Ha ribadito di non comprendere le accuse che gli vengono mosse. Di essere «stupito» dell’arresto. «Sono un accademico, non certo un terrorista», ha detto Mohammad Abedini Najafabadi, il cittadino iraniano arrestato a Malpensa il 16 dicembre su richiesta degli Stati Uniti, che ha incontrato questa mattina il suo legale Alfredo de Francesco nel carcere di Opera. Un colloquio durato alcune ore nel quale non si sarebbe parlato del caso della giornalista Cecilia Sala, detenuta a Teheran dal 19 dicembre. Le due storie sono strettamente collegate, come abbiamo spiegato: Sala è stata arrestata (senza rendere note le accuse) tre giorni dopo Abedini e anche gli Usa parlano esplicitamente di una ritorsione. Abedini è accusato di aver passato informazioni tecnologiche sensibili ai Pasdaran, su di lui pende una richiesta di estradizione da parte degli Usa. Il legale di Abedini ha invece chiesto i domiciliari.

Un caso delicatissimo e di difficile soluzione. Il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, al Secolo XIX ha detto che in questo momento «la riservatezza è uno degli elementi fondamentali per arrivare al risultato che tutti noi desideriamo: il suo ritorno a casa», spiegando che «il Ministero degli Esteri e l'intelligence stanno lavorando per ottenere la sua liberazione e confidiamo di poterci riuscire prima possibile».

La giornalista 29enne era arrivata in Iran il 13 dicembre con un visto giornalistico e sarebbe dovuta rientrare il 20. Dal giorno del suo arresto, secondo quanto affermato ieri dal dipartimento generale dei media esteri del Ministero della cultura e dell'orientamento islamico iraniano, a SALA "è stato garantito l'accesso consolare ed il contatto telefonico con la famiglia".

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