A Caivano le batterie criminali pagano i familiari dei carcerati, gli affiliati e costruiscono il consenso. Alcuni camorristi che inondano di droga il parco Verde sono ancora liberi, nonostante retate e arresti
Quattrocento uomini delle forze dell’ordine impegnati, il sequestro di armi e droga, l’eco su giornali e tv. L’annunciata “bonifica” del parco Verde di Caivano è iniziata con un’operazione dal bottino magro, ma nelle zone franche da ripulire si gioca la sfida della presidente del Consiglio. Meloni vuole mostrare la faccia feroce dello stato, il pugno di ferro, la tolleranza zero, slogan cari alle destre e non solo, che però non riempiono i vuoti e rischiano di diventare una crema sulle mani sporche. L’abbandono di quelle aree è affare bipartisan che coinvolge destra e sinistra, ma la prima ministra è arrivata a Caivano dopo aver eliminato l’unica rete di salvataggio lanciata dalle istituzioni in questi anni, il reddito di cittadinanza.
Rete sfilacciata, disorganizzata, insufficiente, ma unico appiglio per evitare che gli invisibili tornino comoda manovalanza nelle mani del crimine organizzato, come sta accadendo. «Noi abbiamo operato perché rispondiamo a degli ordini, è chiaro che le bande criminali che controllano lo spaccio sapevano benissimo che sarebbe arrivato un blitz, non abbiamo trovato neanche i jammer (disturbatori di frequenze per evitare intercettazioni, ndr), che di solito troviamo in operazioni non annunciate. Servono strumenti e investigatori, ma soprattutto continuare quando le luci e i riflettori si spegneranno. Ieri la malavita era altrove, non aspettava certo noi», racconta uno degli agenti impegnati ieri nella retata al parco Verde.
Mentre a Caivano si consumava l’annunciato blitz, a Roma il portale per le offerte di lavoro faceva il suo esordio sintetizzabile in un aggettivo: disastroso. Due terzi delle offerte presenti sono al nord mentre il maggior numero di percettori di sussidio è al sud, dove le poche offerte non si incrociano con le richieste. A Caivano cercano, ad esempio, un saldatore con tre anni di esperienza. Niente lavoro e niente reddito, per il momento da quelle parti devono accontentarsi dello stato d’assedio. Il primo blitz dell’era Meloni era concepito più in favore di telecamera che per fare terra bruciata di spaccio e degrado.
La verità è che da tempo carabinieri e polizia fanno tutto il possibile per smantellare le reti dello spaccio, prima azzerando la famiglia criminale dei Sautto e Ciccarelli, collegati ai potenti camorristi Moccia, poi più di recente quelle dei Gallo e degli Angelino. «Poche ore prima del primo mega blitz è stato ferito a Caivano centro un soggetto con precedenti per spaccio, non è in pericolo di vita, ma di sicuro è un fatto grave anche perché episodi del genere non capitavano da diverso tempo. La malavita si contende il controllo di quelle piazze di spaccio», racconta l’investigatore. I rifornimenti di quel discount di morte arrivano da trafficanti che vivono lontano da lì, trafficanti che movimentano camion di droga e la vendono ogni giorno, se non lì altrove. Poco distante dal parco Verde, ghetto di miseria e degrado, c’è Afragola dove comandano i signori della camorra, i Moccia, un piede in provincia di Napoli e uno a Roma. Insieme ai clan napoletani hanno voluto che quell’agglomerato di palazzoni restasse così controllando chi governa quelle piazze.
La camorra continua gli affari
«Quello è il supermercato dello stupefacente, sai perché a noi faceva comodo il parco Verde? Perché è un posto dove noi non ci abitiamo, non ci viviamo, non ci vogliamo stare. Lì non c’è un’attività commerciale da estorcere, non c’è un imprenditore da corrompere, non c’è una bisca da aprire, una sala scommessa. Non c’è niente, per questo lo abbiamo trasformato nel grande smercio di droga dove ci sono più che camorristi di rango, i capi delle piazze di spaccio. Ne arrestano uno, arriva un’altra famiglia», dice un ex camorrista, oggi pentito, appartenente alla famiglia Mazzarella, una delle due grandi dinastie criminali che controlla Napoli.
«Anche io avevo il mio referente nel parco Verde, loro si riforniscono dalle famiglie criminali di Secondigliano, come gli scissionisti, ma anche dai Contini, dai Licciardi, dai Mazzarella. Ai referenti garantivamo protezione perché sono in grado di vendere camion di droga. Ma se non è il parco Verde, si spaccia altrove. Casoria, Arzano o le altre aree popolari dell’hinterland, io a Marigliano avevo un geometra che mi gestiva il traffico di droga. In giro ci sono liberi boss che fanno i morti, gente che fa spavento davvero», dice l’ex gangster. I Mazzarella si dividono la città con l’alleanza di Secondigliano, attualmente la holding del crimine più potente della Campania. E i vertici del clan Licciardi, federato con l’alleanza, sono liberi di scorrazzare e continuare gli affari. È libero Luigi Carella, detto ‘a gallina, sono liberi Bruno Antonio e Renato Esposito. «Sappiamo che al parco Verde ci sono persone insospettabili che fanno i corrieri di grosse quantità di droga, rifornendosi dai clan Contini, Mazzarella e dalle altre grandi famiglie criminali. Non finisce mai», racconta l’investigatore.
La tredicesima della malavita
La macchina della droga non si ferma e la rete del crimine è pronta a rappresentare una facile sponda per chi non ha reddito e uno straccio di lavoro. Al parco Verde come altrove. «Io gli do 500 euro a settimana per ciascuno ... io ho bisogno di gente per fare le mie cose (...) ci sta quello che lo nasconde, sta quello che lo spacca, sta quello che lo porta, ognuno fa una cosa», diceva Gallo che gestiva la vendita degli stupefacenti al parco Verde. Cinquecento euro a settimana valgono duemila euro al mese, si arriva a dieci mila quando si ha il controllo di una piazza di spaccio. E a Natale la malavita assegna anche la tredicesima: «Io a natale voglio dare 2.000 euro a tutti quanti ... è un pensiero anche a lui, adesso li prendevo o non li prendevo, prendevo 2.000 dai soldi, hai capito? ... che dici è fatto bene?», chiedeva Gallo a un sodale che rispondeva affermativamente: «Come alla faccia del cazzo!». Soldi e tredicesima agli affiliati e denaro anche alle famiglie dei carcerati. Gallo sognava in grande e voleva farsi autonomo dai gruppi criminali di Secondigliano, a maggio è finito anche lui in carcere, ma sono già attive le nuove leve per continuare i traffici.
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