Macina record su record il titolo del BancoBpm. Oggi la quotazione ha raggiunto il massimo storico a quota 7,8 euro, per poi ripiegare leggermente e chiudere la giornata in rialzo del 2 per cento circa. Nel giro di due settimane il valore di Borsa della banca milanese è aumentato del 15 per cento a 11,6 miliardi. Quanto basta per mandare fuori giri i termini dello scambio proposto da Unicredit che è pronto a offrire, pagando con azioni proprie, circa 10,1 miliardi di euro per prendere il controllo dell’istituto guidato dall’amministratore delegato Giuseppe Castagna. Il nuovo balzo in Borsa si spiega con la novità di venerdì sera, quando poco prima delle otto della sera il Crédit Agricole ha reso noto che la sua partecipazione nel BancoBpm era salita dal 9,2 al 15,1 per cento.

«Per noi non cambia nulla», è il mantra rassicurante che esce dalle stanze di Unicredit dopo l’annuncio dei francesi. In effetti è probabile che la reazione del colosso finanziario transalpino fosse stata messa in conto.

Incognita politica

Di certo però adesso aumenta di molto il coefficiente di difficoltà di una scalata già di per sé tutt’altro che agevole. Gli analisti sono pressoché concordi nell’escludere che la Banque Verte, com’è conosciuto in Francia l’Agricole, punti a lanciare una controfferta per tutto il BancoBpm. Troppe le incognite, a cominciare da quella politica, perché non è affatto detto che la componente più ostile a Unicredit dentro il governo di Roma, cioè la Lega, sia per questo pronta a dare via libera ai francesi.

Piuttosto, la mossa annunciata venerdì scorso, costata almeno 600 milioni di euro, può essere spiegata con motivazioni tattiche. L’obiettivo finale sarebbe quello di far pesare quel pacchetto del 15 per cento (che potrebbe anche salire fin verso il 20) se mai si dovesse aprire una trattativa con Andrea Orcel, il capo di Unicredit, sul destino del BancoBpm. Una trattativa che si preannuncia molto complessa, con molte variabili da considerare.

La più importante riguarda l’asset management, un settore strategico dove proprio in queste settimane è in corso una partita miliardaria con protagonisti i maggiori gruppi finanziari del continente. Come noto, Generali potrebbe presto chiudere un accordo con Natixis, altro marchio che batte bandiera francese, per creare una società comune con 2 mila miliardi in gestione. Anche Amundi, che è controllata dal Credit Agricole, è pronta a dire la sua, visto che ha in corso da mesi trattative con il colosso assicurativo tedesco Allianz. Obiettivo finale: mettere insieme le forze nella gestione di patrimoni, dai fondi alle polizze.

Ne uscirebbe un gruppo da duemila e 800 miliardi di capitali amministrati che avrebbe ben pochi rivali in Europa. Caso vuole che entrambi i gruppi promessi sposi siano in qualche modo legati a Unicredit, di cui i tedeschi sono azionisti di peso con una quota di poco inferiore al 3 per cento, oltre ad aver stretto un accordo con la banca di Orcel per la vendita delle proprie polizze vita e danni. Amundi, invece, vanta un accordo con Unicredit per la distribuzione dei propri prodotti finanziari.

È a questo punto che entra in gioco il duello su BancoBpm. Questo almeno è il parere di molti analisti, pronti a scommettere che Credit Agricole potrebbe cedere il suo pacchetto del 15 per cento agli scalatori italiani negoziando una contropartita che comprenderebbe, oltre a un pagamento cash, anche la proroga dell’intesa tra Unicredit e Amundi, che scade nel 2027.

Secondo fronte

Gli stessi analisti segnalano che c’è anche un altro fronte aperto. La posta in palio, questa volta, è il controllo di Anima, la società di gestione del risparmio su cui il BancoBpm ha lanciato un‘Opa in Borsa a inizio novembre, poco prima di finire a sua volta nel mirino di Orcel. Il prezzo d’offerta ormai è fuori mercato, dato che la quotazione dei titoli Anima ha raggiunto i 6,46 euro contro i 6,2 messi sul piatto dalla banca milanese.

A questo punto però, un eventuale rilancio potrebbe essere utilizzato dal BancoBpm come arma difensiva contro Orcel. Quest’ultimo, infatti, nel caso scegliesse di aggiornare la sua offerta per la banca guidata da Castagna, dovrebbe tener conto anche del nuovo esborso da parte della banca preda. Come dire che Unicredit sarebbe costretto a pagare un prezzo ancora più salato e la convenienza dell’intera operazione potrebbe diminuire di molto.

Lo scenario appena descritto resta del tutto ipotetico, dal momento, che potrebbe realizzarsi solo a patto che Consob autorizzi il BancoBpm ad aumentare il prezzo della sua Opa su Anima. Infatti, per effetto della regola della passivity rule, l’istituto guidato da Castagna non potrebbe varare operazioni che ne modifichino sostanzialmente il profilo patrimoniale mentre è oggetto di una scalata.

In questo complicato gioco di incastri, tra alleanze incrociate, scalate e contro scalate potrebbe infine inserirsi anche il Crédit Agricole. Secondo molti osservatori non è da escludere che i francesi, una volta al tavolo delle trattative sul destino di BancoBpm, decidano di chiedere a Orcel anche la quota di controllo di Anima, con i suoi oltre 200 miliardi di capitali amministrati. Questa ricca dote andrebbe ad aggiungersi ai prodotti col marchio Amundi con tutti i vantaggi del caso per Unicredit che li distribuirebbe attraverso la propria rete di sportelli. Una rete ancora più capillare, se davvero andasse in porto la scalata al BancoBpm.

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