Il capitale dell’uno per cento più ricco del pianeta sta crescendo, ma le tasse che pagano i super miliardari sono ai minimi storici.

Questo è quanto emerge da un’analisi di Oxfam diffusa venerdì, in occasione del vertice dei ministri delle Finanze e dei governatori delle Banche centrali del G20 ospitato a Rio de Janeiro.

Mentre le disuguaglianze si stanno facendo più nette, con una distanza siderale che separa la nicchia più benestante dal resto della popolazione mondiale, il discorso sui contributi fiscali non è mai stato così urgente, denunciano gli economisti.

La povertà estrema sta aumentando

«La disuguaglianza e l’ingiustizia stanno raggiungendo livelli osceni e sono un serio ostacolo allo sviluppo», ha detto il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, in un intervento al World economic forum (Wef) di gennaio. «Allo stesso tempo, più della metà del mondo, quasi cinque miliardi di persone, sono diventate più povere».

I numeri della povertà estrema, infatti, nel 2022 erano più bassi rispetto al 2019, ma questo vale solo per le regioni più prospere. Nel 2022 un totale di 712 milioni di persone a livello globale vivevano in povertà estrema, con un aumento di 23 milioni di persone rispetto al 2019. Tutti concentrati nei paesi a basso reddito.

Mentre l’obiettivo di porre fine alla povertà estrema entro il 2030 sembra ormai palesemente fuori portata, il patrimonio dei più ricchi non solo aumenta sempre di più, ma cresce anche sempre più velocemente rispetto a quello dei poveri.

L’incremento della ricchezza dei più super miliardari, di ben 42mila miliardi di dollari nel decennio 2013-2022, è pari infatti a 34 volte quello registrato dalla metà più povera della popolazione mondiale nello stesso periodo, secondo l’analisi Oxfam.

Ma se i ricchi hanno registrato un rendimento nominale annuo lordo del 7,5 per cento, negli ultimi quarant'anni anni questi stessi miliardari globali hanno versato al fisco, in media, solo lo 0,5 per cento dei loro patrimoni.

Le tasse ai ricchi non sono abbastanza

Oxfam stima che oggi nei paesi del G20, per ogni dollaro di entrate fiscali, meno di otto centesimi derivano da imposte sulla ricchezza.

Questo accade perché, mentre la maggior parte delle persone vive dei propri stipendi, i magnati vivono della propria ricchezza. I super ricchi ottengono, infatti, la maggior parte del loro reddito attraverso guadagni da capitale, come dividendi, interessi, plusvalenze su investimenti, che spesso sono tassati meno rispetto al reddito da lavoro.

Le tasse sulle imprese e le imposte di successione sono state, però, significativamente ridotte negli ultimi decenni, permettendo la trasmissione di enormi patrimoni soggetti a tasse minime. Negli Stati Uniti, ad esempio, l'aliquota massima dell'imposta sulle società è stata ridotta dal 35 per cento al 21 per cento nel 2018.

Inoltre, le aziende spesso non distribuiscono i loro profitti sotto forma di dividendi, che sarebbero quote tassabili delle società, ma li reinvestono.

Questo non solo aumenta il valore delle azioni possedute dai ricchi, ma evita anche l'imposizione immediata sui dividendi. Aziende come Amazon e Tesla trattengono i profitti, aumentando il valore delle loro azioni senza creare un evento tassabile per i proprietari delle azioni.

Le possibili soluzioni

Tra le soluzioni più immediate per contenere le disparità galoppanti ci sono le imposte minime globali sui profitti delle multinazionali, di cui una, la Global minimum tax, pari al quindici per cento applicabile a tutte le multinazionali con un fatturato annuo di almeno 750 milioni di dollari, è in vigore dal 1° gennaio.

In Italia, la Global Minimum Tax del 15 per cento è stata introdotta attraverso un decreto legislativo che mira a contrastare soprattutto le multinazionali che eludono le imposte nazionali.

Una delle nuove regole introdotte, l’Income inclusion rule, impone infatti alle società che hanno delle sussidiarie estere soggette a tassi fiscali inferiori di pagare un’imposta aggiuntiva. Ad esempio, se una filiale in un paradiso fiscale paga solo il cinque per cento di tasse, la società madre dovrà aggiungere un ulteriore dieci per cento per raggiungere il 15 per cento da pagare allo Stato.

L’altra proposta per contrastare le disuguaglianze è un coordinamento internazionale sulla tassazione sui patrimoni dei miliardari, per garantire che i super ricchi contribuiscano in modo equo alle casse pubbliche.

Un contributo più giusto 

Quasi tre quarti dei milionari intervistati nei Paesi del G20 sono favorevoli all'aumento delle imposte ai super miliardari; oltre la metà di loro pensa che la ricchezza estrema sia una “minaccia per la democrazia”.

La richiesta di aumentare le tasse sui più ricchi è sostenuta da una parte consistente dell'opinione pubblica mondiale, ha detto Misha Maslennikov, policy advisor sulla giustizia fiscale di Oxfam Italia.

Già il 17 gennaio, in occasione del World economic forum, 250 miliardari e multimilionari avevano chiesto di introdurre tassazioni patrimoniali in una lettera pubblicata dal Guardian.

«La nostra richiesta è semplice: vi chiediamo di tassare noi, i più ricchi della società. Ciò non modificherà radicalmente il nostro tenore di vita, né priverà i nostri figli, né danneggerà la crescita economica delle nostre nazioni. Ma trasformerà la ricchezza privata estrema e improduttiva in un investimento per il nostro futuro democratico comune», era scritto nella lettera.

Uno studio pubblicato dall’Oxfam a febbraio mostrava come una tassa del solo cinque per cento sul patrimonio dei ricchi dei paesi del G20 potrebbe raccogliere circa 1.500 miliardi di dollari all’anno, sufficiente a raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, tra cui porre fine alla fame nel mondo e aiutare i paesi a basso e medio reddito ad adattarsi ai cambiamenti climatici. E anche in quel caso da tale contributo avanzerebbero più di 546 miliardi di dollari da investire in servizi e politiche pubbliche per contrastare le disparità sociali. 

«A fronte di una simile richiesta di maggiore giustizia distributiva, c’è da chiedersi se i governi del G20 mostreranno volontà politica e decideranno di cooperare su misure coordinate di tassazione degli ultra ricchi o se invece, malauguratamente, preferiranno mantenere l’attuale iniquo status quo,» ha aggiunto Maslennikov.

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