- La Germania ha appena aggiornato il suo salario minimo, mantenendolo intorno al 60 per cento del reddito mediano come suggerito dalla teoria economica.
- Nonostante la copertura dei contratti collettivi, un minimo universale avrebbe moltissimi vantaggi anche in Italia, a patto che il livello non sia né troppo alto né troppo basso.
- L’ideale sarebbe un valore intorno ai 7,5 euro lordi l’ora (o poco più alto, considerando l’inflazione), ma la maggior parte delle proposte sono molto superiori, con rischio di distorsioni sul mercato del lavoro.
La commissione che si occupa della definizione del salario minimo in Germania ha approvato un aumento a partire dal 2024. La cifra è stata molto discussa e si tratta di soli 41 centesimi lordi l’ora. Lavoratori e sindacati hanno protestato perché lo ritengono un valore non congruo alle necessità dei lavoratori, ma la teoria economica non sembra dalla loro parte.
Il salario minimo era già stato ritoccato poco meno di un anno fa, a ottobre 2022, quando era passato da 9,82 a 12 euro l’ora. L’aumento di giugno va quindi considerato una risposta all’inflazione dei soli ultimi mesi. La commissione ha fissato il valore al livello che la maggior parte degli economisti ritiene ideale per la misura: il 60 per cento del reddito mediano.
I vantaggi
Il salario minimo presenta molti vantaggi. Anche in un mercato del lavoro particolarmente coperto dai contratti collettivi nazionali come il nostro (circa il 97 per cento, secondo Cgil), alcuni lavoratori potrebbero rimanere esclusi.
Se pure si trattasse di una piccola parte, l’impossibilità di un minimo salariale garantito condannerebbe questi lavoratori alla povertà. Inoltre, una parte consistente dei contratti nazionali deve attendere anni per il rinnovo.
Non è così grave in una situazione come quella dell’ultimo decennio, in cui l’inflazione è stata molto bassa, può diventarlo in condizioni come quella che stiamo vivendo.
Una parte consistente dei contratti nazionali prevede minimi che non garantiscono una vita dignitosa. È il caso del Ccnl della vigilanza privata, il cui minimo a 3,96 euro l’ora è stato giudicato incostituzionale.
Si potrebbe obiettare che il problema non sono i contratti collettivi in sé, ma il fatto che siano applicati in maniera scorretta. Se fossero aggiornati prima della scadenza a condizioni accettabili, rimarrebbe un problema dei pochi lavoratori non coperti dai Ccnl.
Se ne parla da anni e i problemi persistono: rappresentanti di imprese e lavoratori continuano ad accordarsi in ritardo, spesso con aumenti già superati dall’inflazione. I sindacati hanno maggiore o minore potere contrattuale a seconda del settore.
In attesa di risolvere i problemi del Ccnl, il salario minimo si presenta come una soluzione. Consentirebbe sia una copertura universale, sia uno strumento chiaro e inequivocabile per la contrattazione
Il lobbismo e i rischi economici
Ma allora perché non lo abbiamo ancora introdotto? I motivi sono sia politici sia economici. I rappresentanti di lavoratori e imprese hanno tutto l’interesse perché non sia approvato.
La loro enorme influenza, seppur in calo, dipende moltissimo dal fatto che sono gli unici a poter definire i contratti. Esiste naturalmente una contrattazione di secondo livello, con una relazione diretta tra lavoratori e imprenditore, ma è decisamente marginale rispetto ai Ccnl.
C’è dunque un primo problema di lobbismo. Viene poi una questione economica: il salario minimo non può essere né troppo basso, né troppo alto, per non generare distorsioni sul mercato.
Un minimo esiguo permetterebbe ai datori di lavoro di spingere verso il basso i salari, un livello troppo alto li metterebbe in difficoltà, costringendoli a offrire una retribuzione elevata per mansioni a basso valore aggiunto.
Questo porterebbe sia a un aumento della disoccupazione sia a un aumento del lavoro nero, per evitare di rientrare negli obblighi del salario minimo.
Quanto dovrebbe valere in Italia
La regola del 60 per cento del reddito mediano è stata correttamente applicata in Germania. Cosa accadrebbe se la utilizzassimo anche in Italia? Nel 2018, la retribuzione oraria mediana era pari a 12,61 euro.
In questo caso, il salario minimo dovrebbe valere intorno ai 7,50 euro lordi l’ora, mille euro netti al mese su tredici mensilità. Ma va considerato che i dati riguardano cinque anni fa.
L’assenza di inflazione degli ultimi dieci non renderebbe la cosa un problema, ma la situazione è cambiata negli ultimi mesi. Dal 2018 a oggi, il livello generale dei prezzi è aumentato del 17,5 per cento. Immaginando che le retribuzioni siano salite allo stesso livello dell’inflazione, il salario minimo oggi dovrebbe essere vicino agli 8,8 euro l’ora, non molto lontano dai 9 proposti dalle opposizioni.
È improbabile che le retribuzioni siano aumentate esattamente alla stessa velocità dell’inflazione, ma anche andando per difetto, non dovrebbe essere più basso di 8 euro lordi l’ora. I 9 proposti sono sicuramente un’ottima base per una discussione su uno strumento per cui il nostro mercato del lavoro non può più aspettare.
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