- Lo aveva già fatto capire il governo tedesco, ora lo ribadisce quello francese: domani quando Gazprom chiuderà i rubinetti del gasdotto North Stream 1, che passando sotto il mar Baltico porta il gas russo in Europa del Nord, potrebbe essere la fine delle forniture russe al Vecchio Continente.
- Le cancellerie europee, stanno facendo il conto alla rovescia. Il ministro Bruno Le Maire ha detto che il blocco delle forniture russe è lo scenario più probabile.
- Parigi esaminerà le imprese che potrebbero essere costrette a ridurre la produzione. Le città tedesche preparano spazi riscaldati comuni. Da Berlino il messaggio è chiaro: «Prepariamoci al peggio»
Lo aveva già detto il governo tedesco, ora lo ribadisce quello francese. Oggi, quando Gazprom chiuderà i rubinetti del gasdotto Nord Stream 1, la pipeline che transita sotto il mar Baltico e porta il gas russo in Europa occidentale, potrebbe essere la fine delle forniture russe al Vecchio Continente.
Le banche europee sono le prime negazioniste del clima
Le cancellerie europee, più o meno in sordina, stanno facendo il conto alla rovescia. Ieri mattina il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, fresco di nazionalizzazione del gigante dell’energia Edf, ha rotto gli indugi e durante un convegno economico a Aix-en-Provence, ha detto: «Prepariamoci per un taglio del gas russo. Oggi è lo scenario più probabile».
Scelte complicate
«Ci troviamo», ha detto Le Maire, «di fronte a scelte complicate». Il ministro è partito da un esempio che di fronte ai catastrofisti era rassicurante. Si è chiesto, infatti, se potremo ancora riscaldare le nostre piscine. Poi, però, ha proseguito: «Non potremo continuare a riscaldarci e a muoverci come se nulla fosse».
Le Maire parla da una posizione di vantaggio relativo rispetto ai partner europei: la Francia dipende per il 17 per cento dal gas russo, l’Italia fino all’invasione dell’Ucraina per più del 40 per cento, ma lo scenario di Vladimir Putin che chiude i rubinetti agita anche Parigi.
Come l’Italia anche la Francia, nettamente più indipendente sul piano energetico, sta investendo sulla costruzione di terminal galleggianti per la rigassificazione del gas liquefatto importato dall’estero, ma si prepara anche a esaminare le imprese che potrebbero essere costrette a ridurre la produzione.
«Prepariamoci al peggio»
In Germania l’impatto dell’opposizione all’aggressione russa dell’Ucraina ha già portato sulla via del fallimento il maggiore cliente di Gazprom, la società Uniper che ha chiesto all’esecutivo di Olaf Scholz di essere salvata con fondi pubblici, circa nove miliardi di euro. La Germania che si preparava al peggiore degli inverni possibili, ora teme anche un’estate che rischia di fare la storia.
Il piano di Erdogan per diventare l’alternativa energetica a Putin
Ufficialmente Gazprom chiuderà il Nord Stream 1, temporaneamente, per abituali lavori di manutenzione che dovrebbero durare dall’11 al 21 luglio. Ci credono in pochi.
All’ultimo miglio, ieri, il Canada di Justin Trudeau ha provato ad aiutare gli alleati europei, annunciando la restituzione di una turbina del gasdotto russo che la Germania aveva mandato a riparare oltre oceano ma che i canadesi avevano bloccato per via delle sanzioni, teoricamente condivise anche dai tedeschi, imposte ai russi. La turbina presa in ostaggio era stata usata da Putin come giustificazione per il taglio del 40 per cento delle forniture attraverso Nord Stream. Il Canada ieri si è augurato che la turbina riconsegnata possa accellerare i flussi di gas, peccato che intanto i flussi saranno stoppati e in molti temono che quelli dei giorni scorsi possano essere gli ultimi del gasdotto.
Il Nord Stream, del resto, è la fisica rappresentazione dei legami di dipendenza tra Germania ed Europa occidentale e Russia, qualcuno oggi direbbe del cinico compromesso che i paesi Ue hanno stretto con Mosca. Gli oltre 1.200 chilometri di condutture, costruite anche grazie all’apporto delle italiane Snam e Saipem, sono state progettate alla fine degli anni Novanta per evitare che il prezioso gas di Putin transitasse per paesi che potevano creare problemi soprattutto all’esportatore e di rimando agli importatori: evitata la Bielorussia, la Polonia, l’Ucraina, il Nord Stream è il filo, gigantesco e imponente in realtà, diretto tra il Reichstag e il Cremlino.
Dieci anni di filo diretto
Quel filo è stato inaugurato nel settembre 2011, nel pieno della crisi del debito europea, alla presenza dell’allora cancelliera Angela Merkel e del premier francese François Fillon e del temporaneo sostituto di Putin, Dmitrij Medvedev, e terminato definitivamente nell’estate del 2012. Allora i dilemmi morali di cui si discuteva nell’Unione erano ben diversi da quelli di oggi.
Probabilmente nessuno avrebbe immaginato i dati registrati a maggio di quest’anno dalla bilancia commerciale tedesca: un saldo negativo di un miliardo, il primo dall’anno 1991. Le importazioni dalla Russia sono crollate in pochi mesi del 54 per cento, le esportazioni del 29 per cento rispetto all’anno passato. I flussi commerciali tra Stati Uniti e Germania stanno cambiando, anche se i tedeschi continuano a esportare quasi il doppio di quanto importano.
In diverse città tedesche si stanno allestendo spazi comuni riscaldati per far fronte a ogni evenienza. Il governo, del resto, è stato chiaro: «Tutto è possibile, prepariamoci al peggio».
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