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Secondo i servizi segreti, l’Italia può reggere uno stop al gas russo solo per breve tempo. Il governo prepara il ricorso a centrali inquinanti, che avranno anche indennizzi per i costi imprevisti. L’Eni insieme al ministro Di Maio cerca nuovo metano.
- Potranno anche essere superati i limiti attualmente in vigore per le emissioni. L’altra novità che emerge dalla bozza di decreto è che questo intervento straordinario sarebbe pagato: il governo infatti prevede che l’Autorità per l’energia individui gli “extracosti” e fissi un corrispettivo.
- Il ministro della Transizione ecologica Cingolani ha detto che non bisognerà mettere da parte gli obiettivi europei sulle rinnovabili, ma per il momento arrivano altro gas, carbone e petrolio.
L’Italia cerca di premunirsi: se il presidente Russo Vladimir Putin chiudesse i rubinetti del gas o se saltasse un tubo in Ucraina – paese da cui transita il metano diretto all’Italia – sarà possibile immediatamente intervenire con più carbone e olio combustibile (un derivato del petrolio) per l’elettricità e mettere da parte il metano per il prossimo inverno. Non solo, potranno anche essere superati i limiti attualmente in vigore per le emissioni. Ieri il Consiglio dei ministri ha varato un decreto ad hoc. La mossa era già stata anticipata dallo stesso presidente del Consiglio, Mario Draghi, nel corso dell’audizione alle camere di venerdì.
L’altra novità che emerge dalla bozza di decreto è che questo intervento straordinario sarebbe pagato, non è chiaro ancora con quali fondi: il governo infatti prevede che l’Autorità per l’energia individui gli “extracosti” e fissi un corrispettivo.
Secondo una fonte vicina alla materia, l’esecutivo ha messo in conto la manutenzione delle centrali ma anche e soprattutto l’aumento delle materie prime in momenti così difficili. Il rischio è che in Europa parta la corsa alle materie alternative al metano che fornisce la società russa di stato Gazprom.
Le centrali a disposizione
Il decreto individua come utilizzabili sette centrali a carbone, la loro potenza infatti deve essere superiore a 300 MW. La centrale di La Spezia (Eugenio Montale) e quella di Monfalcone di A2a – la multiutility lombarda – pur attive fino al 2021 sono attualmente spente. La prima necessiterebbe anche dell’autorizzazione integrata ambientale da parte del ministero per la transizione ecologica per ripartire, visto che Enel aveva intenzione di riconvertirla a gas. Ciò non toglie che un domani potrebbero tornare in attività all’occorrenza.
Per il momento restano immediatamente pronte a incrementare la produzione la centrale Brindisi sud (Puglia), la «Andrea Palladio» di Fusina, ai confini dell’area industriale di Porto Marghera in Veneto, e quella di Torrevaldaliga nord di Civitavecchia (Lazio), tutte di Enel. Quelle sarde di Fiumesanto (Ep Produzione) e Sulcis (Enel) sono già utilizzate per rifornire l’isola dove non è presente il metano. Il governo ha aperto anche alle centrali a olio combustibile – un derivato del petrolio –, dunque quella siciliana di A2a a San Filippo del Mela, in provincia di Messina.
I servizi segreti
Mentre stava per arrivare il decreto, i servizi segreti diretti da Elisabetta Belloni hanno lanciato un messaggio rassicurante: se venisse meno il metano russo dall’oggi al domani l’Italia resisterebbe senza dover spegnere tutto subito. L’Italia, ricorda la Relazione annuale 2021 presentata al parlamento, sul fronte energia dipende quasi totalmente dalle importazioni: «La strutturale ed elevata dipendenza dell’Italia dalle importazioni di gas, superiore al 95 per cento, è un elemento di criticità per la sicurezza dell’approvvigionamento nazionale».
Tuttavia l’Italia ha diverse strade e «una dotazione di infrastrutture di stoccaggio in grado di compensare la stagionalità della domanda», dunque le variazioni dei consumi se fa caldo o se fa freddo, «nonché eventuali problemi di funzionamento di un gasdotto o di un terminale di rigassificazione» per il gas naturale liquido. Il sistema infrastrutturale italiano, si legge, è in grado così di «soddisfare, grazie alla ridondanza, livelli di domanda molto elevati anche in caso di interruzione della principale infrastruttura di importazione», ossia «del gasdotto che trasporta i flussi in arrivo dalla Russia fino al punto di ingresso di Tarvisio e che, nel 2021, ha veicolato il 38 per cento del fabbisogno nazionale».
Non a caso il decreto interviene per specificare che per usare le centrali a carbone e olio non bisognerà per forza essere al grado massimo di emergenza. Gli stoccaggi sono di circa 8 miliardi di metri cubi di gas (una quantità che varia a seconda dell’utilizzo e alla quale d’inverno attingiamo tutti i giorni), mentre le riserve strategiche sono di 4,5 miliardi. Dati che si scontrano con il fatto che nel 2021 l’Italia ha importato dalla Russia 29 miliardi di metri cubi dal gasdotto che approda a Tarvisio: il problema è non trovarsi a dover spegnere tutto il prossimo inverno.
Le fonti “alternative”
Nel caso peggiore, carbone e olio combustibile non basterebbero, per questo si cerca di incrementare l’approvvigionamento di metano alternativo a quello russo. Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ieri è andato in Algeria con l’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi per vagliare la possibilità di importare tramite il gasdotto Transmed.
Il ministro per la Transizione, Roberto Cingolani, che ieri ha partecipato al consiglio straordinario dei ministri dell’Energia dell’Unione europea, ha detto comunque che le ambizioni climatiche del pacchetto europeo Fit for 55 non vanno abbandonate: «Tutti d’accordo sul fatto che dobbiamo accelerare sulle rinnovabili, nel contingente sono una parte della soluzione». E ha aggiunto: «Non deve essere questa una scusa per dire: rilasciamo i limiti ambientali». Per il momento altro gas, carbone e petrolio.
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