Il report dell’associazione 20e30, nata un anno fa da una campagna social, offre un quadro delle politiche per le future generazioni. Cinque i temi trattati, con proposte “ideologicamente trasversali”. Il cofondatore: «Portiamo le idee nelle istituzioni per colmare un gap di rappresentanza»
Alle politiche di un anno fa l’astensionismo giovanile è stato del 37 per cento. Il 43 per cento dei giovani tra i 18 e i 35 anni non ha alcuna fiducia nei partiti. E gli under 30 eletti in parlamento sono stati soltanto quattro. La questione giovanile viene considerata come un problema da risolvere e non come una priorità per il paese. Di fronte a tutto questo, come sta reagendo la politica italiana?
A questa domanda cerca di rispondere il nuovo report dell’associazione 20e30, che offre un quadro dello stato dell’arte delle politiche che incidono sulle future generazioni. Il documento – scritto da dottorandi e professionisti under 35 – è stato presentato il 7 luglio alla Camera alla presenza di politici ed esperti, tra cui la vicepresidente Anna Ascani, Alessandro Cattaneo di Forza Italia e Alessandra Todde del M5s. L’incontro è stato trasmesso in streaming sul sito della Camera.
La sfida di 20e30
L’associazione è nata un anno fa, dopo la caduta del governo Draghi: con l’hashtag #20e30 centinaia di giovani, ventenni e trentenni, avviarono una campagna social “ideologicamente trasversale” per far sentire la propria voce. A raccogliere le loro idee ci pensò la pagina Instagram Aqtr (Aggiornamenti quotidiani dalla terza repubblica), che rilanciò tutte quelle richieste. Allora, quasi tutti i partiti sposarono la causa: dal Partito democratico al Movimento Cinque stelle, da Azione a Forza Italia. Seppur più tiepidamente, all’appello risposero anche Lega e Fratelli d’Italia.
«Vogliamo dare voce ai giovani e fare in modo che vengano ascoltati dalla politica. Ci siamo riusciti in campagna elettorale, con i partiti che hanno inserito le nostre istanze nei loro programmi» dice Mattia Angeleri, avvocato, già admin di Aqtr e direttore del centro studi di 20e30. «Ma per generare un cambiamento dobbiamo portare i ragazzi e le loro proposte direttamente nei luoghi di potere, per colmare il gap di rappresentanza». Non si può parlare di giovani senza giovani o fare solo un po’ di youth washing, candidandoli sporadicamente a qualche seggio parlamentare.
Il report presentato alla Camera segue i pilastri tematici che 20e30 ha avuto sin dalla sua nascita, in coerenza con gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Il documento è composto da cinque capitoli, dedicati a istruzione e capitale umano, lavoro e politiche sociali, ambiente, energia e transizione digitale, diritti civili e sociali, welfare e fisco. Le singole proposte sono accompagnate da una riflessione critica sulle opportunità che il Pnrr offre sui vari temi, dal momento che il Piano mette al centro i giovani come leve attorno a cui intessere la ripresa del paese.
1. Università e prestito d’onore
L’analisi svolta nel primo capitolo, dedicato al mondo dell’istruzione, si sofferma sul diritto allo studio e sull’orientamento al lavoro. In un paese con un numero di laureati tra i 25 e i 34 anni molto basso – l’Italia è la penultima nazione a livello Ue – bisogna seguire quegli esempi europei dove il costo dell’università è gratuito o quasi irrisorio, non gravando sugli studenti e sulle loro famiglie, e migliorare l’accesso al prestito d’onore, incidendo in tal senso anche sulle disuguaglianze presenti nei diversi territori italiani.
In un paese con uno scollamento significativo tra il mondo della scuola e quello del lavoro, caratterizzato da un divario crescente tra le necessità formative e le esigenze di preparazione delle aziende, è fondamentale ingaggiare professionisti dell’orientamento che siano “agenti di cambiamento” in grado di erogare anche aiuti di tipo psicosociale e psicopedagogico in favore di persone a rischio emarginazione. L’obiettivo? Porre l’individuo al centro e portare a un cambiamento nel mercato del lavoro.
2. Settimana corta e salario minimo
Il secondo capitolo fa il punto sulla situazione del mercato del lavoro: salari bassi, peggioramento della qualità dell’occupazione e fuga dei cervelli interessano soprattutto le fasce più giovani della popolazione. Il fenomeno dei Neet – e più in generale l’aspetto relativo alla disoccupazione giovanile – non può essere ricondotto solo a problemi contrattualistici: a fianco alla necessità di un corretto orientamento del lavoro, è necessario un miglioramento in termini di welfare aziendale.
La diffusione della settimana lavorativa a quattro giorni potrebbe incrementare la produttività e l’organizzazione aziendale, oltre a migliorare la condizione di vita dei lavoratori. Ponendo l’accento sugli occupati under 35, emerge un quadro complicato da lavoro povero e incapacità di trattenere i talenti. Bonus e sgravi non possono bastare: serve una riforma più strutturale per lavoratori deboli e meno qualificati che passi dall’introduzione del salario minimo o dalla lotta sistematica alla contrattazione pirata.
3. Ambiente ed ecoansia
Nel terzo capitolo, dedicato ai temi ambientali, si osserva – attraverso il ricorso a una consultazione pubblica – che il fenomeno dell’ecoansia è in larga parte diffuso tra gli under 35. La nascita di una nuova sensibilità ecologista richiede soluzioni efficaci: non basta agire in modo sostenibile a livello individuale, servono riforme strutturali e condivise a livello internazionale. Inoltre, il 45 per cento del campione intervistato sembra preferire investimenti diretti sulle fonti di energia rinnovabile piuttosto che investimenti sulle fonti nucleari (15 per cento).
4. Diritti Lgbt e inclusione
Il quarto capitolo del report di 20e30 approfondisce gli effetti positivi di una società inclusiva e capace di tenere in conto il crescente peso della comunità Lgbtq+ tra i più giovani. L’analisi si muove su diverse linee, etica ed economica insieme: una società più aperta migliorerebbe la salute (mentale e psicofisica) delle persone Lgbtq+ e avrebbe anche un forte impatto sull’economia italiana, in un ordine di grandezza stimato di circa l’1 per cento di aumento del Pil.
5. Welfare e costo degli affitti
Infine, l’ultimo capitolo analizza l’importanza di politiche abitative e di welfare che incentivino i giovani a una diffusa autonomia, ponendo il focus sulla necessità di politiche pubbliche che non irrigidiscano troppo il mercato immobiliare ma che mirino a ridurre i costi di transizione: porre un tetto massimo al prezzo degli affitti, misura che nel breve periodo potrebbe aiutare chi paga oggi il canone, rischia di produrre effetti a lungo termine potenzialmente molto negativi.
La velocità con cui nuove abitazioni possono essere rese disponibili può competere difficilmente con i flussi mutevoli di persone che vogliono vivere in città in crescita. La costruzione di altre unità abitative può alleggerire la pressione sul mercato immobiliare nel lungo termine, ma presenta costi spesso scoraggianti (sia per il pubblico che per il privato). Ridurne i costi burocratici è però un primo passo che può rendere l’offerta di immobili più accessibile.
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