Ma non è l’unico caso. Diverse fonti che frequentano l’ufficio immigrazione di Roma raccontano che nelle ultime settimane anche altri ragazzi hanno subìto lo stesso trattamento, ma per meno giorni. Ora su questa vicenda la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo ha chiesto ieri chiarimenti al governo italiano
C’è un minore straniero non accompagnato che ha vissuto per dieci giorni all’interno di una cella di sicurezza di due diverse questure di Roma. Perché per lui non si trovava un posto nella capitale in una comunità di accoglienza per minorenni.
Ora su questa vicenda la Cedu, cioè la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, ha scritto al governo chiedendo chiarimenti. In particolare, i giudici europei hanno chiesto quale siano state le condizioni di detenzione a cui è stato sottoposto il minore nei giorni scorsi, e quali misure sono state adottate «in merito alla collocazione del ricorrente nei locali del commissariato Casilino Nuovo e del commissariato di via Teofilo Patini».
Il minorenne vive al sicuro in una casa famiglia dal 6 ottobre, dal giorno in cui è stata avviata contro il governo di Roma la procedura davanti alla Cedu, che ieri ha chiesto ha scritto all’Italia, chiedendo chiarimenti. Ma andiamo con ordine.
Questa è una storia di violazioni che coinvolge vari livelli di responsabilità istituzionali. A cominciare dal fatto che quando il ragazzo è sbarcato a Lampedusa, alla fine di settembre, è stato identificato dalla polizia come maggiorenne, nonostante fosse in possesso di un certificato di nascita attestante la minore età. E, da qui, è stato trasferito in un centro di accoglienza straordinario per adulti nella capitale.
Quando però dopo qualche giorno si è recato nel commissariato Casilino Nuovo per dichiarare le proprie generalità e segnalare la propria presenza sul territorio nazionale, i poliziotti hanno scoperto che aveva soltanto 14 anni.
Odissea
Da allora il ragazzo ha vissuto una vera e propria odissea nelle celle di sicurezza di due questure romane. Perché gli agenti del commissariato, fin da subito, avevano contattano la sala operativa sociale del comune di Roma e la procura presso il Tribunale per i minorenni per l’individuazione di una struttura presso cui collocare il minore.
«Ma non è stato possibile in tale data individuare un centro di accoglienza per minori o una casa famiglia presso cui collocare il ragazzo e pertanto, dietro indicazioni del pubblico ministero, è stato disposto che il minore rimanesse in custodia del commissariato», si legge nel ricorso d’urgenza alla Cedu dell’avvocata Vittoria Garosci.
Il 6 ottobre scorso, data del ricorso, la legale ha scritto nell’atto che «sebbene siano trascorsi oltre 7 giorni dalla presentazione presso gli uffici di polizia, il minore si trova ancora in custodia della polizia, in attesa di collocamento, e sta vivendo in condizioni disumane e degradanti, oltre che gravemente lesive dei suoi diritti in quanto minore».
E ancora, Garosci ha riferito a Domani che il minore è rimasto all’interno del commissariato Casilino Nuovo per cinque giorni, dal 28 settembre al 3 ottobre, poi è stato trasferito all’interno di un’altra struttura della polizia, in via Teofilo Patini, dove ha sede l’ufficio immigrazione. Vivendo così dieci giorni tra due celle, trattenuto all’interno di una stanza sotto stretta sorveglianza degli agenti, con la possibilità di uscire solo per andare in bagno. Il minore in questione ha consumato i suoi pasti a terra, con il cibo che veniva poggiato sulle gambe, senza alcuna attenzione alle esigenze alimentari, alcune delle quali dettate, tra l’altro, da convinzioni religiose.
Ecco, dunque, come ha trascorso le sue giornate un minore straniero non accompagnato che non aveva commesso alcun reato e che è stato rinchiuso per dieci giorni all’interno della camera di sicurezza di una caserma della polizia; per quattro giorni, dal 28 settembre al 2 ottobre, gli è stato sequestrato dagli agenti pure il cellulare, in mancanza di alcun provvedimento formale. Non solo. Mentre è stato detenuto, il ragazzo non ha potuto incontrare un assistente sociale né un avvocato, né risulta che per tutelare la sua condizione sia stato nominato un tutore dal tribunale dei minorenni.
Tutti informati
Eppure, sia il Garante nazionale diritti all’infanzia e adolescenza, sia quello regionale, insieme alla procura per il tribunale dei minorenni di Roma, risultavano essere stati allertati attraverso Pec il 2 ottobre scorso, insieme alla sala operativa sociale del Comune, appunto. E qui il quadro delle responsabilità istituzionali nella vicenda si complica ulteriormente.
Nel frattempo in questi ultimi dieci giorni i minori stranieri non accompagnati “ospiti” nelle cellette dell’ufficio immigrazione di Roma sono stati diversi, una decina. Parcheggiati lì in attesa di un posto in accoglienza. «I tempi di attesa sono di circa una settimana/10 giorni, nel corso dei quali i minori non potranno fare ritorno al Cas, e saranno in custodia al commissariato stesso», racconta a Domani una fonte ben informata di quanto accade negli uffici di Via Patini.
È in questo limbo del diritto che minorenni stranieri arrivati senza la famiglia in Italia si ritrovano detenuti, sempre più spesso, senza alcuna convalida giudiziaria. Per questo l’avvocata Garosci ha denunciato alla Cedu l’Italia per aver violato una serie di articoli della Convenzione per i diritti dell’uomo.
Nel suo ricorso si chiede «l’immediato collocamento del minore in una struttura adeguata alle sue esigenze, di assistenza, informazione e protezione». E questa volta non saranno i giudici italiani a valutare le azioni del governo sul rispetto dei diritti fondamentali e della dignità delle persone migranti, ma quelli europei.
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