfie vele e lo stato ha contribuito all’ottimo successo nel periodo più difficili della pandemia. Uno stato che, aveva raccontato lo stesso Briatore, riceveva dal Twiga (che fattura 5 milioni di euro) circa 20mila euro, cifra che aveva spinto lo stesso imprenditore a chiedere di pagare almeno il triplo.
È un locale accogliente e alla moda, non per tutti, ci vogliono mille euro al giorno per piazzarsi al sole in una posto da sogno. «Abbiamo acquistato champagne dalla società Billionaire srl (controllata dal socio Majestas) per euro 41mila euro a prezzi di mercato», si legge nella sezione che spiega le “operazioni con parti correlate”, i soci.
Pagoda in pace fiscale
Non ci sono solo i problemi degli ultimi anni che hanno riguardato il Covid, ma anche una pagoda irregolare sulla spiaggia e visite della guardia di Finanza, risolte con la rottamazione o pace fiscale, i provvedimenti cari alla Lega e alle destre. Anche il nuovo governo, sulla spinta dell’alleato Matteo Salvini, valuta una nuova rottamazione delle cartelle, un segno di attenzione nei confronti delle imprese. Un provvedimento che era stato assunto, chiamato «pace fiscale», già nel 2018 quando il Carroccio ha governato con il M5s nel primo governo Conte. Ma cosa era successo alla creatura cara alla neo-ministra?
Partiamo dal capanno dello scandalo al quale sono stati poi apposti i sigilli. Nel 2018 sul litorale davanti al Twiga spuntava la Pagoda delle polemiche, con tanto di tv, wi-fi ed elettricità. Apriti cielo, l’autorizzazione era stata chiesta, ma non era stata concessa, così gli uffici comunali hanno ordinato la rimozione del capanno perché abusivo.
«Questa non è la Pagoda della Santanchè, non scherziamo con il lavoro, in questo stabilimento lavorano decine di persone ed è l’eccellenza del turismo italiano. Non faccio la bella vita, lavoro. Questa è una tenda dove si fanno matrimoni e chi la vuole può affittarla. Non c’è niente di edificato e rispettiamo il regolamento», diceva Santanchè nel 2018 per reagire alle polemiche. Ma la pagoda non è stato l’unico intralcio, c’è stato anche un accertamento dell’Agenzia dell’entrate, iniziato nel 2015 per il periodo 2011-2013, che muoveva contestazioni fiscali alla società che accantonava, per quella verifica, una cifra intorno al milione di euro.
Come è finita? Nell’ambito del procedimento la società ha aderito alla «pace fiscale». Anche nell’ultimo bilancio viene evidenziato il dato e dettagliato un ulteriore contenzioso con l’Agenzia delle entrate relativo a un presunto ritardato pagamento di due rate dei piani di ammortamento, una vicenda finita di fronte alla commissione tributaria.
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