Un uomo d’affari franco-svizzero che investe milioni da noi. Una contesa che arriva a Washington e non lascia scampo all’Italia. Un edifico storico di Zurigo che potrebbe cambiare proprietario. Sembra l’inizio di una spy story internazionale, ma è una storia molto italiana che mostra come incertezze e ritardi normativi frenano la transizione energetica.

Gli investitori scappano a gambe levate, rallentando lo sviluppo delle rinnovabili, e i risarcimenti ricadono sui contribuenti italiani. Il tutto in un paese in cui il 44 per cento dell’energia prodotta proviene da eolico e fotovoltaico e in cui il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima mira al 63,4 per cento di produzione green entro il 2030. Un traguardo che non pare proprio a portata di mano.

Come cambiano le regole

Al centro di questa storia c’è la vertenza che contrappone lo stato italiano e una società di investimenti tedesca di proprietà dell’imprenditore franco-svizzero Francis Louvard. All’inizio degli anni 2000 la società aveva investito 399 milioni di euro in 356 impianti fotovoltaici in Italia, in cambio dell’impegno dello stato a corrispondere una remunerazione fissa per l’energia solare prodotta.

Per gli investitori il rischio di insolvenza era minimo, dato che i governi supportavano l’intero progetto infrastrutturale e il programma di finanziamento era garantito dalla legislazione Ue. Ma con l’introduzione del decreto Spalma incentivi – era il 2014, con Matteo Renzi a palazzo Chigi – i sostegni per gli impianti fotovoltaici sono stati ridotti del 25 per cento, con una rimodulazione su un periodo di 24 anni anziché 20.

Ciò ha comportato una riduzione retroattiva della remunerazione corrisposta dal nostro paese a Louvard e ai suoi soci, che hanno avviato un arbitrato al Centro per il regolamento delle controversie relative agli investimenti (Icsid), con sede a Washington. La sentenza, arrivata nel 2020, ha condannato l’Italia a risarcire l’uomo d’affari con 16 milioni di euro a causa della «modifica degli impegni che avevano spinto la società ricorrente a fare gli investimenti».

L’Italia, sconfitta presso l’Icsid anche in sede di ricorso, non ha però pagato la cifra, spingendo gli avvocati di Louvard ad aprire una nuova vertenza presso il tribunale civile del cantone di Ginevra. La richiesta questa volta è lievitata a 28 milioni di euro. «Abbiamo incontrato i funzionari del ministero dell’Ambiente (di cui è titolare Gilberto Pichetto Fratin, ndr), ma abbiamo capito che a livello ministeriale c’erano conflitti interni che rendevano difficile l’attuazione del lodo», ha detto Louvard alla stampa elvetica.

Una Casa a rischio

Per ricevere il risarcimento, l’imprenditore ha così ottenuto dal tribunale ginevrino l’emissione di un decreto di sequestro sulla Casa d’Italia a Zurigo, storico edificio di proprietà dello stato italiano che per oltre un secolo è stato crocevia della nostra emigrazione in Svizzera. Lo stabile è sottoposto a ristrutturazione e in futuro dovrebbe ospitare il Consolato generale italiano, oltre all’Istituto di cultura e al Comites (l’organo di rappresentanza degli italiani all’estero).

Il 26 marzo il caso sarà oggetto di un’interrogazione parlamentare presentata dal deputato della Lega Simone Billi. I lavori di ristrutturazione, infatti, dovrebbero essere conclusi entro il 2 giugno 2026. Ma ora le tempistiche sono in dubbio. Trattandosi di un sequestro conservativo non ci sono impedimenti legali che ne blocchino il completamento ma, se il tribunale confermerà il risarcimento, l’edificio sarebbe la garanzia per il pagamento di quanto dovuto.

Ritardo chiama ritardo

Lo scoppio del caso Louvard ha allertato gli operatori del settore che già sono in possesso delle autorizzazioni per costruire nuovi impianti, che ci tengono a sapere in anticipo – e possibilmente con certezza – quali incentivi avranno dal governo. In modo da non trovarsi, tra qualche tempo, in spiacevoli situazioni. Del resto, è dal 2021 che il settore aspetta il decreto Fer X, che dovrebbe consentire l’avvio di altri progetti per grandi impianti verdi.

Dopo anni di annunci e marce indietro, a febbraio il decreto è entrato in vigore (anche se in una versione transitoria), stabilendo come saranno favoriti gli impianti di energia rinnovabile. Ma intanto i ritardi accumulati – a cui si sommano i decreti Agricoltura e Aree idonee, che disincentivano il fotovoltaico – hanno allontanato la possibilità di rendere l’Italia indipendente da fonti energetiche estere, oltre a far lievitare i costi di sviluppo degli impianti.

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