Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti hanno ottenuto il taglio del canone Rai in manovra. L’annuncio in conferenza stampa: in realtà, il taglio di 20-25 euro rispetto ai 90 euro attuali sarà compensato dallo stato con versamenti di altri fondi
Matteo Salvini l’ha portata a casa, ha ottenuto il taglio del canone Rai. La misura di bandiera della Lega è stata annunciata nella conferenza stampa di presentazione della legge di bilancio.
«Ci sarà un primo intervento sul canone Rai che sarà tagliato dalla bolletta dei contribuenti» ha sottolineato Salvini. «Da 90 passa a 70 euro, è l'inizio di un comportamento virtuoso» ha detto il vicepremier e ministro dei Trasporti e Infrastrutture. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha spiegato che «per quanto riguarda il canone un quarto non viene più pagato in bolletta, c'è una riduzione in rate da 20 a 15 euro».
Il taglio
L’importo totale scenderà da 90 a 70 o forse addirittura 65 euro. Un traguardo per il Carroccio, che batte su questo tasto da sempre: in primavera, le ambizioni della Lega erano state smorzate da Fratelli d’Italia, che non voleva privare i suoi vertici a viale Mazzini dei fondi provenienti dal canone. Era stato addirittura aperto un tavolo presso il ministero dell’Impresa a questo proposito, senza che però il confronto avesse seguito.
Ora, l’accordo è stato trovato. Per Salvini e il resto del partito è solo il primo passo di un intervento strutturale che rimuova del tutto il contributo. Ma la verità è che – almeno dalle prime indiscrezioni che filtrano da viale Mazzini e via XX settembre, visto che il testo è ancora in fase di definizione – i fondi destinati al servizio pubblico non dovrebbero diminuire in assoluto, compensati da altri stanziamenti dello stato. Nello specifico, ben 420 milioni di contributi annui per investimenti in digitalizzazione per il 2023, 2024, 2025. Fondi, insomma, sempre dei contribuenti.
Ma soprattutto, fondi a discrezione del governo: il fatto di cambiare la proporzione tra canone e fiscalità generale dà un margine di decisione molto più ampio al governo, che può ampliare o ridurre a sua discrezione i fondi destinati al servizio pubblico.
© Riproduzione riservata