- Di solito gli azionisti di controllo dei grandi gruppi vengono remunerati attraverso i dividendi pagati a tutti i soci.
- L’erede della dinastia Agnelli è un caso diverso, dalle sue aziende ottiene anche compensi come un top manager.
- Il grande investitore Warren Buffett ha uno “stipendio” di 380mila dollari, Elkann solo dalla holding Exor si auto paga per oltre 8,5 milioni di euro.
Chi è il manager più pagato d’Italia? John Elkann. Negli ultimi dieci anni l’erede della dinastia familiare Agnelli ha ricevuto in media una ventina di milioni di euro l’anno di emolumenti dalle aziende del gruppo. È un compenso che batte quello dei più blasonati top manager italiani, supera quello di Carlos Tavares, amministratore delegato di Stellantis, e lascia indietro quasi tutti i top manager dell’auto.
John Elkann è il maggiore azionista di quella che un tempo si chiamava “galassia Agnelli”; nella maggior parte dei casi i grandi azionisti – soprattutto quelli dei maggiori gruppi - si limitano a incassare i dividendi dalle loro società, che fanno gestire a manager professionisti.
Quando i soci di controllo assumono il ruolo, per lo più onorifico, di presidente, ricevono per questa attività compensi spesso simbolici, e comunque molto inferiori a quelli dei manager operativi. Elkann invece, non solo è diventato dirigente di più d’una delle sue aziende, ma i suoi guadagni con tale veste sono nel tempo cresciuti fino al doppio di quanto ha incassato come azionista.
L’erede dell’avvocato Agnelli è presidente della società olandese Giovanni Agnelli B.V, nella quale sono rappresentati tutti i rami degli eredi del fondatore della Fiat: gli Elkann, gli Agnelli di Andrea presidente della Juventus, i Nasi, i Rattazzi, e così via; l’unica partecipazione della Giovanni Agnelli B.V. è il 53 per cento di Exor, holding anch’essa olandese e quotata in Borsa.
Exor è quello che si chiama una holding finanziaria, ha solo 23 dipendenti e l’unica attività che svolge è quella di gestire un portafoglio di partecipazioni in società operative: Stellantis (fino all’anno scorso Fiat Chrysler Automobiles), Ferrari, Cnh Industrial (con Iveco), il gruppo assicurativo americano PartnerRe (in via di cessione), Juventus, la società Gedi che contiene i quotidiani La Repubblica e La Stampa, il settimanale britannico The Economist.
Elkann è da dieci anni presidente e amministratore delegato di Exor, ed è per questa carica che riceve il grosso degli emolumenti (è anche presidente di Stellantis e presidente della Ferrari, della quale è anche stato amministratore delegato ad interim per nove mesi fino all’agosto scorso).
Quanto “pesa” il lavoro di Elkann come amministratore delegato di Exor? Poiché Exor è una holding finanziaria, si tratta di decidere se e quando investire in nuove società, se e quando vendere le aziende che si hanno; un lavoro più da gestore di fondi d’investimento che da amministratore delegato di una grande imprese; c’è poi l’aspetto “politico”, specialmente in Italia, anche se i rapporti del gruppo con il nostro paese sono molto meno rilevanti di un tempo.
C’è poi la responsabilità di scegliere i massimi dirigenti delle quattro o cinque aziende più “pesanti”, in modo da farle crescere e “rendere” al meglio. Nel caso di Exor il terno al lotto fu vinto nel 2004 con la scelta di Sergio Marchionne, scelta compiuta non da Elkann, ma dal suo prozio Umberto Agnelli.
Stipendio fisso
I bilanci di Exor riportano che i compensi di Elkann sono saliti da poco meno di un milione di euro nel 2008 a oltre 10 milioni nel 2019, per poi scendere a 8,5 milioni l’anno scorso, quando tutti i consiglieri d’amministrazione si sono ridotti gli stipendi in tempi di Covid.
Le cifre comprendono gli stipendi base e i costi stimati per l’azienda dei compensi in azioni da parte di tutte le controllate; questi ultimi, come vedremo, sottostimano però l’effettivo ammontare dei guadagni di Elkann sui piani azioni.
Per i lettori meno esperti di finanza, può essere utile una premessa.
Le stock option sono una forma di compenso che prevede per i dirigenti, al raggiungimento di determinati obiettivi, il diritto di acquistare azioni dell’azienda a un prezzo prefissato (prezzo di esercizio). Questo diritto può essere esercitato dopo un certo numero di anni: se le azioni si rivalutano, acquistandole al prezzo prefissato e rivendendole in Borsa, si possono ottenere guadagni anche consistenti.
Le stock option nacquero negli Stati Uniti all’inizio del secolo scorso, proprio per compensare i manager professionisti che non avevano quote dell’azienda; si diffusero poi a macchia d’olio nel dopoguerra, quando furono rese fiscalmente molto convenienti. Al giorno d’oggi il grosso dei compensi di un top manager è rappresentato da azioni e non dallo stipendio.
Alle stock option si sono poi aggiunti gli stock grant, quando il manager riceve direttamente azioni al raggiungimento degli obiettivi. In un crescendo di generosità, ci sono infine stock option oppure stock grant che non fissano obiettivi ma sono solo legati al fatto che il manager rimanga in azienda.
Elkann ha goduto di tre piani di stock option su azioni Exor. Il primo su 795 mila azioni per il periodo tra il 2011 e il 2019; il secondo su 450 mila azioni varato nel 2012; il terzo, ancora in corso, su poco più di 2 milioni di azioni, varato nel 2016 per il periodo 2017-2021.
I primi due piani sono già stati interamente monetizzati da Elkann, che ha comprato le azioni al prezzo di esercizio e le ha rivendute in borsa. Il primo nel 2019, con un guadagno (al lordo delle tasse) di circa 32,3 milioni di euro; il secondo quest’anno con un guadagno complessivo, sempre lordo, di altri 24,6 milioni.
Ancora di più potrebbe arrivare dal terzo piano azioni: la differenza fra il prezzo di Borsa di venerdì (84,92 euro) e il prezzo di esercizio di 32,38 euro, moltiplicata per oltre 2 milioni di titoli, supera i 105 milioni di euro.
Il totale può quindi superare i 160 milioni di euro per lo svolgimento di un ruolo manageriale sull’arco di dieci anni, dal 2011 al 2021 – ovvero circa 16 milioni di euro l’anno. Si noti che il piano di incentivi 2012 vincolava l’assegnazione ad Elkann delle opzioni al raggiungimento di obiettivi di rendimento; quello 2016 è invece unicamente condizionato «alla continuazione del rapporto professionale con la società o una sua controllata». Continuazione di rapporto che è probabile nel caso di Elkann, visto che l’azienda è sua.
Allineare gli interessi
Con un tocco di involontaria comicità, nel bilancio 2020 di Exor è scritto che l’obiettivo degli incentivi di lungo periodo in azioni è di «allineare gli interessi degli amministratori esecutivi con quelli degli azionisti della società». Ma se l’unico amministratore dell’azienda è anche il principale azionista, gli interessi non dovrebbero essere già “allineati”?
Ai compensi che Elkann riceve da Exor si aggiungono stipendi e piani azioni delle aziende controllate. Fca gli ha pagato uno stipendio di 1,5 milioni nel 2019, che poi si è più che dimezzato nel 2020 (come per gli altri consiglieri) per l’effetto Covid. Il piano azioni di Fca – stock grant da 1 milione di azioni, in parte legate ad obiettivi di rendimento - è stato trasferito a Stellantis al momento della fusione tra Fca e Peugeot; il milione di azioni Stellantis potenzialmente ottenibile da Elkann per gli anni 2020-2023 vale attualmente circa 17 milioni di euro, oltre 4 milioni l’anno.
Ferrari ha pagato a Elkann un totale di 300 mila euro nel biennio 2019-2020, fra stipendio base e benefit; il presidente è però titolare di un piano di stock grant (in arrivo nel 2022 e 2023) che ai prezzi attuali vale poco più di 5 milioni di euro.
Elkann non ha ruoli in Cnh Industrial; quanto alle società editoriali, non riceve emolumenti da The Economist, dal cui consiglio d’amministrazione si è dimesso nel settembre 2020. Gedi aveva remunerato il consigliere Elkann con 25mila euro nel 2019, quando l’azienda era quotata e controllata dal gruppo Cir. Non vi sono informazioni successive all’acquisto da parte di Exor.
Non è finita….
Exor proporrà ai soci di approvare nel maggio 2022 un altro piano azioni. Come scrive il report annuale 2020 di Exor, «si è tenuto conto anche del punto di vista dell’amministratore esecutivo [Elkann] sul proprio pacchetto retributivo».
Stellantis ha approvato nell’assemblea del 15 aprile scorso le linee guida per la remunerazione dei due amministratori esecutivi, ovvero il presidente Elkann e l’amministratore delegato Carlos Tavares.
Il loro piano di stock grant per il periodo 2021-2025 comprenderà «un numero massimo di 10,5 milioni di azioni ordinarie» legate in parte al raggiungimento di obiettivi finanziari e operativi.
Al prezzo di borsa di venerdì, il piano azioni Stellantis vale un massimo di 186 milioni di euro in cinque anni; ipotizzando che la parte maggiore vada a Tavares, se Elkann ricevesse anche solo un quarto delle azioni, il massimo per lui sarebbe di 9 milioni annui; ad essi si aggiungono naturalmente il salario base e gli elementi accessori di retribuzione (tra i quali Stellantis cita l’utilizzo a fini personali dell’aereo aziendale).
Mister 20 milioni
È difficile calcolare con precisione quanto guadagna Elkann con il cappello da dirigente: le opzioni dei piani esistenti di Stellantis e Ferrari devono ancora in parte maturare, mentre i dettagli dei nuovi piani Exor e Stellantis non sono ancora noti.
Si può, però, già ragionevolmente stimare che Elkann abbia incassato o possa incassare per i dieci anni di lavoro tra il 2011 e il 2021, tra stipendi, bonus e opzioni, una media di almeno 20 milioni di euro l’anno; più del doppio di quanto gli hanno fruttato negli ultimi anni i dividendi come azionista di controllo del gruppo.
Tutti gli emolumenti che Elkann ha percepito da Exor sono sempre stati approvati in assemblea con voto favorevole anche degli investitori istituzionali, tranne nell’assemblea del 2021 quando, contando solo questi ultimi, il Rapporto remunerazioni sarebbe stato bocciato di misura. Questi voti comunque contano poco, perché sono solo consultivi e perché gli Agnelli hanno la maggioranza assoluta. Gli investitori possono votare “con i piedi”, ovvero vendendo le azioni, ma finora sono stati più che soddisfatti dalla continua rivalutazione del titolo Exor.
La risoluzione relativa al piano azioni è stata approvata dai soci di Stellantis con il voto decisivo degli azionisti di controllo: Exor, lo Stato francese, la famiglia Peugeot e i cinesi di DongFeng; la stragrande maggioranza dei soci indipendenti ha votato contro.
I guadagni da azionista
Elkann è proprietario del 60 per cento della società Dicembre, in cima alla catena di controllo del gruppo; il resto appartiene al fratello Lapo e alla sorella Ginevra. Dicembre controlla il 38 per cento della Giovanni Agnelli B.V., che ha in portafoglio il 53 per cento di Exor.
Elkann percepisce di fatto le cedole solo dalla Dicembre (ad esse si aggiunge qualche “spicciolo” delle azioni da lui direttamente possedute in Stellantis e Ferrari). Quanto valgono queste cedole? Per semplicità abbiamo preso gli ultimi tre anni.
La Giovanni Agnelli BV ha pagato ai soci 42 milioni di euro nel 2019 e nel 2020; il dividendo è salito a 52 milioni nel 2021. Dicembre ne incassa il 38 per cento (36 per cento fino al 2020), ovvero (arrotondati) circa 15, 16 e 20 milioni rispettivamente; dedotte le tasse, la cedola netta per Dicembre è di 12,8, 13,5 e 16,8 milioni. Il 60 per cento di competenza di John Elkann equivarrebbe a 7,7 milioni nel 2019, 8,1 nel 2020 e 10 nel 2021. Naturalmente Elkann, come gli altri soci, incasserà il dividendo l’anno successivo e le cifre che abbiamo indicato sono, come negli altri casi, al lordo delle imposte
Il meccanismo a cascata, le cosiddette scatole cinesi, assicura insomma ad Elkann un potere economico e mediatico molto vasto con una quota di capitale relativamente ridotta, ma non garantisce un flusso di dividendi significativo: le cedole pagate dalle aziende operative, prima di finire nelle tasche dei soci, devono risalire tutta la catena di società.
Per esempio, i dividendi straordinari pagati di recente da Fca - due miliardi dopo la vendita di Magneti Marelli e 2,9 miliardi dopo la fusione con Psa - non sono ancora risaliti ai piani alti del gruppo.
Grazie, Marchionne!
Sulla carta, il grosso dei guadagni che Elkann ha ottenuto negli ultimi dieci anni come azionista di riferimento del gruppo viene dall’aumento di valore di Exor, che da fine 2010 - appena prima che Elkann assumesse il ruolo di presidente - - ad oggi si è più che quadruplicato, da meno di 5 a poco più di 20 miliardi. Prendendo l’attuale capitalizzazione di Exor e moltiplicandola per la quota indiretta attribuibile ad Elkann (12,1 per cento), si ottiene un valore di 2,4 miliardi di euro.
Il grosso del merito per la crescita di valore di Exor è attribuibile a Sergio Marchionne, come lo stesso Elkann ha più volte riconosciuto. Nel rapporto annuale (2016) di Exor si legge: «Il contributo più grande all’aumento di valore è arrivato da Cnhi, Fca e Ferrari, tre aziende globali nate dalla trasformazione del conglomerato in crisi Fiat spa, grazie al talento unico di Sergio Marchionne. Il risultato di questa trasformazione si vede nel fatto che il valore combinato delle tre aziende si è quasi moltiplicato per sette tra il marzo 2009, quando Exor è stata creata, e il dicembre 2016».
Le plusvalenze, però, non finanziano da sole un tenore di vita da Agnelli: per quanto le azioni si siano rivalutate, per trasformarle in soldi bisogna venderle. Anche volesse farlo, per Elkann questo è quasi impossibile: lui e gli altri eredi Agnelli non sono soci di Exor quotata in Borsa ma della Dicembre e della Giovanni Agnelli BV; in base allo statuto delle due società, però, le azioni possono essere possedute solo dai discendenti del senatore Agnelli.
John dovrebbe quindi vendere ai fratelli o ai cugini, che però hanno il suo stesso problema: monetizzare.
Finora è stata proprio la Dicembre a ritoccare al rialzo la sua partecipazione, mentre alcuni degli altri rami della dinastia hanno gradualmente ridotto le loro. Nel caso qualcuno voglia vendere e non si trovi un compratore, ci pensa la stessa Giovanni Agnelli BV a fare da “compratore di ultima istanza”.
E le altre dinastie?
Il meccanismo delle scatole cinesi è piuttosto comune in aziende familiari centenarie. In forma diversa lo usano per esempio anche i Ford; anche Bill Ford, pronipote del fondatore, ha assunto un ruolo manageriale in azienda e viene pagato come presidente; nel 2020 ha incassato 16 milioni di dollari, circa 13,8 milioni di euro.
Tra gli altri top manager del settore, Mary Barra, ceo della General Motors, ha guadagnato nel 2020 l’equivalente di 20,4 milioni di euro, in crescita sul 2019; Herbert Diess della Volkswagen ha incassato 7,9 milioni, in calo dai 9,8 del 2019 (il suo compenso massimo totale, compresi i benefit concessi e non maturati, potrebbe però arrivare a 17 milioni). Il compenso 2020 di Tavares non è noto perché la relazione di Psa, grazie alla fusione con Stellantis, non è mai stata pubblicata; nel 2019 aveva ricevuto 7,6 milioni di euro. Quanto ai proprietari che hanno anche ruoli in azienda, Stefan Quandt e Susanne Klatten - eredi del fondatore della Bmw - siedono nel consiglio di sorveglianza e loro compensi annui sono rispettivamente di 430mila e 218mila euro.
Sempre nel settore auto, Wolfgang Porsche è il leader del gruppo familiare Porsche-Piech, che con la holding Porsche SE controlla il colosso Volkswagen (all’interno della quale ci sono anche le auto Porsche); Herr Dr. Wolfgang Porsche ha ricevuto nel 2020 200mila euro come presidente del consiglio di sorveglianza della Porsche SE e 442 come membro del consiglio di sorveglianza della Volkswagen.
Interpellato da Domani, un portavoce di Exor osserva che per quanto riguarda i confronti di compensi tra dirigenti «la compensation di John Elkann non può essere riferita agli executive del settore automotive: anzitutto Exor non è (solo) automotive: ad esempio la società di maggior valore di Exor è Ferrari, che non ha certo i multipli dell’auto; e poi gli executive dell’auto non presentano la voce [di compensi] derivante dai dividendi di cui sopra».
Un caso forse ancora più “vicino” a Elkann è quello del leggendario finanziere americano Warren Buffett, idolo e ispiratore dell’erede Agnelli. Buffett è l’azionista di controllo della holding americana Berkshire Hathaway e dispone di un patrimonio che Forbes stima in oltre 104 miliardi di dollari. Buffett si avvale di due vice-presidenti operativi, pagati 19 milioni di dollari ciascuno nel 2020; lui invece per la sua attività si “accontenta” (dati 2020) di 380mila dollari, benefit compresi.
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