Dopo aver atteso dieci mesi per la pubblicazione della relazione annuale sulla “attuazione delle norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione di gravidanza” e dopo due mesi di interrogazioni parlamentari al ministero della Salute per avere il report stesso le tabelle mancanti, oggi sono state finalmente rese pubbliche le tabelle sul sito del Ministero della salute.

Obiezione per categoria professionale

Ricordando che abbiamo a disposizione i dati relativi al 2022, si nota che in Italia, in totale, ci sono il 60,7 per cento di medici obiettori, il 37,2 per cento di anestesisti obiettori e il 32,1 per cento di personale non medico che si appellava all’obiezione di coscienza. Dati in diminuzione rispetto al 2021 quando, per le tabelle pubblicate dal Ministero della salute, il 63,4 per cento dei medici, il 40,5 per cento degli anestesisti e il 32,8 per cento del personale non medico era obiettore.

Questi dati, però, vanno letti alla luce di un importante elemento: per il Sistema di sorveglianza epidemiologica dell'interruzione volontaria di gravidanza dell’Istituto Superiore di Sanità, in 19 strutture della Regione Sicilia e 8 strutture della Regione Sardegna i dati sono aggiornati solo al 2021; non costituendo, nei fatti, dati aggiornati al 2022 ma dati vetusti.

L’obiezione più alta avviene al sud Italia: il Molise con il 90,9 per cento di personale obiettore è la regione più in difficoltà, seguita dalla Sicilia (81,5 per cento) e dalla Basilicata (79,2 per cento). Seguono Campania e Puglia con il 77,3 per cento e il 77,9 per cento. Il Lazio con la percentuale di obiezione del 72 per cento.

Tempi di attesa tra certificazione ed intervento

Per quanto riguarda la questione legata ai tempi di attesa tra certificazione ed intervento nel 2021 in Italia settentrionale il periodo sotto i quattordici giorni (per poter accedere all’interruzione volontaria di gravidanza) era del 75,4. Contro l’85,1 per cento dell’Italia centrale, l’82,8 per cento dell’Italia meridionale e il 67,9 per cento delle isole.

Nel 2022 si nota un livello uguale (il 75,4 per cento) per l’Italia settentrionale, una diminuzione per l’Italia centrale a 83,3 per cento e quella meridionale (79,9 per cento) e un aumento per le isole con il 71,5 per cento. Alcuni dati, come sottolineano le tabelle, hanno una colonna “non rilevato”, che include i dati incompleti delle Regioni Emilia Romagna (83), Sicilia (41) e Umbria (9) che sono stati integrati tramite le schede di dimissione ospedaliera (Sdo).

Consultori pubblici funzionanti in diminuzione

Come già evidenziato da Domani, il numero dei consultori familiari pubblici è in calo: se ne 2021, in Italia settentrionale erano attivi 797 consultori, ora ne funzionano solo il 768. Al Centro il numero del 2021 era di 400 e nel 2022 di 398. Al Sud nel 2021 erano 431 contro i 411 del 2022. Una piccola diminuzione si registra anche nelle isole, dove nel 2021 erano funzionanti 243 consultori e nel 2022 il numero è sceso a 242. Il tutto, per un totale di 1819 consultori attivi in Italia nel 2022, contro i 1871 del 2021. Il dato della chiusura dei consultori, dunque, continua a disattendere la legge che ne prevede uno ogni 20.000 abitanti, come documentato dalle tabelle 2022: solo lo 0,6 per cento per 20.000 abitanti.

«Quali misure contro chi non fornisce i dati?»

Per Federica di Martino del progetto “Ivg, ho abortito e sto benissimo”, i dati legati alla diminuzione del numero dei consultori familiari pubblici «vanno intrecciati con le singole istanze proposte dalle regioni. A Torino e provincia, secondo i comitati cittadini, il dato reale è quello di un consultorio ogni 70.000 abitanti quando sappiamo che, secondo la legge, dovrebbero essere uno ogni 20.000 abitanti».

La riduzione dei consultori è anche indicativa e grave «rispetto ai dati che continuano a confermare che la ricerca del certificato per accedere all’Ivg (interruzione volontaria di gravidanza), da parte delle persone, avviene prevalentemente attraverso i consultori stessi. Ci fa riflettere su come le migrazioni interregionali, rispetto alle diverse province, possono addirittura avvenire per l’ottenimento del certificato».

Un dato che dovrebbe essere considerato, vista la riduzione della presenza dei consultori stessi. Il dato maggiormente rilevante, secondo di Martino, riguarda «il trend costante sul numero di consultori privati presenti in italia settentrionale, con la regione Lombardia che continua ad avere un numero elevatissimo di consultori privati (86 consultori privati a fronte dei 145 pubblici). Stiamo arrivando ad equiparare il sistema pubblico a quello privato e questo è un dato preoccupante».

Sull’obiezione di coscienza, di Martino dice a Domani che «il primo dato lampante, è un indicatore rispetto alla “sporcizia” definitiva dei dati che già normalmente non riusciamo ad assumere nella propria integrità e questo lo abbiamo visto a più riprese dalle analisi offerte dall’Associazione Luca Coscioni su “Mai dati”». Il dato rilevante di queste tabelle sull’obiezione di coscienza per categoria, è che nel 2022 «diciannove strutture della regione Sicilia e otto strutture della regione Sardegna non hanno fornito i dati, rimasti fermi al 2021. Ci chiediamo anche, rispetto alla legge 194, che tipo di misure vengano adottate rispetto a chi, questi dati, non li fornisce», fornendo dunque un’analisi parziale alla situazione.

Quello che emerge, rispetto allo scorso anno, è un tasso di obiezione di coscienza che continua ad essere preponderante soprattutto nel Meridione, «con picchi prevalentemente in Molise, dove addirittura c’è il 90,9 per cento del personale obiettore e la Basilicata dove arriviamo quasi all’80 per cento». Notiamo nell’Italia centrale un aumento di personale obiettore nella regione Lazio, che passa dal 69,7 per cento del 2021 al 72 per cento nel 2022. Di Martino sottolinea come «le regioni dove il tasso di obiezione è più alto prevale una amministrazione di centro destra. I dati vanno letti rispetto anche alle politiche messe in campo».

Permangono prevalentemente stabili, con un lieve incremento, i dati dell'Italia centrale con il personale non medico. E a proposito di questi ultimi Di Martino ricorda: «Visto che l’aborto secondo la legge 194 è afferibile solo a quelle procedure che sono strettamente necessarie alla pratica abortiva, come mai viene inserita all’interno delle tabelle anche l’obiezione del personale non medico? Il personale non medico non effettua direttamente l’aborto».

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