Il decreto convertito in legge cambia il bonus per come lo abbiamo conosciuto: le spese saranno detraibili in dieci anni e c’è lo stop definitivo alla cessione del credito. La norma mette in difficoltà chi non ha avviato le opere e chi non ha ancora fatto pagamenti, con il rischio di dover bloccare i lavori. Gli esodati del Superbonus: «La retroattività mina il patto tra i cittadini e lo stato»
Dopo le tensioni nella maggioranza e le critiche di banche e imprese, il decreto con l’ultima stretta sul Superbonus ha ottenuto il via libera alla Camera ed è diventato legge. Il testo approvato giovedì contiene modifiche significative alle regole in vigore fino ad ora – con la detrazione decennale retroattiva e l’addio allo sconto in fattura e alla cessione del credito – e avrà un forte impatto sul settore edile.
Si apre così un orizzonte incerto che potrebbe portare a una nuova ondata di esodati del Superbonus. La tagliola della cessione dei crediti si sta infatti rivelando una trappola per almeno 15mila condomini in tutta Italia, con le associazioni di categoria mobilitate in difesa dei cittadini tagliati fuori dalla misura. Ma è solo un tassello del grande caos che regna nel mondo delle agevolazioni fiscali per lavori edilizi.
Esodati vecchi e nuovi
Sono circa un milione e mezzo le famiglie rimaste impigliate nei cambiamenti normativi che negli anni hanno riguardato l’incentivo per i lavori al 110 per cento. C’è chi ha investito i risparmi di una vita nella ristrutturazione di una casa di famiglia, prima che lo stato cambiasse le carte in tavola. Fino ad oggi molti cantieri si erano fermati perché le imprese non riuscivano a cedere i crediti e avevano problemi di liquidità; ora lo “spalma-detrazioni” blocca sconto in fattura e cessione del credito e allunga l’orizzonte temporale per recuperare le spese.
«Con l’estensione del recupero fiscale sarà meno conveniente detrarre i crediti maturati. Verrà meno la cessione dei crediti delle annualità residue e non si potranno usare i crediti per compensare i contributi Inps per gli anni a venire», dice Simone Giovanna, presidente dell’associazione Esodati del Superbonus. Ciò significa che i contribuenti che avevano avviato i lavori contando sulle agevolazioni non potranno più recuperare il bonus, pur avendo agito nel rispetto delle regole.
Dieci anni per detrarre
Secondo quanto prevede la legge, le spese del Superbonus saranno detraibili non più in quattro ma in dieci anni. E passa a dieci anni anche la detraibilità per il sisma bonus e il bonus barriere architettoniche. La norma è retroattiva: si dovrà cioè applicare alle spese sostenute già dal 1° gennaio 2024, mentre rimane la detrazione in quattro anni per le spese effettuate fino allo scorso dicembre.
Per avere il rimborso che spetta loro, i cittadini dovranno attendere più tempo di quello stimato in base alle vecchie regole. Un esempio? Prima del decreto, chi aveva effettuato spese per 40mila euro recuperava 10mila euro l’anno per quattro anni. Adesso, con la nuova legge, potrà riavere al massimo 2.800 euro l’anno in dieci annualità (dato che nel 2024 si può detrarre al 70 per cento e nel 2025 al 65 per cento).
Con le nuove misure arriva anche lo stop alla possibilità di cedere le rate residue delle detrazioni. In pratica, non sarà più possibile detrarre la prima rata e poi cedere le altre: una volta avviata la detrazione, questa si potrà utilizzare solo in dieci rate senza poter recuperare quelle successive alla prima attraverso la cessione del credito.
Via lo sconto e la cessione
Il decreto convertito alla Camera conferma poi la soppressione, salvo che in alcuni casi, dello sconto in fattura e della cessione del credito, le due opzioni alternative alla detrazione nel 730. Come è noto, lo sconto in fattura permetteva di vedersi abbattuto il costo della ristrutturazione direttamente dalla ditta fino a un importo pari al costo dei lavori. La cessione del credito, invece, implicava la “vendita” della detrazione da parte del contribuente all’indirizzo di un ente terzo (come una banca) in cambio del rimborso.
Queste possibilità sono stralciate per chi, al 30 marzo scorso, non ha pagato nemmeno una fattura collegata a lavori effettivamente realizzati. Poche sono le eccezioni. La soppressione non vale per gli interventi su immobili danneggiati dal terremoto dell’Aquila del 2009 e da quello nel centro Italia di otto anni fa. In questi casi l’agevolazione sarà mantenuta fino a esaurimento dei fondi disponibili, pari a 400 milioni per il 2024.
Se si fermano i cantieri
Che difficoltà incontreranno privati e imprese? Un primo scenario problematico riguarda i condomini che hanno avviato un cantiere ma non hanno fatto pagamenti con le relative fatture. Questi soggetti perderanno la cessione del credito. Stessa sorte toccherà a chi ha firmato un contratto con un’azienda che non ha ancora iniziato i lavori. In entrambi i casi, i proprietari dovranno mettere di tasca loro i soldi per far avanzare le opere, potendo poi contare sul recupero in dichiarazione dei redditi.
C’è poi il caso dei committenti privati che in passato hanno detratto una rata del Superbonus e che d’ora in poi saranno obbligati a fare lo stesso con le altre rate. Cosa succederà a chi è fiscalmente incapiente? Per paradosso, chi ha redditi così bassi da non avere “abbastanza tasse” da cui detrarre l’incentivo potrebbe essere destinato a perdere migliaia di euro.
Al tempo stesso, lo “spalma-detrazioni” potrebbe consentire a chi ha redditi più bassi (e una capienza fiscale inferiore) di recuperare tutte le spese sostenute. Per poter detrarre fino all’ultimo centesimo è infatti necessario che le tasse che si pagano siano superiori alla cifra detraibile, pari alla percentuale prevista dal bonus sulla spesa sostenuta per i lavori. In questo senso, l’estensione su dieci rate ha il pregio di non svantaggiare chi guadagna meno e quindi paga meno imposte.
Ma ciò che emerge chiaramente, in fondo, è che in molti preferivano la strada della cessione, mentre ora il carico dei lavori dovrà essere sopportato dai condomini, che potranno ricorrere alla detrazione ma dovranno metterci la liquidità iniziale. Soldi per sopportare spese ingenti che non tutti hanno e che potranno essere recuperati solo in dieci anni. È facile immaginare che in molti casi i lavori si fermeranno, per qualche tempo o magari per sempre.
La protesta delle banche
Un’altra novità, in prospettiva, è lo stop alle compensazioni per le banche. Dal 2025 gli istituti non potranno più procedere alla compensazione dei crediti d’imposta derivanti dai bonus casa con i contributi previdenziali, pena il recupero del credito con interessi e una multa. Inoltre, banche e assicurazioni che hanno acquistato crediti pagandoli meno del 75 per cento del loro valore originario dovranno ripartire le rate in sei quote annuali, senza poterle cedere.
Per capirne di più bisognerà aspettare le norme attuative del decreto. Banche e imprese, intanto, hanno chiesto dei correttivi. «Siamo stati il primo acquirente dei crediti e non capiamo una misura imprevista e imprevedibile che ha un effetto retroattivo. Presto saremo in difficoltà e a cascata lo saranno anche le aziende, che si ritroveranno con i rubinetti del credito chiusi», ha notato Antonio Patuelli, presidente dell’Abi.
Retroattività fa poi rima con incostituzionalità, almeno per l’associazione Esodati del Superbonus, che ha scritto una lettera al presidente della Repubblica Sergio Mattarella chiedendogli di non firmare il testo. «Questa legge introduce disposizioni retroattive, una pratica vietata dal nostro ordinamento e che mina la fiducia nelle istituzioni», dice ancora Giovanna. Secondo l’associazione, le nuove norme avranno un impatto devastante per cittadini e aziende già in ginocchio per i crediti incagliati e che ora subiranno un colpo fatale.
© Riproduzione riservata